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6.1. Licenze e condizioni di riutilizzo

Una delle caratteristiche dei dati di tipo aperto - come previsto nella definizione data dal CAD all’art. 1 comma 1 lettera l-ter - è quella di essere “disponibili secondo i termini di una licenza o di una previsione normativa che ne permetta l’utilizzo da parte di chiunque, anche per finalità commerciali, in formato disaggregato”.

Principio preminente indicato dal Decreto è che il riutilizzo dei documenti non debba essere soggetto a condizioni (“Il riutilizzo di documenti non è soggetto a condizioni, (…)”, art. 8, comma 2); in coerenza con tale indicazione, anche nel caso di richiesta di riutilizzo di documenti non già “aperti” (art. 5, comma 2 del Decreto), è previsto che “in caso di decisione positiva, i documenti sono resi disponibili, ove possibile, in forma elettronica e, se necessario, attraverso una licenza”, sottolineando, in tal modo, indirettamente, la possibilità di non apporre alcuna restrizione (quindi, alcuna licenza), al riutilizzo dei dati.

Tuttavia, la Direttiva precisa che in alcuni casi giustificati da un obiettivo di pubblico interesse, possa essere utilizzata una licenza che impone al suo titolare condizioni di riutilizzo riguardanti “questioni quali la responsabilità, la protezione dei dati di carattere personale, l’uso corretto dei documenti, la garanzia di non alterazione e la citazione della fonte” (cfr. Considerando 44).

In quest’ultimo caso (applicazione di specifiche condizioni), il Decreto stabilisce che tali condizioni debbano essere oggettive, proporzionate e non discriminatorie, nonché giustificate da un pubblico interesse (cfr. art. 8, comma 2).

In questo contesto, l’apposizione di una licenza, oltre a identificare e “definire” correttamente i dati aperti, costituisce uno strumento funzionale a garantire certezza circa l’effettiva riutilizzabilità di un dataset o database; certezza che costituisce un presupposto essenziale alla valorizzazione dell’informazione, specie nel settore pubblico. Seppure, quindi, in assenza di specifica licenza operi il principio dell’“open by default” previsto dall’art. 52 del CAD, SI RACCOMANDA di apporre sempre una licenza ai dataset pubblicati, in modalità tali da renderla facilmente individuabile e comprensibile.

Nel contesto sopra descritto, in particolare, il Decreto dispone l’utilizzo di licenze standard disponibili in formato digitale (“Le pubbliche amministrazioni (…) adottano licenze standard, disponibili in formato digitale, per il riutilizzo dei propri documenti”, art. 8, comma 1). Tali licenze standard devono comunque prevedere il minor numero possibile di restrizioni al riutilizzo (limitando, per esempio, le restrizioni alla sola indicazione della fonte), che consentano, pertanto, a chiunque di accedere liberamente a dati e contenuti, nonché di utilizzarli, modificarli e condividerli liberamente e per qualsiasi finalità.

should

Raccomandazione 8: dlgs36-2006/opendata/rec/licenses/attribution

SI RACCOMANDA di restringere le condizioni di cui alla licenza apposta ai dati alla sola attribuzione.

Ricordiamo, inoltre, che, in linea con il principio che vuole l’apposizione del minor numero possibile di restrizioni, l’art. 7 del decreto legislativo n. 33/2013, con riferimento a documenti, informazioni e dati oggetto di pubblicazione obbligatoria, dispone che siano pubblicati in formato di tipo aperto “senza ulteriori restrizionidiverse dall’obbligo di citare la fontee di rispettarne l’integrità”.

Tale previsione è coerente con l’impostazione sopra richiamata, che vede nella “attribuzione” l’unica condizione liberamente e sostanzialmente apponibile al dataset/database.

SI RACCOMANDA, inoltre, di valutare sempre, nel processo di apertura, l’eventuale impatto di ulteriori discipline che producono effetti su quella oggi in esame, in particolare le previsioni del Regolamento UE 2016/679 e del D. Lgs. n. 196/2003 “relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati”, ricordando che l’art. 4 del Decreto fa salva tale specifica disciplina nell’utilizzo e riutilizzo di dati.

L’utilizzo di licenze standard favorisce, infine, l’immediata comprensibilità della stessa e l’uniformità nel suo riutilizzo.

Considerato quanto sopra esposto, quindi, si ritiene che l’apposizione di condizioni ulteriori rispetto all’attribuzione (quale, ad esempio, la cd. SA - “share alike” - condivisione) presentino aspetti di potenziale criticità, oltre che pratica nel caso di uso di fonti diverse diversamente licenziate, anche rispetto alla compatibilità con l’attuale normativa.

should

Raccomandazione 9: dlgs36-2006/opendata/rec/conditions/more-conditions

SI RACCOMANDA di limitare l’uso di licenze con condizioni ulteriori rispetto alla sola attribuzione solo ai casi strettamente necessari.

Rispetto alla specifica licenza da apporre, si rammenta che ad oggi, si utilizzano numerose licenze standard, che possono essere suddivise in tre gruppi:

  • Licenze di sola attribuzione
    • CC-BY, prodotte dall’omonimo movimento internazionale (www.creativecommons.org) secondo diverse versioni successive; nella versione attuale (4.0), consente al licenziatario di condividere e modificare, per qualsiasi finalità, con la sola restrizione dell’attribuzione al licenziante. A differenza di precedenti versioni, le condizioni si applicano anche con riferimento ai diritti “sui generis» e l’attribution implica il richiamo di fonte, copyright etc nella misura richiamata dal licenziante e può essere assolta in ogni forma “ragionevole”. Vieta inoltre l’apposizione di restrizioni ulteriori, anche di natura tecnologica e richiede indicazione delle modifiche;
    • CDLA-permissiva 1.0 : consente al licenziatario di condividere e modificare, con la sola attribuzione al licenziante e citazione della licenza. Incoraggia l’arricchimento e il miglioramento dei dati e la produzione di opere derivate/mashup, senza creare vincoli con i dati di provenienza. Non impone obblighi o restrizioni ai dati “migliorati” (derivato e/o di mashup) e contiene il concetto di “risultato” - non condizionato - proprio delle elaborazioni algoritmiche;
    • IODL 2.0: consente al licenziatario di condividere e modificare, per qualsiasi finalità, con la sola restrizione dell’attribuzione al licenziante, comprensiva del nome del soggetto che fornisce il dato, includendo, se possibile, il link alla licenza. Contiene riferimento alla normativa nazionale sul diritto d’autore e sui dati personali;
    • ODC-BY: consente al licenziatario di condividere e modificare, per qualsiasi finalità, con la sola restrizione dell’attribuzione al licenziante. Prevede il diritto sui-generis, ma precisa espressamente che non regola anche i contenuti della banca dati.
  • Licenze di Attribuzione e Condivisione:
    • CC-BY-SA: consente al licenziatario di condividere e modificare, per qualsiasi finalità, con la restrizione dell’attribuzione al licenziante, con la duplice restrizione dell’attribuzione al licenziante e della redistribuzione del prodotto derivato con la stessa licenza dell’originale (o versione successiva). Vieta l’apposizione di restrizioni ulteriori, anche di natura tecnologica;
    • CDLA - Condivisione 1.0: consente al licenziatario di utilizzare e pubblicare i dati per il riutilizzo, con la duplice restrizione dell’attribuzione al licenziante e della pubblicazione con la stessa licenza. Incoraggia l’arricchimento e il miglioramento dei dati e la produzione di opere derivate/mashup, senza creare vincoli con i dati di provenienza. Impone ai dati “migliorati” (derivati e/o di mashup) l’uso della stessa licenza, ma conserva la libertà d’uso incondizionata dei “risultati»;
    • IODL 1.0: consente al licenziatario di condividere e modificare, per qualsiasi finalità, con la duplice restrizione dell’attribuzione al licenziante, - comprensiva del nome del soggetto che fornisce il dato, includendo, se possibile, il link alla licenza, e della condivisione del prodotto derivato o di mashup con la stessa licenza;
    • OdBl: specifica per i database, consente al licenziatario di utilizzare, condividere, modificare, integrare e redistribuire il database, con la duplice restrizione dell’attribuzione al licenziante (anche per i prodotti derivati) e dell’uso della stessa licenza. Contempla il concetto di “produced work”, ovvero di elaborato dal db ma diverso da quest’ultimo, che può essere diversamente licenziato (salva citazione fonte). Consente l’apposizione di restrizioni ulteriori, anche di natura tecnologica, a condizione che almeno una copia rimanga sempre libera.
  • Waiwer
    • CC0: come noto, non è una vera e propria licenza, ma una rinuncia preventiva all’esercizio dei diritti in qualsiasi modo previsti o connessi al diritto d’autore. Si parla, a riguardo, di attribuzione (o donazione) al pubblico dominio.

Oltre a quelle citate, va ricordata la CDLA 2.0 permissive, che si pone al limite del waiwer, posto che richiede, di fatto, il solo richiamo del testo della licenza (oltre a richiamare la nozione già citata di “risultati”).

Tutte le ulteriori licenze Creative Commons sono classificabili come:

  • licenze che NON consentono opere derivate; o come
  • licenze che NON consentono l’uso commerciale.

must

REQUISITO 19: dlgs36-2006/opendata/req/conditions/nd-nc-licenses

I titolari dei dati disponibili per il riutilizzo NON DEVONO: - utilizzare licenze che non consentano opere derivate o uso commerciale; - utilizzare licenze di tipo proprietario.

Le licenze suindicate sono raffigurate nella Figura seguente.

La figura mostra le licenze più comuni.

Fig. 6.1 Licenze

Alla luce del Considerando (44) della Direttiva, le presenti Linee Guida valutano come ragionevole motivo di pubblico interesse l’adozione di una licenza standard omogenea, funzionale a preservare l’interesse parimenti fondato di conservare traccia della fonte “pubblica” del dato e in particolare per questioni attinenti l’affidabilità dello stesso (a tutela, peraltro, anche del riutilizzatore), l’unica condizione - in linea generale - ammissibile sia la “attribuzione”.

should

Raccomandazione 10: dlgs36-2006/opendata/rec/conditions/sa

SI RACCOMANDA di limitare l’uso della clausola di “condivisione” (“share-alike” - SA) solo ai casi in cui sia motivatamente necessaria ovvero previa verifica di impossibilità di rilascio con licenza CC BY 4.0, ad esempio, in ragione dell’uso non altrimenti gestibile di una fonte già rilasciata con licenza SA).

Particolare cautela, rispetto ai database, va utilizzata anche nella scelta della licenza standard, nonché nella gestione dell’“attribuzione”, in quanto le relative condizioni sono spesso declinate in modo differente nelle differenti licenze. Inoltre, non sempre tutte le licenze standard presentano condizioni riferite ad un bene come una “base di dati” (si fa qui riferimento soprattutto alle versioni delle Creative Commons precedenti alla 4.0, a quanto consta ancora utilizzate: vedasi per i dettagli in allegato la nota espositiva delle principali licenze).

Si ricorda, a riguardo, che le basi di dati godono di una duplice tutela ai sensi della normativa nazionale e comunitaria, ovvero la tutela quale opera creativa, ove ne ricorrano i presupposti, e la tutela del cosiddetto “diritto sui generis”, che tutela “l’effort” di costituzione di una banca dati, anche magari non creativa, da una estrazione totale o sostanziale.

should

Raccomandazione 11: dlgs36-2006/opendata/rec/conditions/cc

SI RACCOMANDA di non utilizzare le licenze Creative Commons precedenti alla 4.0, in cui tali diritti sui generis non erano citati/previsti (2.5), o erano richiamati come meramente rinunciati (3.0).

should

Raccomandazione 12: dlgs36-2006/opendata/rec/conditions/iodl

SI RACCOMANDA di evitare quelle licenze che – per quanto ben impostate – presentano forti caratteristiche di localizzazione, anch’esse potenzialmente costituenti elementi di ambiguità in caso di riuso e mashup (come la IODL).

In relazione a quanto sopra riportato, tenuto conto del contesto normativo di riferimento e delle indicazioni in tema di licenze contenute nella Comunicazione della Commissione 2014/C - 240/01, è necessario, almeno per i dati aperti “nativi”  - riconducibili essenzialmente ai dati che vengono prodotti dalle Amministrazioni pubbliche nell’adempimento delle proprie funzioni istituzionali - fare riferimento ad una licenza unica aperta, che garantisca la libertà di riutilizzo, che sia internazionalmente riconosciuta e che consenta di attribuire la paternità dei dataset (attribuire la fonte).

must

REQUISITO 20: dlgs36-2006/opendata/req/conditions/ccby4

Per i nuovi dati aperti nativi, salvo quanto precisato nel Requisito 21, DEVE essere applicata la licenza CC-BY nell’ultima versione disponibile (al momento della stesura delle presenti linee guida, la 4.0), presupponendo altresì l’attribuzione automatica di tale licenza nel caso di applicazione del principio “open data by default”, di cui all’articolo 52 del CAD.

must

REQUISITO 21: dlgs36-2006/opendata/req/conditions/no-ccby4

L’adozione, qualora possibile e/o previsto, di una licenza diversa dalla CC-BY 4.0 DEVE essere formalmente motivata, anche alla luce dei principi espressi dalla Direttiva, salvo che sia stata adottata una licenza altrettanto compatibile come la CDLA 2.0 permissive e/o una licenza universalmente compatibile, o meglio un “waiwer”, come la CC0, o qualsiasi altra licenza aperta equivalente o meno restrittiva, che consenta il riutilizzo salvo obbligo di attribuzione, dando credito al concedente. L’adozione di una licenza diversa da CC-BY 4.0, CC0 o altra altrettanto compatibile non è applicabile per le serie di dati di elevato valore.

should

Raccomandazione 13: dlgs36-2006/opendata/rec/conditions/update

SI RACCOMANDA ai titolari che hanno già pubblicato set di dati con licenze diverse da quelle sopra richiamate, incluse versioni della CC-BY precedente alla 4.0, di valutare il rinnovo della licenza, adeguandola alle indicazioni suddette, individuando nel caso le ragioni eventualmente impedienti tale aggiornamento.

6.1.1. Compatibilità tra licenze

Anche le licenze “aperte”, analogamente alle licenze open source, presentano differenti gradi di apertura (non sono, quindi, sempre “aperte allo stesso modo”), ovvero prevedono condizioni che, pur autorizzando il riutilizzo, possono non rendere percorribile un riutilizzo “mescolato” tra più fonti; tali condizioni, pertanto, possono non consentire una successiva pubblicazione/utilizzo nel rispetto di tutte le condizioni previste da ciascuna licenza (incompatibilità).

Per fare un esempio, due licenze aperte cd. “share alike” – che richiedono di rilasciare ogni evoluzione successiva con la medesima licenza nei medesimi termini – permettono il rilascio di un mashup solo se tra loro identiche, o se tra loro sia stata riconosciuta una eventuale equivalenza (v. infra).

Inoltre, anche nel caso di licenze fra loro compatibili, si segnala che dovranno sempre essere rispettate le relative condizioni di ridistribuzione, tenendo, altresì, conto delle eventuali diversità sull’ambito di applicazione e/o di esenzione: per esempio, alcune licenze richiedono di segnalare le modifiche, o escludono dal perimetro di applicazione le elaborazioni algoritmiche o i prodotti derivati di natura diversa dal database di origine, etc… Anche a tale fine, quindi, si è di seguito provato a evidenziare le principali condizioni e/o peculiarità presenti nelle principali licenze standard, individuando in quali trovano applicazione (v. Tabella 4).

Sul tema della compatibilità, infine, si ritiene opportuno distinguere l’ipotesi della evoluzione di una precedente, singola fonte (sub a)), dalla creazione di un nuovo dataset costituito da più fonti diverse e diversamente licenziate (sub b)):

  1. evoluzione di una fonte terza (opera “derivata”)

In questo caso, la licenziabilità della soluzione e le relative condizioni saranno influenzate solo dalla licenza originaria: la tabella che segue è relativa alla possibilità di produrre un dataset “derivato”, in linea con le indicazioni fornite con le presenti Linee Guida ovvero, in CC-BY 4.0 o, in subordine, CC0 o CDLA 2.0 permissive (v. Figura che segue).

La figura mostra le licenze applicabili all’opera derivata in funzione della licenza originaria.

Fig. 6.2 Licenze applicabili all’opera derivata in funzione della licenza originaria

** il sito della CDLA (v. box infra) ritiene compatibile la CC BY 4.0 con il rilascio in CDLA 2.0 permissive, a condizione di rispettare l’attribution originale (anche se non raccomandato, per non creare “strati” di attribuzione”, come da wiki delle CC di cui al link nel box “Risorse utili, par. “Adapter’s license chart”). Analogo ragionamento a fortiori parrebbe essere applicabile per la IODL 2.0.

Sempre come esempio, se si elabora un db rilasciato originariamente in CC BY SA, o in OdBL, sì dovrà rilasciare anche il nuovo DB in CC BY SA o rispettivamente OdBL (salvo l’eccezione del “produced work” per l’OdBL).

  1. sviluppo di un nuovo dataset/database tramite unione/riutilizzo in tutto o in parte di dataset/database terzi diversi

In questo caso, è necessario verificare che le licenze originarie non risultino incompatibili con la pubblicazione (v. Figura seguente) relative alle peculiarità del caso.

La figura mostra la matrice di compatibilità tra licenze.

Fig. 6.3 Matrice di compatibilità tra licenze

Quest’ultima figura espone, quindi, una matrice di compatibilità - necessariamente limitata alle principali licenze standard - che distingue i casi in cui la combinazione delle fonti permetta di licenziare la soluzione come da indicazioni (verde), comunque aperta (giallo) o produca un blocco (rosso).

In entrambe le fidure (come da legenda in calce) si è provato a dettagliare meglio alcuni aspetti che, pur non impedendo il riutilizzo, sono da considerarsi punti di attenzione.

Si fa riferimento, a titolo di esempio:

  • al rischio di cumulo delle attribuzioni (cd. “stack of attribution”), presente anche nelle licenze solo “permissive” (mera attribuzione), ma diverse tra loro, le quali presentano, a volte, specifiche diverse, in merito alle modalità con cui assolvere all’obbligo di «attribution». Tali specifiche possono rendere complessa la gestione delle licenze (si pensi, per esempio, ai dati geografici, per i quali l’uso di fonti diverse e ricorsive può rendere difficile detto governo);
  • ai limiti all’apponibilità di misure tecnologiche di protezione, in quanto alcune licenze (ad esempio, la CC-BY 4.0) contengono un divieto di apporre tali soluzioni, senza eccezioni; altre licenze non contemplano detto profilo (come la IODL); altre ancora contemplano tale divieto, individuando, tuttavia, soluzioni alternative (es. l’OdBL, che prevede il divieto, ma anche la possibilità alternativa di apporre dette misure, a condizione che una copia del database rimanga accessibile senza restrizioni);
  • a specifiche distinzioni sulle modalità di utilizzo delle fonti, prevista in alcune licenze (come l’OdBl rispetto ai “database collettivi”), e/o alla diversa gestione, anche sotto il profilo del “copyleft”, del licensing del prodotto identificabile come “derivato” (ad esempio, nell’OdBL per il cd. “produced work” - classico esempio, le mappe rispetto al DB geografico - e nella CDLA per i “results from computational use”, ovvero i risultati di una analisi algoritmica di diverse fonti per la produzione di un risultato “diverso”).

Questi ultimi aspetti sono peculiari ed esulano dalla necessaria semplificazione funzionale alle tabelle sottese; SI RACCOMANDA, pertanto, di fare comunque riferimento, per eventuali approfondimenti, alla serie di risorse utili indicate nel box, svolgendo, ove necessario, specifiche verifiche.

Legenda:

La figura mostra la legenda delle figure di cui sopra.

Fig. 6.4 Legenda

Cod. Condizioni da osservare/ specifiche di applicazione Licenze impattate
A segnalazione modifica cambiamenti CDLA 1 perm CDLA 1 shar   CC-BY      
B testo licenza: con riferimento al dataset originale, riportare il testo della licenza e/o inserire link (tra [] per) la IODL in quanto precisa “se possibile») CDLA 1 perm CDLA 1 shar CDLA 2 perm CC-BY [IODL 2.0] IODL 1.0 OdBL
C attributon: rispetto specifiche condizioni CDLA 1 perm CDLA 1 shar   CC-BY IODL 2.0 IODL 1.0 OdBL
D output ulteriore realizzato [“Produced work» - es. Mappa da db geografico]; richiede sola attribution             OdBL
E risultato da «computational use» senza condizioni CDLA 1 perm CDLA 1 shar/ perm 1 e 2 CDLA 2 perm        
F prevede la nozione di “collective database»             OdBL
G limiti DRM       CC-BY     OdBL

6.1.2. Buone pratiche: approccio “open by design”

In linea con quanto sopra descritto, si raccomanda che le PA adottino nella costituzione, generazione ed acquisizione di dataset un approccio “open by design” fin dalla progettazione/commissione, come da art. 6 c. 4 del Decreto, secondo i seguenti principi:

  1. In caso di nuova costituzione di un dataset, a titolo esemplificativo, SI RACCOMANDA:
  • di inserire clausole contrattuali utili a definire inequivocabilmente la proprietà del dataset in capo alla PA, accompagnate da indicazioni relative all’effettiva e relativa tutela e fruibilità tecnica nel tempo, nella misura possibile (es. indicazioni titolare nei metadati, uso di formati aperti, etc.);
  • nei limiti del possibile, già in fase di analisi di verificare se il dataset o le componenti del db presentano profili ostativi alla pubblicazione e, in caso positivo, se sussistono soluzioni tecnologiche e/o logico-architetturali utili a rendere pubblicabile almeno parte del dataset o del db, quali:
    • uso di layers o altre analoghe modalità che tengano separati i db di origine;
    • percorribilità di richieste di specifiche autorizzazioni ad hoc;
  • in detto contesto, di considerare le finalità per le quali i dati sono stati creati e che eventualmente non consentono di renderli automaticamente disponibili in open data;
  • nel rispetto di quanto sopra, di dichiarare fin dall’inizio la licenza con cui si intende pubblicare il dataset e dovranno essere fornite indicazioni precise utili a escludere nei limiti del possibile il riuso di fonti terze non compatibili (v. infra) con la licenza di output (di default, appunto, la CC BY 4.0);
  • di richiedere in ogni caso la tracciatura precisa delle fonti nel caso utilizzate e la predisposizione della documentazione di supporto utile a rispettarne le eventuali condizioni (inclusa l’attribution stessa);
  • di prevedere meccanismi utili a verificare l’eventuale bilanciamento di interessi tra la rinuncia ad una eventuale base dati esterna e la possibilità di modificare la licenza di pubblicazione inizialmente ipotizzata, eventuali soluzioni alternative (v. anche infra) nonché la possibilità di scegliere una diversa soluzione di licensing, che dovrà quindi essere motivata secondo i criteri sopra descritti.

Tali condizioni potranno essere applicate anche tanto nei propri regolamenti interni, così come appunto negli accordi negoziali con consulenti e/o fornitori. SI RACCOMANDA, inoltre, di prendere in considerazione tali buone pratiche non solo quando l’oggetto specifico dell’attività dell’ente sia la costituzione del dataset o del DB, ma anche quando il dataset o il DB costituisca un elemento di una attività più ampia di cui è comunque parte essenziale.

In generale, e facendo salvo quanto sopra anche con riferimento alle fonti “terze”, per i dati che fanno riferimento anche a fonti esterne (per esempio, progetti con altre Pubbliche amministrazioni), dovranno - se possibile già in fase di progettazione - essere verificate le condizioni di riuso di tali fonti; al riguardo, si RACCOMANDA la predisposizione di un report utile a identificare:

  • corretta “titolarità” dei dati (e titolo del relativo riuso);
  • eventuali situazioni di incompatibilità bloccanti una redistribuzione;
  • la licenza aperta nel caso adottabile, o le alternative adottabili.
  • le alternative tecniche di riutilizzo eventualmente meno “condizionate”: a titolo di esempio, si pensi nel contesto dei dati territoriali al ricorso a layers contenenti db del tutto separati rispetto ad un mashup);

procedendo nella costituzione ed evoluzione dei dati secondo step consapevoli, che prendano in considerazione licenze delle fonti esterne e modalità di uso al momento della loro adozione (e non in fase di pubblicazione dei nuovi dati).

Quanto alla fase di pubblicazione, SI RACCOMANDA (eventualmente predisponendo anche in questo caso una apposita check list) di:

  • curare la verifica delle condizioni nel caso richieste dalle licenze “terze” coinvolte;
  • rendere la licenza apposta chiaramente individuabile;
  • cercare di rendere il rispetto delle condizioni di attribution semplici e di semplice gestione, anche progressiva.

Rispetto a detto ultimo profilo, si rammenta infatti che la clausola di attribution di cui alla CC BY 4.0 prevede:

retain the following if it issupplied by the Licensorwith the Licensed Material:

  1. identification of the creator(s) of the Licensed Material and any others designated to receive attribution, in any reasonable manner requested by the Licensor (including by pseudonym if designated);
  2. a copyright notice;
  3. a notice that refers to this Public License;
  4. a notice that refers to the disclaimer of warranties;
  5. a URI or hyperlink to the Licensed Material to the extent reasonably practicable”.

La CC-BY 4.0 permette, infatti, di rispettare dette informazioni nella misura scelta dal licenziante, peraltro in qualsivoglia “forma ragionevole”; conseguentemente, SI RACCOMANDA di convergere verso una soluzione di attribuzione ove possibile ancora più standardizzata, limitandosi alla mera richiesta di richiamare il nome dell’Ente (come titolare in caso di ripubblicazione di un set di dati non modificato o come fonte di orgine in caso di mashup/evoluzione) e precisare se sono state apportate o meno modifiche. A tale proposito, il nome dell’Ente da utilizzare deve corrispondere al nome ufficiale registrato nell’Indice dei domicili digitali della Pubblica Amministrazione e dei Gestori di Pubblici Servizi [3]. Tale nome è anche desumibile dai metadati in quanto nei profili dei metadati indicati nel par. 4.6 sono previsti specifici elementi per indicare il titolare dei dati.

[1]https://blog.openstreetmap.org/2017/03/17/use-of-cc-by-data/
[2]https://blog.openstreetmap.org/2017/03/17/use-of-cc-by-data/
[3]https://indicepa.gov.it