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Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale

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2022-2023

Versione n.1.0 - giugno 2022

Linee guida per la classificazione di prodotti e servizi digitali, processi e modelli di gestione

Introduzione

Questo documento individua e descrive la metodologia per classificare i prodotti e i servizi digitali menzionati nel Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale (PND), al fine di ordinarne le diverse tipologie e orientare così il lettore. Queste Linee guida non sono state redatte per progettare i singoli servizi digitali citati, bensì per delineare nelle fasi di programmazione il posizionamento preliminare di un determinato servizio nei relativi processi.

Il documento illustra tre ambiti principali, tra loro interrelati:

  1. l’individuazione dei prodotti realizzabili e dei servizi erogabili a partire dalla messa a disposizione di risorse e contenuti digitali del patrimonio culturale (cfr. cap. La definizione di prodotti e servizi digitali);
  2. la definizione dei processi end-to-end ad essi sottesi (cfr. cap. L’analisi dei processi end-to-end);
  3. l’analisi dei modelli di gestione applicabili per la creazione di valore culturale, sociale ed economico (cfr. cap. Possibili modelli di gestione).

L’obiettivo è fornire agli istituti culturali cui si rivolge il PND [1], in primis a quelli pubblici, una base conoscitiva per comprendere i pro e i contro delle soluzioni adottabili, dal momento che le scelte devono essere effettuate in funzione del grado di maturità digitale [2] e dopo aver attentamente valutato alcuni aspetti-chiave (es. target utenti e profilazione audience, base dati a disposizione, budget minimo, competenze interne, ecc.). Pertanto l’invito rivolto agli istituti culturali, seppur caratterizzati da sistemi organizzativi e scopi differenti, è quello di attingere alle conoscenze esposte nel presente documento e, commisurandole al proprio contesto, comprendere come possano creare opportunità di sviluppo. La mappatura dei prodotti/servizi digitali, la definizione dei processi ad essi riferiti e il confronto dei modelli di gestione applicabili [3] sono strumenti conoscitivi per rendere più efficiente l’implementazione delle nuove tecnologie rispetto al patrimonio culturale pubblico.

Nello specifico, per la mappatura dei processi end-to-end il documento comprende tutti i processi attinenti alle funzioni e alle azioni di condivisione e utilizzo di contenuti digitali dei luoghi della cultura: poiché le Linee guida sono un allegato del PND – e ne costituiscono parte integrante – l’oggetto di interesse del presente documento è il patrimonio culturale digitale e, in particolare, la sua valorizzazione mediante la definizione di un sistema di riferimento comprendente prodotti e servizi digitali, processi e modelli di gestione creati a partire dalle risorse digitali del patrimonio culturale.

Il documento illustra pertanto gli strumenti fondamentali per classificare i servizi digitali, comprenderne i processi sottostanti e sperimentare i relativi modelli di gestione, al fine di guidare la progettualità degli istituti; nel quadro della ricerca di una sostenibilità operativa raggiungibile a livello nazionale, risulta cruciale la possibilità-necessità di “fare sistema” adottando strategie comuni o comunque confrontabili.

[1]Cfr. Scopo del Piano e destinatari, documento principale; in particolare: “Il PND costituisce la visione strategica con la quale il Ministero della cultura intende promuovere e organizzare il processo di trasformazione digitale nel quinquennio 2022-2026 nei diversi settori dell’ecosistema culturale, rivolgendosi in prima istanza ai musei, agli archivi, alle biblioteche, alle soprintendenze, agli istituti e ai luoghi della cultura pubblici che conservano, tutelano, gestiscono e/o valorizzano beni culturali; per questo costituisce anche il contesto strategico, intellettuale e tecnico di riferimento per la realizzazione degli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). (…) Per tali caratteristiche, il PND può costituire un utile riferimento metodologico e operativo per tutte le istituzioni e per i professionisti che, in ambito sia pubblico che privato, si riconoscono nei valori qui enunciati”.
[2]Cfr. Introduzione alla metodologia per la valutazione della maturità digitale degli istituti culturali, allegato tecnico n. 5 del PND.
[3]In particolare, con il termine servizi si fa riferimento alle diverse tipologie di prodotti realizzabili e di servizi erogabili in formato digitale da parte della Digital Library e degli istituti culturali, nell’ambito dello sviluppo della strategia elaborata nel Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale; per processi si intendono invece i procedimenti che i luoghi della cultura possono attivare nel momento in cui decidono di rendere fruibili online dati, risorse e contenuti digitali del patrimonio culturale, mentre per modelli di gestione si intendono i diversi sistemi adottabili per la gestione e la valorizzazione, anche economica, del patrimonio culturale digitalizzato.

La relazione tra prodotti/servizi digitali, processi e modelli di gestione

Nel presente elaborato è stata posta particolare attenzione ai casi e agli esempi che sostanziano la relazione tra servizi-processi-modelli di gestione, nell’ottica di indurre i destinatari del PND a considerare tutti gli elementi del sistema piuttosto che le sue singole componenti. A titolo di esempio, una visita virtuale guidata realizzata interamente online da un museo (online guided tour) rappresenta il risultato della relazione tra processi e modelli di gestione, in forma di prodotto/servizio, secondo i seguenti passaggi:

  • utilizzo da parte del museo dei propri contenuti digitalizzati per creare un prodotto/servizio a valore aggiunto da mettere a disposizione degli utenti;
  • produzione e promozione del prodotto/servizio online guided tour;
  • definizione del modello di gestione più appropriato, in funzione delle modalità di utilizzo e dei target di utilizzatori (es. pay per view).

Prima di analizzare i singoli servizi-processi-modelli di gestione, la loro relazione è illustrata in una matrice (Fig. 1 e Fig. 2) fondata sull’identificazione di 4 processi principali:

Processo 1 | I luoghi della cultura mettono a disposizione degli utenti contenuti digitali per la consultazione e la navigazione;

Processo 2 | I luoghi della cultura mettono a disposizione contenuti digitali per creare ulteriori contenuti, scientifici o creativi [4], da parte degli utenti;

Processo 3 | I luoghi della cultura e/o gli utenti utilizzano i contenuti digitali e li rielaborano con un valore aggiunto per finalità espositive, educative, editoriali o commerciali;

Processo 4 | I luoghi della cultura offrono esperienze di visita agli utenti, sia nella dimensione fisica che digitale (User journey [5]).

I primi tre processi rappresentano progressive espansioni di una medesima finalità (la valorizzazione del patrimonio informativo); il quarto processo invece si riferisce alla valorizzazione con tecnologie digitali dell’esperienza di fruizione e quindi coesiste con gli altri processi e può compenetrarsi con essi.

Nei successivi capitoli (cfr. cap. L’analisi dei processi end-to-end, cfr. cap. La definizione di prodotti e servizi digitali e cfr. cap. Possibili modelli di gestione) saranno esaminate le implicazioni di ciascun processo nonché la relazione con i prodotti/servizi e i modelli di gestione applicabili.

  Processi utente Prodotti e servizi Modelli di gestione
1 I luoghi della cultura mettono disposizione degli utenti contenuti digitali per la consultazione e la navigazione

Servizi digitali di consumo per

  • Ricerca
  • Visualizzazione
  • Condivisione

Fruizione pubblica

  • Libero accesso
  • Libero riuso per finalità non commerciali
2 I luoghi della cultura mettono a disposizione degli utenti contenuti digitali per creare nuovi contenuti

Servizi digitali per la creazione di contenuti

  • Creazione
  • Referenziazione
  • Arricchimento

Valorizzazione culturale

  • Libero accesso
  • Libero riuso per finalità non commerciali
  • Canoni per utilizzo di specifici
tool
3 I luoghi della cultura/gli utenti utilizzano i contenuti digitali, rielaborati con un valore aggiunto, per finalità espositive, educative, editoriali e commerciali

Prodotti e servizi a valore aggiunto

  • Prodotti espositivi
  • Prodotti educativi
  • Prodotti editoriali
  • Prodotti commerciali

Valorizzazione culturale

  • Libero accesso
  • Libero riuso per finalità non commerciali
  • Canoni per utilizzo di specifici
tool

Tabella 1. Relazione tra servizi digitali, processi e modelli di gestione nei luoghi della cultura

  Processi di gestione Prodotti e servizi Modelli di erogazione
4
  • Pre-visita
  • Durante la visita
  • Post-visita
  • Servizi di
front-end
per gli utenti
  • Servizi di
back-end
per gli enti
  • Gestione internalizzata con prodotti tecnologici custom
  • Gestione esternalizzata con prodotti tecnologici di mercato
  • Gestione esternalizzata attraverso acquisto di servizi SaaS
  • Gestione mista attraverso accordi di partenariato pubblico-privato

Tabella 2. Esempio della catena processo-prodotto-modello applicato allo User journey nei luoghi della cultura

In particolare, i primi tre processi (Tabella. 1), afferendo direttamente alla valorizzazione del patrimonio culturale digitale nella forma di dati e contenuti culturali, sono trattati nei paragrafi Processo 1 | Servizi di consumo - Modello a fruizione pubblica, Processo 2 | Servizi per la creazione di contenuti - Modello a valorizzazione culturale e Processo 3 | Prodotti e servizi a valore aggiunto - Modello a valorizzazione economica.

I processi di gestione dello user journey (Fig. 2), essendo sviluppati al lato di dati e contenuti culturali, sono invece esaminati separatamente: dovendo analizzare i micro-processi sottostanti e le soluzioni digitali applicabili all’esperienza fisica (o digitale) nei luoghi della cultura, l’attenzione si sposta sui servizi a supporto della gestione dello user journey nei luoghi della cultura. Nel relativo paragrafo (cfr. par. Processo 4 | User journey nei luoghi della cultura.) non vengono descritti tutti i possibili modelli di gestione, considerando la varietà dei servizi erogabili e le diverse competenze sottostanti, ma solo le principali soluzioni adottabili, necessarie per garantire la sostenibilità dell’erogazione del servizio.

[4]Un contenuto “autoriale” può essere di tipo scientifico o creativo: pur trattandosi di ambiti e linguaggi differenti, sono entrambi interessanti ai fini culturali.
[5]Lo user journey, che in italiano può essere denominato “percorso utente”, è una tecnica utilizzata in particolare nei modelli di gestione e di marketing per conoscere e riprogettare l’esperienza di un cliente con un particolare prodotto o servizio, soprattutto nell’analisi dei processi di acquisto. Si considera e analizza l’intero percorso dell’interazione: da quando viene a conoscenza di un determinato oggetto digitale alle esperienze che può avere. Dunque, lo user journey documenta l’intera esperienza di un cliente per costruire e garantire la fruizione del prodotto digitale (che sarà dinamico e cambierà a seconda dell’utente).

L’analisi dei processi end-to-end

In questa sezione sono analizzati i processi che i luoghi della cultura possono attivare nel momento in cui rendono fruibili online dati, risorse e contenuti digitali del patrimonio culturale, secondo i macro-processi (Fig. 1) prima enunciati, descritti in dettaglio nei paragrafi seguenti.

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Figura 1. Schema di sintesi delle fasi principali dei processi relativi alla creazione di servizi digitali

Processo 1 | I luoghi della cultura mettono a disposizione degli utenti contenuti digitali per la consultazione e la navigazione

Questo processo descrive le fasi necessarie per mettere a disposizione degli utenti le risorse e i contenuti digitali prodotti o gestiti dai luoghi della cultura; il fine è l’uso individuale dei contenuti fruiti, per qualsiasi scopo o finalità (studio, ricerca, produzioni creative, usi amministrativi o commerciali), senza produzione di nuovi contenuti su cui costruire ulteriori catene del valore. Questo rappresenta il livello minimo di servizio digitale che un istituto di cultura può erogare.

In questo caso gli istituti devono considerare le seguenti fasi processuali:

Produzione Licenza d’uso Pubblicazione Comunicazione

Creazione dei contenuti oggetto di pubblicazione:

  • Scelta di cosa digitalizzare e rendere fruibile
  • Scelta di come digitalizzare
  • Scelta dei modelli di rappresentazione dei contenuti digitali

Definizione del regime di accesso ai contenuti:

  • Usi liberi / Usi per i quali è richiesta autorizzazione
  • Uso gratuito / image licensing

Individuazione del sistema per la pubblicazione e fruizione dei contenuti:

  • Definizione dei servizi per l’utente (servizi di base - di consumo)
  • Individuazione della soluzione software (eventualmente anche esternalizzata)
  • Definizione criteri di navigazione

Definizione del programma di navigazione:

  • Analisi dei target di utenza
  • Definizione strategia di comunicazione
  • Individuazione strumenti di comunicazione
  • Definizione azioni di disseminazione

Tabella 3. Sintesi dei processi relativi alla consultazione e alla navigazione dei contenuti digitali

Gli elementi inseriti in questo schema, espressione dei diversi processi relativi alla consultazione e alla navigazione dei contenuti digitali, poggiano necessariamente sugli aspetti imprescindibili della conservazione e della gestione dei contenuti digitali stessi (cfr. par. Servizi digitali per la gestione).

Il PND in più punti si sofferma sulla necessità che la messa a disposizione di contenuti digitali sia pensata nell’ottica dell’utente e non solo dell’istituzione che li ha prodotti. Pertanto, nella progettazione dei servizi digitali che abbiamo definito “di consumo”, come ad esempio la pubblicazione dei dati di un catalogo informatizzato, è necessario considerare ciascuna fase del processo; l’assenza di un passaggio pregiudica la creazione del valore finale. Ad esempio, anche se nella pratica non sempre si verifica, i dati pubblicati online senza l’associazione di una corretta licenza d’uso non possono essere riutilizzati con fiducia da parte degli utenti [6]; parimenti, una selezione dei materiali da digitalizzare non ispirata da criteri razionali (conservativi, editoriali, fruitivi, etc.) può rendere inefficace la fruizione finale, mentre uno scarso presidio delle procedure di digitalizzazione e processamento dei dati [7] o una scelta poco oculata delle modalità e dei software di visualizzazione ne pregiudicano l’efficienza. Analogamente, è necessario progettare sin dall’origine del progetto le modalità di disseminazione dei contenuti digitali pubblicati online, perché questa assunzione definisce i pubblici di riferimento e induce i luoghi della cultura a interrogarsi sulle modalità di coinvolgimento ottimali (un catalogo non consultato è un obiettivo fallito).

[6]Cfr. Linee guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale, allegato 3 del PND.
[7]Cfr. Linee guida per la digitalizzazione del patrimonio culturale, allegato 1 del PND e Linee guida per la redazione del Piano di gestione dei dati, allegato 2 del PND.

Processo 2 | I luoghi della cultura mettono a disposizione degli utenti contenuti digitali per creare nuovi e ulteriori contenuti

Questo processo rappresenta l’evoluzione del precedente, dacché si ripropongono le stesse decisioni progettuali del processo 1, aggiungendo un livello maggiore di complessità derivante dalla possibilità per l’utente di generare nuovi contenuti: in questo caso le risorse digitali non vengono messe a disposizione solo per la consultazione e la navigazione, ma anche per il riutilizzo da parte degli utenti per creare nuovi contenuti (User Generated Content [1]_) con finalità scientifiche, educative o creative, senza necessariamente generare una forma di valorizzazione economica (successivo processo 3). Allo schema del processo 1 vengono quindi aggiunte le ulteriori fasi di seguito descritte:

Licenze d’uso Creazione Condivisione

Ulteriori fasi del processo da prendere in considerazione:

  • Definizione dei diritti e dei termini d’uso sui nuovi contenuti prodotti
  • Definizione del sistema di gestione dei diritti

Individuazione del sistema per il riuso dei dati e la creazione di nuovi contenuti:

  • Scelta dei servizi da sviluppare (servizi di consultazione - servizi per la creazione di contenuti)
  • Individuazione della soluzione software (on-premise o SaaS)
  • Supporto e accompagnamento degli utenti nella creazione di nuovi contenuti

Pianificazione forme di disseminazione e condivisione dei contenuti creati dagli utenti:

  • Programma di public engagement
  • Verifica dei contenuti generati dagli utenti
  • Piano di comunicazione e disseminazione

Tabella 4. Sintesi dei processi relativi all’abilitazione di servizi per la creazione di contenuti da parte degli utenti

In questo processo è opportuno prestare la massima attenzione nella fase intermedia, quando andranno scelte le applicazioni per consentire di generare e condividere i contenuti; va precisato che nel caso di specie non ci si riferisce a contenuti generici condivisibili dagli utenti in modo autonomo attraverso i social network, ma a contenuti strutturati (come ad esempio le ricerche o le produzioni creative) che vengono prodotti a beneficio di altri utenti. Le applicazioni, che il PND raccomanda di mantenere separate logicamente e tecnologicamente dalle basi dati, possono essere sviluppate ad hoc ed installate presso i luoghi della cultura (soluzioni custom on-premise) oppure essere acquistate sul mercato come servizio (soluzioni SaaS – software as-a-service). La scelta delle modalità di condivisione risulta altrettanto strategica, perché solo così potranno attivarsi forme virtuose di coinvolgimento e presa in carico da parte del pubblico (public engagement), riuscendo a instaurare relazioni stabili di ascolto, dialogo e collaborazione tra istituzioni culturali e cittadini, studenti, ricercatori e imprese.

[8]User Generated Content (UGC), spesso associato al Web 2.0, è un termine con cui ci si riferisce alle reti sociali, ai siti di social media, alle iniziative collaborative e ad una varietà di opere create, modificate e scambiate da singoli utenti (Elkin-Koren, User Generated Platforms, 2010). Un rapporto OCSE del 2007 lo definisce come: “(i) il contenuto reso pubblicamente disponibile su Internet, (ii) che riflette una certa quantità di sforzo creativo, e (iii) che è creato al di fuori delle routine e pratiche professionali” (OECD, Working Party on The Information Economy, 2007).

Processo 3 | I luoghi della cultura e/o gli utenti utilizzano i contenuti digitali, rielaborati con un valore aggiunto, per finalità espositive, educative, editoriali e commerciali

Questo processo abilita la produzione di prodotti e servizi a valore aggiunto a partire dai contenuti messi a disposizione dai luoghi della cultura e dagli utenti. Per “valore aggiunto” si intende la rielaborazione dei contenuti per creare nuove o più ampie possibilità di fruizione del patrimonio (valore sul valore). Questi prodotti e servizi, descritti nel successivo par. 3, posso essere realizzati dagli stessi luoghi della cultura – anche in accordo con terze parti – o da soggetti esterni, tipicamente imprese culturali e creative, ma anche dai cosiddetti prosumer, intesi come consumatori che diventano a loro volta produttori, aggiungendo valore [9]. Prodotti e servizi così connotati rappresentano il risultato di rielaborazioni (con un valore aggiunto) realizzate a partire dai dati del patrimonio culturale, sviluppate per creare nuovi prodotti o servizi, di varia forma e natura (espositiva, educativa, editoriale, commerciale).

Si riportano di seguito le fasi attivabili da un luogo della cultura qualora decidesse di generare prodotti o servizi a partire dal proprio patrimonio digitalizzato.

Progettazione Ricerca soluzioni Promozione Valutazione
  • Definizione progetto curatoriale (tipologia prodotto e servizio a valore aggiunto, contenuti coinvolti, mission, vision, etc.)
  • Definizione del relativo

business plan

(mercato di riferimento, costi e ricavi, strategie di comunicazione, etc.)
  • Definizione accordi con partner istituzionali e commerciali (condivisione servizi, strumenti)
  • Ricerca e accordi con produttori contenuti
  • Ricerca e accordi con distributori contenuti
  • Ricerca soluzioni tecnologiche per produzione prodotti e servizi
  • Ricerca soluzioni per strategia di comunicazione
  • Promozione dei prodotti e servizi realizzati, in base al piano di comunicazione definito
  • Analisi della performance (ricavi, engagement online, etc.)
  • Programmazione di eventuali nuove linee di prodotto

Tabella 5. Sintesi dei processi relativi al riutilizzo dei contenuti digitali per finalità espositive, educative, editoriali e commerciali

In questo processo, il ruolo e l’apporto dei soggetti esterni è centrale; questi possono configurarsi come:

  • meri fornitori di servizi (operatori di mercato), che realizzano una progettualità che rimane nel dominio dell’istituto della cultura, che avrà quindi anche l’onere della gestione del servizio stesso una volta messo in esercizio;
  • partner che co-progettano e co-realizzano i prodotti o servizi (tipicamente i concessionari di servizi) a cui spetta in genere anche la gestione del servizio in esercizio;
  • soggetti “terzi” (tipicamente il terzo settore o le industrie culturali e creative) che realizzano prodotti e servizi per finalità non riconducibili alla missione dell’istituto; i processi pertanto saranno quelli dell’operatore che eroga il servizio stesso, mentre all’istituto culturale spetterà la definizione di adeguate forme di accordo o concessione per l’utilizzo dei contenuti (modello royalty-based).

In questo scenario dovrà essere prestata particolare attenzione alla definizione dei contenuti dei contratti e degli accordi, sia per definire con chiarezza i costi diretti e indiretti (talvolta nascosti) sia per chiarire i modelli di ritorno economico per l’istituzione che mette a disposizione i contenuti. La fase di valutazione risulta altrettanto strategica per comprendere se il prodotto/servizio realizzato sia adeguato alle aspettative degli utenti e possa raggiungere le finalità programmate.

[9]Il lemma prosumer è un neologismo anglosassone derivante dalla crasi dei termini producer e consumer. Il valore aggiunto che i prosumer realizzano può essere ricompreso nell’area dei prodotti (es. utilizzo i contenuti per produrre prodotti da mettere sul mercato), dei servizi di trasformazione (es. migliorare la qualità dei contenuti associandoli ad altri contenuti), dei servizi di condivisione (es. creare spazi collaborativi per la condivisione social dei contenuti).

Processo 4 | User journey nei luoghi della cultura

Per esaminare i processi sottostanti lo user journey nei luoghi della cultura è opportuno rammentare che può realizzarsi sia in una dimensione fisica (es. visita in situ a un museo) che digitale (es. navigazione del sito di una biblioteca, fruizione di un prodotto editoriale realizzato a partire dal riuso dei contenuti digitali, ecc.). Ciò premesso, l’approccio metodologico delinea l’esperienza dell’utente/visitatore finale in un’analisi strutturata in tre macro fasi (pre-visita, durante la visita e post-visita), al fine di supportare i luoghi della cultura nell’identificazione delle opportunità da cogliere e delle lacune da colmare nella gestione dell’esperienza dell’utente-visitatore.

Di seguito sono rappresentate le fasi dei processi sottostanti lo user journey, distinguendo ciò che accade prima, durante e dopo la visita.

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Figura 2. Mappatura dei processi relativi allo user journey

Di seguito sono descritte con maggior dettaglio le fasi del processo relativo al momento pre-visita. Particolare attenzione andrà messa nella pianificazione delle attività e dei servizi utili a semplificare e facilitare le modalità di contatto con i luoghi della cultura da visitare/frequentare, avendo cura di fornire online informazioni chiare, esaurienti e pertinenti. Il sito web dell’istituto è quindi centrale per la gestione della fase pre-visita dello user journey.

Attrazione utente Prenotazione e ticketing Pianificazione visita
  • Progettazione sito web (info su accessibilità, info su collezioni, info su servizi)
  • Campagne di promozione
  • Servizi di supporto all’utente (help desk, chatbot, ecc.)
  • Profilazione utenti
  • Gestione dati utenti
  • Definizione dei diritti e dei termini d’uso sui nuovi contenuti prodotti
  • Definizione del sistema di gestione dei diritti
  • Prenotazione accesso
  • Prenotazione servizi aggiuntivi
  • Acquisto titolo di ingresso
  • Informazioni su come è strutturato il percorso di visita o come è organizzata la sala studio
  • Servizi per simulare la visita (virtual tour)
  • Servizi di supporto logistico (come arrivare
,
parcheggi, ecc.)
  • Invio suggerimenti di visita/consultazione in base al profilo utente

  • Invio suggerimenti di fruizione
    e/o acquisto di attività/servizi aggiuntivi (visite guidate, proiezioni, servizio di reference online)

Tabella 6. Mappatura dei processi relativi allo user journey – Pre-visita

Durante la visita i prodotti e i servizi digitali che possono essere offerti per migliorare l’esperienza sono molteplici; dal punto di vista del processo, va posta attenzione alla componente infrastrutturale (connettività, WIFI, sensoristica), invisibile all’utente ma essenziale per accedere ai servizi; altro fattore da presidiare sin dalla programmazione è la sicurezza dei dati personali degli utenti. Di seguito sono descritte tutte le fasi del processo per la creazione dei servizi dello user journey durante la visita.

Arrivo Infrastrutture Visita consultazione Servizi collaterali
  • Gestione accessi
  • Indicazione di servizi, percorsi e aree funzionali
  • Acquisto, emissione, controllo titolo di ingresso
  • Consegna device di accompagnamento
  • Invio suggerimenti di visita / consultazione / attività extra in base alla profilazione dell’utente
  • Controllo sicurezza, antifurto, capienza per sala
  • Tracciamento dei flussi degli utenti
  • Gestione emergenze (furto, incendio) e assistenza sanitaria
  • Offerta di servizi collaterali (abilitazione Wi-Fi, utilizzo infrastrutture tecnologiche, etc.)
  • Offerta di servizi “core” (visita, prestito, consultazione, etc.)

  • Offerta contenuti / percorsi personalizzati

    in base alla profilazione dell’utente

  • Abilitazione al salvataggio e download dei contenuti preferiti

  • Abilitazione all’upload dei contenuti, validazione e pubblicazione degli stessi

  • Offerta di esperienze di gaming/contest

  • Abilitazione all’accesso al catalogo di prestito / acquisto
  • Formalizzazione acquisto, spedizione, consegna o download prestiti / acquisti
  • Offerta di suggerimenti di approfondimento dei contenuti, di acquisto attività e servizi extra complementari

Tabella 7. Mappatura dei processi relativi allo user journey – Durante la visita

Altrettanto importante per la fidelizzazione degli utenti è la gestione delle attività post-visita. In questa fase del processo è necessario dotarsi di tecnologie e applicazioni per analizzare i dati comportamentali, le preferenze e i giudizi degli utenti, altrimenti i servizi realizzati potrebbero essere inefficaci o poco ingaggianti. Inoltre si dovranno scegliere con accuratezza le applicazioni e i servizi che consentono di coinvolgere gli utenti in attività in cui possano avere un ruolo attivo, pur non essendo più fisicamente presenti (tipicamente i servizi ad alto valore aggiunto). Di seguito sono descritte nel dettaglio le fasi del processo post-visita.

Recall Servizi collaterali Analytics Engagement
  • Offerta di contenuti che ripropongono l’esperienza
  • Offerta di suggerimenti di approfondimento dei contenuti, di acquisto attività e servizi extra
  • Abilitazione utente all’interazione con i contenuti (user generated content)
  • Abilitazione pubblicazione feedback utente
  • Offerta di suggerimenti d’acquisto/prestito
  • Offerta di scontistica su acquisti, prestiti multipli, nuovi prestiti disponibili
  • Abilitazione all’accesso al catalogo di prestito/acquisto
  • Abilitazione e formalizzazione pagamento prestiti
  • Spedizione, consegna o download prestiti/acquisti
  • Assistenza all’utente e reclami
  • Analisi delle preferenze e delle abitudini per target
  • Analisi dei tempi di visita e consultazione degli utenti
  • Analisi dei contenuti fruiti e consultati dagli utenti
  • Analisi di prestiti e acquisti effettuati
  • Analisi dell’engagement sui social media
  • Coinvolgimento nelle attività dell’istituzione culturale (fundraising, crowdfunding)
  • Offerta di membership o abbonamento

Tabella 8. Mappatura dei processi relativi allo user journey – Post visita

In conclusione, nel disegnare lo user journey sarà necessario prendere in considerazioni tutte le fasi del processo, anche se affrontate con servizi digitali minimali; diversamente, scegliere da un catalogo di servizi cosa implementare senza aver chiaro l’intero processo può vanificare l’efficacia del servizio realizzato/acquistato.

La definizione di prodotti e servizi digitali

Per migliorare e innovare la gestione del patrimonio digitale, oggi basata principalmente sull’offerta di prodotti (risorse digitali derivanti da digitalizzazioni, prodotti editoriali, prodotti espositivi, ecc.), va intrapreso un percorso sfidante di design di servizi e modelli per la creazione di valore culturale, sociale ed eco nomico.

Il primo passo è quello di delineare il posizionamento preliminare di tali servizi nei relativi processi, per avere una solida base su cui fondare la programmazione.

Per condurre quest’operazione in modo efficace ed efficiente si presentano tre diverse classificazioni dei prodotti realizzabili e dei servizi digitali erogabili in formato digitale, basati sui dati e sulle risorse digitali del patrimonio culturale, ovvero:

  1. Classificazione per cluster di servizi, definiti sulla base di un approccio metodologico funzionale alle attività e agli obiettivi proposti nel PND [10]:
    • Servizi digitali di consumo (servizi con i dati) - afferiscono alle funzioni di ricerca e condivisione delle informazioni disponibili in formato digitale dal lato della fruizione (perciò sono definiti “di consumo”), prevedendo la possibilità che gli utenti accedano ai contenuti presenti nelle piattaforme;
    • Servizi digitali per la creazione di contenuti (servizi con i dati) - afferiscono alle funzioni di ricerca e condivisione delle informazioni disponibili in formato digitale dal lato della “creazione”, prevedendo la possibilità che gli utenti elaborino e condividano contenuti propri;
    • Prodotti e servizi digitali a valore aggiunto (prodotti e servizi sui dati) - contenuti digitali rielaborati con un valore aggiunto che possono sostanziarsi in forme diverse. Questa categoria include infatti sia le banche dati che i prodotti, fisici e digitali, elaborati per finalità espositive, educative, editoriali o commerciali;
    • Servizi digitali per la gestione (servizi a lato dei dati) - includono i servizi [11] dedicati alla gestione del patrimonio, delle attività istituzionali e funzionali alle attività di fruizione dei luoghi della cultura (prenotazione, ticketing, pagamenti, segnalazioni, ecc.).
  2. Classificazione per target di utenza, che definiscono la composizione della domanda nel mercato dei servigi digitali:
  • Servizi Business-to-Institutions (B2I) - destinati sia ad enti pubblici (Istituzioni pubbliche, Enti di formazione pubblici, Enti culturali pubblici) che privati senza fine di lucro (Enti di formazione privati, Enti culturali privati);
  • Servizi Business-to-Business (B2B) - rivolti ad imprese, professionisti, enti del terzo settore;
  • Servizi Business-to-Consumer (B2C) - progettati per i singoli utenti privati potenzialmente interessati.
  1. Classificazione per livello di complessità della tecnologia sottostante, partendo dall’assunto che gli istituti intenzionati a usufruire/offrire i prodotti/servizi descritti dovranno dotarsi di tecnologie idonee [12] e del relativo bagaglio di competenze digitali per poterle gestire. Va premesso che tale schema di classificazione è frutto di attribuzioni empiriche, dettate dall’esigenza di creare cluster omogenei. Molte tecnologie citate possono infatti essere sviluppate/utilizzate con livelli di complessità variabile, non essendo intrinsecamente semplici o raffinate: a titolo esemplificativo, un CRM (Customer Relationship Management [13]) semplice può essere realizzato in autonomia tramite delle macro dell’applicativo Excel, uno medio con una soluzione SaaS (Software as a Service [14]) come Hubsoft, uno complesso con una soluzione SaaS come Sharepoint o Salesforce.

Ciò premesso i cluster sono i seguenti:

  1. Servizi a basso impatto tecnologico - servizi che richiedono una base tecnologica elementare (a titolo esemplificativo e non esaustivo le tecnologie del web 2.0, i database relazionali e non relazionali, i sistemi di restituzione basati su query full text, la produzione di open data fino al livello 3 [15], i CMS [16], i social network, l’uso di newsletter, ecc.);
  2. Servizi a medio impatto tecnologico - servizi che necessitano di una base tecnologica di livello medio (a titolo esemplificativo e non esaustivo le tecnologie per la produzione di open data di livello 4, l’interoperabilità attraverso web service, i CRM [17], i tour virtuali non interattivi, le soluzioni di e-commerce, i GIS, ecc.);
  3. Servizi ad alto impatto tecnologico - servizi che esigono una base tecnologica complessa (a titolo esemplificativo e non esaustivo le tecnologie del web semantico, le tecnologie del Web 3.0 e del metaverso, l’interoperabilità attraverso API, le architetture applicative a microservizi, la produzione di open data di livello 5, i sistemi di restituzione basati su motori semantici, la realtà aumentata, le soluzioni di digitalizzazione e rendering di contenuto, le soluzioni per la gestione del processo dei dati – ETL, Data Lineage, le soluzioni di analisi dei dati basate sull’intelligenza artificiale, l’automazione dei processi, ecc.).

Nella progettazione dei servizi digitali sarà necessario valutare attentamente sia i target di riferimento - al fine di individuare il più corretto modello di gestione - sia il grado di maturità digitale dell’ente, per comprendere il livello tecnologico minimo che il luogo della cultura deve presidiare per poter erogare il servizio nel tempo.

Nei paragrafi successivi vengono forniti maggiori dettagli sui prodotti realizzabili e i servizi erogabili in formato digitale, sviluppati a partire dalla prima delle tre diverse classificazioni sopracitate.

Nel capitolo seguente (cfr. cap. Possibili modelli di gestione), invece, viene presentata l’analisi dettagliata dei modelli di gestione e delle modalità di fruizione per ciascun cluster di prodotti e servizi.

Servizi digitali di consumo

La prima categoria funzionale di servizi digitali è rappresentata dai servizi “di consumo” che, nella prospettiva di fruizione dei contenuti digitali da parte degli utenti, esprimono le possibilità di accedere a contenuti presenti nei sistemi di pubblicazione online.

In linea generale tali servizi si rivolgono a tutte le tipologie di target (B2I, B2B e B2C), anche se i destinatari prioritari sono i singoli utenti che agiscono privatamente o in funzione del proprio ruolo professionale o istituzionale (B2C). In questo processo l’utente è quindi inteso come “consumatore” (consumer).

Nella tabella seguente, per facilitare la comprensione di questa tipologia di servizi e della loro utilità, i servizi digitali di consumo sono classificati per funzione; per ciascuna di esse è stato fornito un esempio associato a un determinato livello di complessità della tecnologia sottostante.

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Tabella 9. Prodotti realizzabili e servizi erogabili in formato digitale: Servizi digitali di consumo

Tali servizi sono in linea di massima già presenti nei siti web degli istituti culturali nella loro versione “base”; l’evoluzione verso forme tecnologicamente più avanzate richiede un’attenta valutazione della capacità di presidio dei singoli istituti [18], sia in fase di progettazione/committenza che in fase di gestione, al fine di offrire servizi che non nascano obsoleti. Difatti, se nell’opinione comune il mondo digitale è sempre all’avanguardia – con i suoi software, dispositivi e piattaforme – l’incessante evoluzione tecnologica comporta il rischio di un rapido declino dei sistemi sviluppati. Le tecnologie impiegate per svolgere una determinata funzione (es. conservare un’immagine in formato digitale) possono “invecchiare” celermente ed essere sostituite da nuovi formati o soluzioni più avanzate che spesso non sono più capaci di gestire i dati archiviati in precedenza, rendendoli inutilizzabili o inaccessibili. Il tema dell’obsolescenza dei servizi offerti è cruciale e gli istituti dovrebbero considerarla con attenzione quando valutano le alternative tra le tecnologie open source rispetto alle tecnologie chiuse, oppure tra gli applicativi SaaS (Software as a Service) rispetto ai sistemi proprietari sviluppati internamente, per individuare le soluzioni che nel medio-lungo periodo sono più resistenti all’obsolescenza.

[18]Cfr. Introduzione alla metodologia per la valutazione della maturità digitale degli istituti culturali, allegato 5 del PND.

Servizi digitali per la creazione di contenuti

La seconda categoria è rappresentata dai servizi digitali che offrono agli utenti la possibilità di generare e condividere contenuti propri in virtù delle loro capacità creative, scientifiche e curatoriali.

Posto che anche tali servizi si rivolgono a tutte le tipologie di target (B2I, B2B e B2C), i destinatari prioritari sono i singoli utenti e i gruppi che agiscono privatamente o in funzione del proprio ruolo professionale o istituzionale (B2C). In un momento storico in cui la rivoluzione digitale sta modificando strutturalmente il modo di produrre, distribuire e condividere i contenuti [19], la relazione tra istituzione e utente viene trasformata. Questo cambiamento è evidente sin dalle funzioni di base, come la fruizione dei contenuti digitali da parte degli utenti: se prima il rapporto tra istituzione e utente era top-down, con l’istituzione che deteneva il ruolo di produttore e l’utente quello di consumatore finale, adesso la medesima relazione è caratterizzata da un sistema di flussi informativi e contenutistici multidirezionali e simultanei, all’interno dei quali operano comunità di utenti prosumer di dimensioni potenzialmente illimitate, per cui diviene utente qualsiasi soggetto interessato alla fruizione (e alla creazione, cfr. par. Servizi digitali per la creazione di contenuti) di contenuti digitali, a prescindere dalla sua natura giuridica o economica.

I servizi digitali per la creazione di contenuti costituiscono, dunque, le fondamenta di un nuovo sistema di accesso ai contenuti – in corso di innovazione e caratterizzato da ulteriori prospettive di crescita – il cui scopo prioritario è promuovere e agevolare la fruizione e la creazione di contenuti digitali.

Nella tabella seguente, per facilitare la comprensione di questa tipologia di servizi e della loro utilità, sono classificate le ulteriori funzioni – non presenti nella categoria precedente (Servizi digitali di consumo) – dei Servizi digitali per la creazione di contenuti; per ciascuna di esse è stato fornito un esempio associato a un determinato livello di complessità della tecnologia sottostante.

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Tabella 10. Ulteriori prodotti realizzabili e servizi erogabili in formato digitale: Servizi digitali per la creazione di contenuti

Tali servizi, una volta implementati in base alle possibilità e alle tecnologie di ciascun istituto culturale, rappresenterebbero un’importante novità rispetto al panorama attuale, in cui la fruizione dei contenuti digitali da parte degli utenti è quasi sempre statica, top-down e poco partecipata.

Per citare qualche esempio virtuoso, portali come Europeana permettono già di interagire con i contenuti (like, condivisione) e di salvarli nel proprio profilo, consentendo di creare gallerie personali; la piattaforma Rijksstudio (Rijksmuseum) permette al pubblico di “collezionare” oltre 700.000 opere del museo (soprattutto quelle non esposte) componendo “studi” personali in formato digitale che chiunque può visitare; sul sito dello Smithsonian Institute gli utenti possono scaricare, modificare e condividere contenuti propri alimentando il catalogo della collezione Remixes, tra cui figurano libri illustrati, opere d’arte o composizioni musicali realizzate dagli utenti con le immagini digitali della collezione Smithsonian.

L’ evoluzione verso una fruizione partecipata e proattiva, grazie all’offerta di servizi digitali per la creazione di contenuti, incrementa il grado di coinvolgimento degli utenti e contribuisce a una maggiore diffusione e valorizzazione del patrimonio culturale, sfruttando le potenzialità del digitale.

[19]L’esperienza recente ha introdotto innovazioni entrate nella filiera nel settore dei contenuti: l’eliminazione delle barriere fisiche e temporali nei processi creativi e distributivi, la diffusione di realtà virtuali e aumentate in grado di estendere la penetrazione dei contenuti stessi su piattaforme digitali, la definizione di innovativi modelli di licenza, la riduzione generale del digital divide, il crescente impulso allo scambio elettronico e alla sperimentazione di nuove modalità di fruizione, l’affermazione di sistemi di pagamento online e di inediti modelli pubblicitari, nonché il ruolo sempre più rilevante giocato dagli utenti nel processo creativo e nella diffusione dei contenuti, grazie alle esperienze di condivisione digitale.

Prodotti e servizi a valore aggiunto

I contenuti messi a disposizione degli utenti possono essere impiegati nella creazione e nella produzione, sia offline che online, di prodotti e servizi a valore aggiunto, quali ad esempio: visite virtuali, documentari, film, installazioni, mostre multimediali, audioguide, quiz, trivial, giochi, workshop, corsi di formazione online, soluzioni di gamification, edizioni digitali in serie limitata, NFTs, siti, portali, app, podcast, audiolibri, chatbot, modelli tridimensionali, ecc.

Tali prodotti e servizi possono assumere forme diverse ed essere destinati a tutte le tipologie di target (B2I, B2B e B2C), in funzione delle loro esigenze specifiche.

In questa sede è utile operare una distinzione in base alla finalità – piuttosto che in funzione della forma – di questi prodotti [20] e servizi, dacché entrambi rappresentano rielaborazioni a valore aggiunto di contenuti digitali relativi al patrimonio culturale, ovvero:

  1. le banche dati;
  2. i prodotti espositivi;
  3. i prodotti educativi;
  4. i prodotti editoriali;
  5. i prodotti commerciali (advertising, merchandising, collectables).

La tabella seguente riporta una descrizione delle diverse tipologie individuate tra i prodotti e i servizi a valore aggiunto, per facilitarne la comprensione delle loro potenzialità.

   
BANCHE DATI
  • Banche dati tematiche (elaborazioni tematiche di collezioni digitali tradizionali)
  • Banche dati di servizio (database contenenti informazioni per un servizio specifico o specialistico – es. banca dati: dei vincoli, dei catasti storici, di rilievi e ricerche, dei restauri, dei modelli 3D, degli e-book, ecc.)
  • Servizi di elaborazione di Big data (es. surveys, profilazioni utenti, dati sull’utilizzo dei servizi, ecc.)
  • Servizi di query e interlinking di dati aperti (es. SPARQL endpoint)
  • User-generated content – Servizi di crowdsourcing (es. processi condivisi di: riconoscimento, folksonomy, catalogazione, metadatazione, trascrizioni di documenti originali, ecc.)
PRODOTTI E SERVIZI ESPOSITIVI, EDUCATIVI ED EDITORIALI
  • Prodotti e servizi espositivi: produzione di exhibit e contenuti multimediali e immersivi on site e online per musei, esposizioni temporanee, percorsi turistici, eventi performativi e culturali (mostre, exhibit multimediali, multisensoriali e immersivi, docufilm, festival/eventi, virtual museums/exhibitions e online guided tours, ecc.)
  • Prodotti e servizi didattici, on site e online (webinar, corsi online, workshop, talk, tutorial, kit didattici, masterclass, streaming di contenuti educativi e musicali, ecc.)
  • Prodotti editoriali, offline e online:
  • editoriali (cataloghi scientifici, mappe tematiche, guide, newsletter, e-book, academic e-publishing, ecc.);
  • audiovisivi (film, produzioni radio-TV, serie, documentari, webseries, podcast e audiobook, scrollytelling, web serie, ecc.)
PRODOTTI COMMERCIALI
  • Advertising (utilizzo a fini pubblicitari di riproduzioni, fisiche o digitali, di immagini e oggetti riferiti al patrimonio culturale)
  • Merchandising (commercializzazione di oggetti e articoli ispirati al patrimonio culturale con l’utilizzo di riproduzioni, fisiche o digitali come stampe, manifesti, oggetti di design, vestiario, fotografie, riproduzioni grafiche e di opere, ecc.)
  • Collectables (vendita di opere originali di Digital Art, NFTs e digital copies)

Tabella 11. Prodotti realizzabili e servizi erogabili in formato digitale – Prodotti e servizi digitali a valore aggiunto

Lo sviluppo di tali prodotti e servizi costituisce un’opportunità fondamentale per gli istituti culturali.

In primis, gli aspetti più importanti derivanti dalla messa a disposizione delle banche dati sono:

  • disponibilità, accesso e partecipazione universale degli utenti;

  • riutilizzo, redistribuzione e interoperabilità sui dati, determinante per consentire a fonti diverse di cooperare insieme e includendo la possibilità di combinare i dati con altre fonti;

    promuovere la conoscenza del settore, rendendo accessibili analisi statistiche, ricerche, KPI, mappe, dashboard e altre informazioni scientifiche e consentendo agli utenti di caricare i propri dati [21].

Inoltre, per quanto attiene ai prodotti espositivi, educativi, editoriali e commerciali, le opportunità di valorizzazione e commercializzazione sono pressoché illimitate: molti dei più recenti sviluppi non esistevano sino a poco tempo fa (es. visite virtuali, on line gaming, webinar, metaversi, NFTs, ecc.).

Oltre a garantire introiti aggiuntivi agli istituti culturali, l’offerta di Prodotti e servizi a valore aggiunto permette agli utenti di confrontarsi e dialogare con il patrimonio culturale con una modalità diversa (immersiva, coinvolgente, innovativa, stimolante, interattiva, personalizzata, ecc.), attirando nuovi segmenti di pubblico.

[20]Si intendono sia prodotti fisici che digitali.
[21]Ottimi esempi sono i database open data di National Archive of Data on Arts and Culture (NADAC) e Data Arts (Southern Methodist University, Dallas), che offrono dati e informazioni sul settore culturale e creativo negli Stati Uniti.

Servizi digitali per la gestione

Si tratta di tutti i servizi la cui erogazione si svolge a lato dei dati, ovvero i servizi dedicati alla gestione del patrimonio (back-end), delle attività istituzionali (front-end) e funzionali alle attività di fruizione dei luoghi della cultura (prenotazione, bigliettazione, pagamenti, segnalazioni, controllo accessi, ecc.).

Tali servizi, suddivisibili in servizi di front-end per gli utenti e servizi di back-end per gli enti, sono, per loro stessa natura, destinati prioritariamente alle istituzioni culturali (B2I) e agli utenti (B2C).

La tabella seguente riporta una descrizione dettagliata dei principali servizi digitali per la gestione dei luoghi della cultura, da affiancare alle singole fasi dello user journey (prima, durante e dopo la visita), per facilitarne la comprensione e coglierne l’utilità.

Servizi di front-end per gli utenti
  • Sito web
  • Prenotazione
  • Bigliettazione (smart ticket, QR code, braccialetti rfid, ecc.)
  • Pagamento digitale (carte di credito, Paypal, Apple Pay, ecc.)
  • Sistema di Alerting & Recommendation (prossimità opere, code, gestione attese, ecc.)
  • Controllo accessi e titoli
  • Servizi abilitati dalla segnaletica digitale (wayfinding, advertising, altri servizi informativi)
  • Servizi di accompagnamento alla visita e di fruizione dei contenuti su dispositivi digitali, anche per utenti con disabilità (tablet, app, audioguida, robotica, wearable devices, sottotitolazione in digitale, traduzione automatizzata multilingue, ecc.)
  • Servizi per esperienze virtuali durante la visita (interfacce sensoriali, realtà virtuale e aumentata, ologrammi, avatar conversazionali, ecc.)
  • Servizi didattici on-line e onsite (laboratori stampa 3d, ricostruzioni virtuali, tavoli interattivi, ecc.)
  • Comunicazione e interazione pre/on/post visita (chatbot, notifiche push, SMS, social network, newsletter, podcast)
  • Piattaforma per le micro-donazioni (crowdfunding)
  • Piattaforma per la vendita elettronica (e-commerce)
Servizi di back-end per gli enti
  • Sistemi gestionali integrati per la gestione dei beni (catalogazione, movimentazione, prestiti, restauro, controllo ambientale, ecc.)
  • Sistemi gestionali per il controllo dei servizi digitali rivolti all’utenza
  • Sistemi per la creazione dei contenuti curatoriali da offrire all’utenza
  • Soluzioni per l’interazione digitale e l’exhibition design: sistema di filtraggio, valutazione e referenziazione (interactive display, installazione olografiche tridimensionali, interfacce sensoriali – soluzioni di riconoscimento visivo – gestuale e vocale, sound system attivabile con movimenti e voce, camera mapping, tavoli interattivi, sculture cinetiche, robotic art, VR, AR e mista)
  • Content Management System (CMS), a diversi livelli di complessità in relazione alla tipologia di dati e oggetti digitali trattati
  • Collection Management Systems (CCMS): servizi di catalogazione, inserimento dei metadati e gestione dei processi
  • Customer Relationship Management (CRM)
  • Analytics e-Business Intelligence
  • Tool di auto-valutazione (impatto, sostenibilità, competenze, ecc.)
  • Sicurezza (contapersone, monitoraggio ambientale, allarme antincendio, monitoraggio intrusioni, sistemi di evacuazione, control room, ecc.)
  • Tracciamento visitatori e opera (indoor positioning e asset tracking)

Tabella 12. Prodotti realizzabili e servizi erogabili in formato digitale – Servizi digitali per la gestione

L’implementazione dei servizi innovativi nei processi di back-end (lato enti) e di front-end (lato utenti), palesa indubbi vantaggi nella gestione dei luoghi della cultura e nell’arricchimento dell’esperienza del visitatore/utente.

È fondamentale che il visitatore possa muoversi liberamente nel corso della visita (non a caso si teorizza il full free flow, ovvero la visita senza alcuna interruzione fisica), riducendo al minimo le interazioni esterne e godendo di piena autonomia decisionale grazie all’utilizzo di dispositivi personali nelle azioni che definiscono l’esperienza, dalla prenotazione al pagamento del biglietto, passando per i controlli di sicurezza e la fruizione dei contenuti, sino agli acquisti nel bookshop. Risulta parimenti fondamentale, in termini di efficienza, l’impiego di sistemi integrati per la gestione dei beni (in primis la catalogazione) e il controllo dei servizi digitali rivolti all’utenza. Per svolgere queste funzioni è determinante implementare i servizi digitali per la gestione, in funzione della complessità dell’istituto (misurabile in termini di dimensioni di spazi e collezioni, consistenza dell’utenza, ampiezza/varietà dell’offerta culturale, ecc.).

Le tendenze più recenti evidenziano che l’esperienza di visita non si esprime unicamente nella tradizionale presenza fisica in un luogo della cultura, ma in una relazione continuativa e durevole tra visitatore e istituzioni, che si ripete nel tempo e ha due dimensioni complementari: quella fisica e quella digitale. I servizi sopracitati, se opportunamente integrati, permettono di far sentire il visitatore in costante contatto con i luoghi della cultura, indipendentemente dal fatto che li abbia visitati in passato o pianifichi di farlo in futuro.

[10]L’approccio metodologico adottato è funzionale alle attività e agli obiettivi preposti: non si tratta di una mappatura statica predefinita, ma di una configurazione relativa e soggettiva, elaborata in funzione delle finalità del PND, ossia quello di governare il processo di digitalizzazione dei beni culturali in funzione della capacità di creare relazioni, e quindi valore, nell’ecosistema della cultura.
[11]Sono inclusi, ad esempio, i servizi finalizzati ad una migliore gestione e conservazione dei contenuti digitali.
[12]Considerata la rapidità del progresso tecnologico, le soluzioni citate sono parziali e in continuo aggiornamento; è quindi opportuno monitorare costantemente le nuove tendenze tecnologiche.
[13]Sono software finalizzati a gestire, analizzare e migliorare le relazioni con gli utenti/clienti.
[14]È un modello di servizio del software applicativo dove un produttore di software sviluppa, opera (direttamente o tramite terze parti) e gestisce un’applicazione web. Con l’utilizzo di SaaS, il software utilizzato non è installato localmente, ma viene messo a disposizione dei clienti tramite una connessione Internet.
[15]Il modello per la produzione e gestione dei dati di tipo aperto, delineato da AGID nelle Linee guida nazionali per la valorizzazione del patrimonio informativo pubblico (2014), consiste in 5 livelli crescenti di qualità degli open data. Cfr. https://docs.italia.it/italia/daf/lg-patrimonio-pubblico/it/stabile/modellodati.html
[16]CMS è l’acronimo di Content Management System, ovvero sistema di gestione dei contenuti. I CMS, come ad esempio Wordpress, hanno il compito di facilitare la gestione dei contenuti di siti web, svincolando il webmaster da conoscenze tecniche specifiche di programmazione Web. Un’azienda può quindi utilizzare un CMS per creare e modificare i contenuti del proprio sito web attraverso un’interfaccia appositamente progettata per la gestione di contenuti.
[17]CRM è l’acronimo di Customer Relationship Management, ovvero gestione delle relazioni con i clienti. I CRM sono software per la gestione centralizzata delle informazioni sui clienti, che aiutano un’azienda nell’acquisizione di nuovi clienti e nella gestione dei clienti già acquisiti. I CRM moderni offrono inoltre la possibilità di seguire l’intera catena di valore, dal fornitore ai partner e collaboratori, fino ai clienti e agli altri stakeholder.

Possibili modelli di gestione

Sulla base dei processi end-to-end individuati (cfr. cap. L’analisi dei processi end-to-end) e dei servizi digitali erogabili (cfr. cap. La definizione di prodotti e servizi digitali), è possibile adottare modelli di gestione [22] capaci di armonizzare l’apertura inclusiva e democratica delle collezioni con gli scopi di valorizzazione, anche economica, del patrimonio culturale digitalizzato. L’obiettivo strategico è la proposizione di modelli di gestione sostenibili nel tempo.

A tal fine sono stati considerati i principali modelli di gestione applicabili al sistema culturale italiano, attingendo ad esempi, buone pratiche e casi afferenti a settori economici diversi, sulla base dei quali sono stati definiti i modelli adatti a ciascun cluster di servizi, associati di volta in volta ai relativi macro-processi.

Questo approccio metodologico propone l’adozione di modelli di gestione ideali per la gestione e la valorizzazione del patrimonio culturale digitalizzato, nel rispetto delle caratteristiche e delle funzioni distintive dei cluster dei prodotti e dei servizi individuati.

Servizio Modello Funzione
Servizi digitali di consumo Libera fruizione (servizio pubblico) Il luogo della cultura eroga un servizio per consentire la fruizione del patrimonio culturale digitale
Servizi digitali per la creazione di contenuti Valorizzazione culturale (servizio pubblico + creazione di valore sociale) Il luogo della cultura eroga un servizio per realizzare un prodotto (non commercializzabile)
Prodotti e servizi a valore aggiunto

Valorizzazione economica

(generazione di profitto / revenue diretta)

Il luogo della cultura eroga un servizio per realizzare un altro servizio (commercializzabile)
Servizi digitale per la gestione

Sostenibilità economica

(efficienza ed efficacia nella gestione dello user journey)

Il luogo della cultura seleziona il modello di erogazione più appropriato per garantire una gestione efficace ed efficiente dello user journey nei luoghi della cultura

Tabella 13. Schema di sintesi: modelli di gestione per tipologia di servizi

Processo 1 | Servizi di consumo - Modello a fruizione pubblica

Nel corso degli ultimi anni numerose istituzioni culturali in ogni parte del mondo hanno promosso la fruizione pubblica dei propri contenuti digitali, consentendone la consultazione, navigazione e talvolta il download, per garantirne la piena accessibilità, promuoverne la conoscenza e incoraggiare le pratiche di condivisione attiva dei patrimoni culturali.

Per quanto riguarda il contesto italiano, esiste una specifica disciplina d’uso delle riproduzioni dei beni culturali, per la cui disamina si rimanda al Quadro sinottico U1-U5 contenuto nell’allegato Linee guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale, in cui sono riportate le discipline applicabili in relazione alle tipologie d’uso in caso di una riproduzione fedele (digitalizzazione) di un bene culturale pubblico in pubblico dominio. Inoltre, si fa riferimento ai capitoli Principi per il riuso delle riproduzioni digitali del patrimonio culturale e dei relativi metadati e Modalità di pubblicazione online delle riproduzioni digitali e scelta delle licenze d’uso da adottare delle medesime Linee guida per gli aspetti riguardanti l’adozione dei principi per il riuso di dati e contenuti digitali e le modalità di pubblicazione online delle riproduzioni digitali e di scelta delle licenze d’uso da adottare.

Ciò premesso, il modello della “libera fruizione pubblica” è il più appropriato per la gestione dei Servizi digitali di consumo, in funzione degli scopi istituzionali di apertura inclusiva e di libero accesso ai contenuti messi a disposizione degli utenti dai luoghi della cultura. In questo caso il concetto di “fruizione pubblica” è da intendersi come accesso libero e gratuito, che prevede la possibilità di consultare e riutilizzare i contenuti digitali per fini non direttamente commerciali (a differenza di quanto avviene con il modello “Open Access” che invece lo consente [23]), in coerenza con le disposizioni normative vigenti in materia [24].

La capacità di garantire un accesso esteso e libero a tutti gli utenti implica l’impossibilità di raggiungere un’autonoma sostenibilità economica di questo cluster di servizi, che non generano alcun ricavo. Il criterio di valutazione applicabile deve essere il medesimo impiegato nei modelli gestionali dei servizi pubblici d’utilità sociale: trattandosi di un servizio pubblico grazie al quale i luoghi della cultura consentono, accrescono e promuovono la fruizione del patrimonio culturale digitale, la sostenibilità economica va ricercata tra i modelli di gestione per tipologia di servizi delineati nella Tabella 5.

Tuttavia, dal punto di vista della convenienza economica, è stato riscontrato che spesso le entrate derivanti dalla vendita delle riproduzioni o dall’incasso dei canoni applicati sul riuso commerciale delle stesse sono irrisorie e quasi sempre inferiori agli effettivi (basti pensare al personale interno) costi di erogazione in house del servizio e/o di gestione amministrativa delle procedure di affidamento della concessione. Per contro, gli istituti che hanno adottato un approccio aperto godono di importanti benefici in termini di marketing, comunicazione, promozione commerciale, afflusso ed engagement dei visitatori e, in generale, di maggiore capacità di attrarre finanziamenti pubblici e privati.

Vanno pertanto considerati con attenzione i ritorni non economici e indiretti (il cui valore monetario, almeno in parte, può essere puntualmente stimato ricorrendo alle metodologie impiegate nella valutazione dei progetti ad alto impatto sociale e in generale nell’impact investing) associabili all’applicazione del modello in questione per la gestione dei Servizi digitali di consumo:

  • conseguimento degli obiettivi di democratizzazione e inclusione sociale e piena attuazione del mandato costituzionale a fornire il più ampio accesso possibile al patrimonio;
  • rafforzamento della reputazione, creando un’immagine positiva delle istituzioni culturali presso i pubblici, i media nazionali e internazionali e le industrie creative (benefici reputazionali);
  • possibilità di incrementare la vendita complessiva di immagini, attraverso una maggiore diffusione e consapevolezza del patrimonio culturale digitalizzato;
  • possibilità di accesso a progetti di sponsorizzazione e partenariato monetari e tecnici più convenienti per gli enti;
  • capacità di stimolare nuove professioni creative con il patrimonio reso pubblico (effetto di promozione/esposizione delle istituzioni culturali su vasta scala).

Si può pertanto affermare che investire su avanzati sistemi di accesso al patrimonio culturale digitale, promuovendo la ricerca e le attività educative e creative, valorizza la missione delle istituzioni culturali e ne aumenta la reputazione (con possibilità di aumentare la capacità di attrare capitale umano), fa emergere la consapevolezza del valore del patrimonio conservato (con possibili ritorni nell’attrazione di finanziamenti), migliora le procedure di gestione interne (con possibili riduzione dei costi di funzionamento) e facilita la creazione di servizi digitali ad alto valore aggiunto (come stimolo per l’indotto).

[23]Per “Open Access” si intende l’accesso libero e senza barriere al sapere scientifico, come dichiara nel 2002 la Budapest Open Access Initiative, i cui principi sono stati in seguito riaffermati dalla Berlin Declaration on open access to knowledge in the Sciences and Humanities.
[24]Come previsto all’art. 108, comma 3-bis del Codice dei beni culturali. Cfr. inoltre Linee guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale, allegato 3 del PND.

Processo 2 | Servizi per la creazione di contenuti - Modello a valorizzazione culturale

Poiché i benefici derivanti dalla liberalizzazione degli usi non commerciali – nella prassi e in letteratura – hanno favorito la fruizione del patrimonio culturale e la condivisione degli obiettivi di democratizzazione e inclusione sociale, meritano di essere approfondite anche le opportunità economiche derivanti dagli impieghi degli utenti delle risorse digitali finalizzati alla creazione di nuovi contenuti digitali (User Generated Content), che palesano ulteriori vantaggi.

Anche nel caso dei Servizi digitali per la creazione di contenuti, una corretta ed efficace gestione è garantita dal modello “a fruizione pubblica”, sempre inteso come accesso libero e gratuito per finalità non direttamente commerciali, con la possibilità di prevedere, tuttavia, la commercializzazione di strumenti connessi alla gestione dei contenuti (es. photo editing tool).

La capacità di garantire un accesso esteso e libero a tutti gli utenti implica l’impossibilità di raggiungere una sostenibilità economica autonoma per questo cluster di servizi, non generando alcun ricavo. Vale anche in questo caso quanto enunciato nel paragrafo precedente sul modello gestionale del servizio pubblico e, in particolare, sui ritorni non economici e indiretti associabili.

Ma, oltre ad essi, è opportuno soffermarsi sui benefici derivanti dalla promozione del riuso dei contenuti per la gestione dei Servizi digitali per la creazione di contenuti (escludendo gli usi commerciali).

Lo sviluppo degli User Generated Content e più in generale dei progetti collaborativi – accomunati dalle caratteristiche di non-rivalità e non-escludibilità del consumo – implica l’assenza di un compenso monetario diretto o di un ritorno garantito dell’investimento effettuato. Mentre in un sistema economico tradizionale caratterizzato dalle dinamiche di investimento-produzione-consumo, gli incentivi monetari sono un elemento fondamentale, l’economia digitale, in particolare la content industry, ha messo in discussione questo paradigma, guardando a modalità alternative di produzione di contenuti che riconoscono maggiore rilevanza a fattori di natura “sociale”, quali:

  • la massimizzazione dell’uso di opere informative, intellettuali e creative;
  • la stimolazione e il coinvolgimento diretto degli utenti, che si impegnano attivamente nella creazione di prodotti culturali e materiali creativi;
  • la promozione e la diffusione di nuove forme di espressione degli utenti (espressione di sé e soddisfazione creativa, affiliazione e connessione con gli altri, costruzione di una reputazione online, rafforzamento dell’autostima, ecc.);
  • l’attrazione di un maggior numero di utenti attraverso la promozione di servizi e funzioni per la generazione di nuovi contenuti;
  • l’esistenza di vantaggi economici indiretti derivanti dallo sfruttamento delle nuove capacità online e dalla redistribuzione dei materiali prodotti dagli utenti.

In conclusione, si può affermare che i principali effetti positivi del modello “a valorizzazione culturale” per i Servizi digitali per la creazione di contenuti sono rappresentati dall’aumento del pubblico che accede ai contenuti artistici e culturali, dalla maggior accessibilità dei medesimi (molte istituzioni espongono quote minime dei propri patrimoni) e dalle esternalità positive delle azioni di marketing e comunicazione godute dagli istituti culturali. Sotto questo profilo appare necessario valutare con attenzione la scelta di affidare tali modalità di valorizzazione esclusivamente alle piattaforme delle grandi aziende cosiddette “over the top”, molto performanti sul piano tecnologico ma opache sui modelli di business collegati [25] e per la forte intermediazione asimmetrica che esercitano tra l’istituzione che le utilizza e gli utenti; la “visibilità” non può essere infatti assunta come unico ritorno per l’amministrazione pubblica.

Nella prospettiva dei visitatori/utenti, lo sviluppo e la promozione di servizi che li coinvolgano nella produzione di contenuti migliora l’esperienza di visita e intensifica il rapporto con le istituzioni, mettendo a disposizione servizi complementari all’esperienza fisica di visita, che valorizzano la proattività e la capacità generativa del pubblico.

[25]Del tutto sconosciuti sono i ricavi che vengono generati dalla monetizzazione dei dati degli utenti operate dalle società cosiddette Big Tech.

Processo 3 | Prodotti e servizi a valore aggiunto - Modello a valorizzazione economica

Oggetto del presente paragrafo sono i Prodotti e servizi a valore aggiunto, derivanti dal processo mediante il quale i luoghi della cultura e/o gli utenti utilizzano i contenuti digitali e li rielaborano con un valore aggiunto per finalità espositive, educative, editoriali e commerciali (cfr. par. Servizi digitali per la creazione di contenuti).

In particolare, in questa sede appare opportuno considerare le politiche fondate sul concetto di “servizio” piuttosto che sulla tradizionale nozione di “prodotto”, consentendo alle istituzioni culturali di governare il processo di riuso a fini commerciali in funzione degli obiettivi prefissati, e nello specifico: massimizzare la diffusione del patrimonio culturale digitalizzato e massimizzare i ricavi derivanti dalla valorizzazione economica dei contenuti digitali per finalità commerciali.

Schematicamente possiamo individuare tre modelli di valorizzazione economica per l’uso e il riuso dei contenuti culturali:

  1. ricavi derivanti dalla concessione/vendita delle riproduzioni dei beni culturali;
  2. ricavi derivanti dalla concessione/vendita dei contenuti creativi generati a partire dai dati messi a disposizione dai luoghi della cultura;
  3. ricavi generati dall’accesso a prodotti e servizi di fruizione.

Il primo modello (a) è quello maggiormente utilizzato dalle istituzioni culturali, dal momento che ricorre a una modalità tradizionale di valorizzazione economica: prevede la corresponsione di una somma monetaria a fronte della facoltà di utilizzare la riproduzione digitale di un bene culturale [26]. Questa modalità è la più utilizzata dai luoghi della cultura, dal momento che non presenta particolari complessità – se non organizzative – nella sua attuazione. Tuttavia, le opportunità di questo modello di gestione sono maggiori quanto più è ricco, variegato e aggregato il sistema di offerta; si pensi a titolo esemplificativo al successo delle banche immagini internazionali (image banks), specializzate nella gestione dei diritti d’autore e delle licenze d’uso di fotografie storiche, riproduzioni di opere d’arte e materiali audiovisivi (ad esempio, Bridgeman Images, Scala Archives, Photoservice Electa). Ma anche in ambito pubblico spiccano gli esempi francesi e tedeschi: oltralpe e in Germana esistono da anni agenzie governative preposte alla gestione centralizzata della vendita dei diritti sulle immagini di beni culturali.

Si riporta, di seguito, un confronto tra le strategie di licensing di una selezione di soggetti internazionali di natura pubblica e privata. In particolare, nella Tabella 6 sono sintetizzati gli elementi distintivi della strategia di due banche immagini private, selezionate in funzione della loro specializzazione (riproduzioni di opere d’arte e immagini del patrimonio culturale) e del loro riconoscimento nel settore: Bridgeman Images, azienda inglese fondata nel 1972, conta oltre 350 musei e 1200 artisti partner, mentre Scala Archives, azienda italiana nata nel 1953 a Firenze, offre un catalogo di oltre 300.000 immagini. La Tabella 7, invece, presenta i casi di due agenzie nazionali, RMN Grand Palais e BPK-Bildagentur, selezionate per fornire esempi europei di agenzie governative, operanti da diversi decenni, preposte alla gestione centralizzata dei diritti sulle immagini di beni culturali.

  Bridgeman Images Scala Archives
Oggetto del servizio Licensing per le immagini dei musei - gestione dei diritti delle immagini per conto dei legittimi titolari (case d’asta, artisti, gallerie, istituzioni, biblioteche, musei, fotografi, picture library, collezioni private, università), i quali possono affidare in gestione a Bridgeman una selezione di immagini oppure l’intero copyright.

Licensing per le immagini dei musei - archivio di immagini d’arte che opera come gestore e intermediario tra musei e case editrici, offrendo diversi servizi:

  • promozione e marketing internazionale
  • indicizzazione dei soggetti e traduzione delle didascalie
  • digitalizzazione di alta qualità
  • protezione dei file digitalizzati
Modello di gestione Licensed-income share, che prevede la condivisione di una parte significativa delle entrate derivanti dalle licenze con i soggetti fornitori di immagini. Licensed-income share, che prevede la condivisione di una parte significativa delle entrate derivanti dalle licenze con i musei fornitori di immagini.
Modello di ricavo Revenue share, in base al quale promuove le immagini di artisti/creator, gestendo i loro diritti d’autore e restituendogli una percentuale dei compensi ricevuti. Revenue share, in base al quale promuove le immagini dei musei presso la clientela internazionale, gestendo i loro diritti d’autore e restituendo una percentuale dei compensi ricevuti.

Tabella 14. Strategie di licensing di due banche immagini private – Bridgeman Images VS Scala Archives

  RMN Grand | **BPK-Bildagentur Palais** [27] | [28]
Oggetto del servizio Database con 800.000 immagini di opere di musei francesi e internazionali. Database con 12 milioni di immagini di opere di musei tedeschi e internazionali.
Modello di gestione
  • Creazione immagini, documentazione e indicizzazione, controllo qualità, commerciale e gestione delle vendite (oltre 16.000 clienti attivi).
  • Vendita online di immagini proprietarie (musei francesi) e di terzi (musei internazionali), anche tramite agenzie.
  • Per i musei: distribuzione delle immagini nel mercato tedesco.
  • Per il pubblico: acquisto di immagini per usi commerciali; ricerca customizzata con un gruppo dedicato.
  • Per proprietari di archivi: possibilità di utilizzare l’archivio per conservare immagini di valore, digitalizzate e messe online.
Modello di ricavo

Commercializzazione diretta di immagini proprietarie + licensed revenue share per le immagini dei soggetti rappresentati (agenzie/musei internazionali).

  • Tariffe variabili in funzione delle modalità e tipologie di utilizzo

Commercializzazione diretta di immagini proprietarie + licensed revenue share per le immagini dei soggetti rappresentati (agenzie/musei internazionali).

  • Tariffe variabili in funzione delle modalità e tipologie di utilizzo

Tabella 15. Strategie di licensing di due agenzie nazionali – RMN Grand PalaisVS BPK-Bildagentur

Un’evoluzione di tale modello è rappresentata dai soggetti che accanto alle immagini commercializzano anche i diritti d’uso di tutti i contenuti creativi sviluppati da un’ampia moltitudine di autori/contributori (b) (si pensi al caso di Getty Images), con logiche pressoché identiche.

Come è noto, queste società globali – analogamente alle aziende che pubblicano i contenuti dei cosiddetti creators (dagli youtuber agli instagrammer) – gestiscono i diritti sulle immagini, sui video, sugli audio e sugli scatti fotografici (completi di metadati) con modelli di revenue share che prevedono la retrocessione di una percentuale del prezzo di vendita dei file commercializzati ai singoli luoghi della cultura (musei, biblioteche e archivi), agli artisti e ai creativi proprietari delle opere riprodotte.

In pratica le società commercializzano le riproduzioni digitali e le relative licenze d’uso (rights management) gestendo immagini/audio-video/banche dati [29], in cui buona parte dei processi di distribuzione e intermediazione (dalla richiesta dei preventivi all’emissione dei contratti, sino ai pagamenti) è automatizzata e gestita attraverso canali e soluzioni digitali.

Difficilmente questo modello può essere adottato da un singolo istituto, dal momento che l’attrattività per l’utente è rappresentata dalla quantità, varietà e qualità dei contenuti disponibili; andrebbe semmai valutata - come alternativa non esclusiva all’aggregazione a un soggetto pubblico - l’ipotesi di siglare accordi con le grandi società che veicolano contenuti a pagamento, avendo cura di valutare con attenzione ogni clausola del contratto di servizio affinché sia bilanciata l’inevitabile asimmetria informativa e sia assicurato l’interesse pubblico dell’operazione.

Di seguito, a titolo esemplificativo, si schematizza il modello di gestione della società Getty Images, un caso gestionale utile per esemplificare i concetti e gli aspetti trattati

  Getty Images
Oggetto del servizio
Modello di gestione
  • Licensed-income share, che prevede che i contributors (detentori del copyright) carichino contenuti per i quali ricevono una royalty nel momento in cui un cliente acquista una licenza.

https://www.gettyimages.it/workwithus

   
Modello di ricavo
  • Licenze individuali - per singole immagini ricercate dagli utenti (piccole, medie, grandi dimensioni); prezzi dai 175 ai 475 euro per download.

    https://www.gettyimages.it/piani-e-prezzi

  • Pacchetti di licenze - immagini disponibili da 5 o 10 download (piccole, medie, grandi dimensioni). Con il pacchetto, il download di un’immagine costa meno rispetto all’opzione con licenza individuale.

    https://www.gettyimages.it/piani-e-prezzi

  • Premium Access - piano che consente di accedere a Getty Images e iStock, caratterizzato da massima flessibilità, download e accessi illimitati.

    https://www.gettyimages.it/solutions/it/premium-access

  • Getty Images Music - usufruibile con il piano Premium Access, previo pagamento di una quota, con cui si accede al download di tutti i contenuti audio.

    https://www.gettyimages.it/about-music

  • Custom Solutions - possibilità di creare una libreria di contenuti personalizzati e di prenotare un servizio su misura, con la collaborazione degli oltre 300.000 creativi da tutto il mondo di Getty Images e iStock.

    https://www.gettyimages.it/solutions/it/custom-solutions

  • Strumenti e integrazioni per ottimizzare il lavoro:

  • plug-in ed estensioni - integrazione intelligente con Dropbox, Wordpress, InVision, e altro ancora.

  • Media Manager (Brandfolder) - sistema di gestione dei file basato sull’AI, facile da utilizzare, personalizzabile e altamente affidabile.

  • Integrazione con Adobe Creative Cloud - ricerca di immagini e video senza uscire dal programma di design.

  • API intuitivo e potente - grazie alla completa integrazione delle app, i contenuti e l’esperienza di Getty Images sono a disposizione degli utenti.

  • iStock Affiliates Program - una API personalizzabile consente ai proprietari di altri siti web di mostrare facilmente e dinamicamente i contenuti di iStock ai loro utenti, guadagnano commissioni quando l’utente effettua un acquisto.

    https://affiliates.gettyimages.com/

Altri servizi

Servizi che prevedono funzioni destinate a target diversi e più ampi, caratterizzati da prezzi più accessibili ed una maggiore libertà d’utilizzo dei contenuti:

Tabella 16. Strategie di licensing: Getty Images

Accanto ai due precedenti modelli di gestione, fondati sulla concessione/commercializzazione di immagini e contenuti (Licensing), nella tabella seguente sono descritti ulteriori modelli di valorizzazione economica (c) applicabili ai diversi cluster di prodotti e servizi illustrati in precedenza (cfr. cap. La definizione di prodotti e servizi digitali) e nello specifico:

  • Fruizione pubblica - Il modello prevede un accesso libero e gratuito, con la possibilità di riutilizzare i contenuti digitali per fini non direttamente commerciali, in funzione degli scopi intrinseci di accessibilità e apertura inclusiva rispetto ai contenuti messi a disposizione dai luoghi della cultura.
  • Licensing - Modello tradizionale di valorizzazione economica, che comporta il versamento di un corrispettivo monetario a fronte della facoltà di utilizzare un bene o un servizio digitale.
  • Open licensing - Modello “a licenza aperta”, che consente agli utenti di utilizzare gratuitamente e liberamente un prodotto o un servizio digitale, a seconda della licenza Creative Commons vigente, anche generando opere derivate o User Generated Content.
  • Freemium - Modello con due o più varianti qualitative del prodotto da distribuire (o del servizio da erogare) a prezzi differenziati: viene messa gratuitamente a disposizione la versione base del prodotto/servizio (free), mentre per usufruire delle versioni superiori (premium), che includono funzioni aggiuntive, l’utente deve corrispondere importi correlati al loro valore scalare.
  • Membership - Modello commerciale a lungo termine, il cui obiettivo primario è la creazione di una relazione duratura tra utente e organizzazione: gli utenti versano un determinato importo, sottoscrivendo un programma di membership (perciò il modello è detto anche “subscription”), per diventare membri di un’organizzazione.
  • Pay-per-view - Modello alternativo al precedente, che consente agli utenti di fruire di un prodotto o servizio accedendo a singoli contenuti a pagamento, senza necessariamente acquistare un pacchetto o sottoscrivere un abbonamento.
  • Free market - Con questa espressione si intende un modello basato sull’equilibrio tra domanda e offerta definito dalle dinamiche di un’economia di mercato, nel nostro caso con riferimento a due mercati specifici: quello degli NFTs e quello delle Digital Copies.
CLUSTER DI PRODOTTO MODELLO DI GESTIONE ESEMPI
Banche dati

Banche dati tematiche: OPEN LICENSING

Gli utenti accedono gratuitamente alle media library e possono riutilizzare i contenuti liberamente, a seconda della licenza Creative Commons vigente, anche generando opere derivate o User Generated Content.

The Metropolitan Museum of Art [30]
 

Banche dati di servizio e Big data: FREEMIUM

Il modello comprende tre tipologie di servizi:

  1. accesso limitato - servizio di base, limitato (no download, no riutilizzo), supportato da inserimenti pubblicitari (ad-supported) e gratuito (free);
  2. abbonamento - servizio ad accesso illimitato e a pagamento, declinato in varie formule a seconda dei diversi parametri di utilizzo (formule premium);
  3. pay per view - possibilità di accedere a pagamento a singoli contenuti.
Interpol (Stolen works of art database [31] ) , ArchINFORM [32] , ICONEM [33] , National Center for Arts and Research (DataArts) [34] , Artprice [35] , Bridgeman Images [36] , Getty Images [37] , Spotify [38]
  Servizi di crowdsourcing: LIBERA ACCESSO + MEMBERSHIP V&A Museum (Deciphering Dickens) [39] , Patreon [40]
Prodotti espositivi Digital travelling exhibitions: LICENSING Smithsonian SITES [41]
  Virtual tour: LIBERO ACCESSO Getty Museum - Xplorit [42]
  Online guided tour: PAY PER VIEW Guggenheim New York [43] , Clio Muse Tours [44]
Prodotti educativi

FREEMIUM, con tre tipologie di servizi:

  1. accesso limitato - servizio di base, limitato (no download, no riutilizzo), supportato da inserimenti pubblicitari (ad-supported) e gratuito (free);
  2. abbonamento - servizio ad accesso illimitato e a pagamento, declinato su due piani premium: per singolo programma (quota mensile variabile per programma) o per pacchetti di corsi/programmi (quota mensile/annuale fissa);
  3. pay per view - possibilità di accedere a pagamento a singoli contenuti.
Coursera e MoMA [45] , Van Gogh Museum [46] , Natural History Museum [47]

Prodotti editoriali

(publishing)

FREEMIUM, con tre tipologie di servizi:

  1. accesso limitato - servizio di base, limitato (no download, no riutilizzo), supportato da inserimenti pubblicitari (ad-supported) e gratuito (free);
  2. abbonamento - servizio ad accesso illimitato e a pagamento, declinato in varie formule a seconda dei diversi parametri di utilizzo (formule premium);
  3. pay per view - possibilità di accedere a pagamento a singoli contenuti.
Audible [48] , Kindle [49] , Guggenheim New York [50] , British Museum [51]

Prodotti commerciali –

Advertising

LICENSING “PURO” KelOptic [52]

Prodotti commerciali –

Merchandising

LICENSING “PURO” Van Gogh Museum-Manduka [53]

Prodotti commerciali –

Collectables

FREE MARKET, con due tipologie di servizi:

  1. Modello NFTs - utilizzo di una piattaforma online (marketplace su modello delle aste on-line) di vendita, streaming e download per beni digitali da collezione (collectables) protetti da tecnologia blockchain (videoarte, digital art, NFTs, ecc.).
  2. Modello Digital Copies - creazione, da parte di un soggetto terzo, di riproduzioni digitali del patrimonio culturale, prodotte in serie limitata e in forma non fungibile, i cui proventi delle vendite vengono condivisi con il luogo della cultura detentore dei diritti, secondo un modello di revenue share.
Sedition [54] * , OpenSea* [55] , Whitworth Art Gallery [56] , Hermitage [57] * , LaCollection* [58] , Cinello [59]

Tabella 17. Ipotesi di modelli di gestione per cluster di prodotti/servizi

La Tabella 17 inquadra i modelli di gestione applicabili a ciascun cluster di Prodotti e servizi a valore aggiunto offerti per finalità espositive, educative, editoriali e commerciali, prestando particolare attenzione al loro potenziale in termini di diffusione del patrimonio culturale digitalizzato e di massimizzazione dei ricavi propri.

Ciascun istituto, una volta chiariti gli obiettivi e identificate le soluzioni applicabili, potrà scegliere i modelli di valorizzazione più appropriati in funzione della propria condizione, in termini di grado di maturità digitale iniziale e dell’ammontare delle risorse destinate alla trasformazione digitale, nonché delle opportunità che si presentano in relazione allo sviluppo dei servizi digitali; tenendo presente che la transizione al digitale può offrire agli istituti culturali italiani la possibilità sia di una gestione più interattiva degli spazi, delle installazioni delle collezioni, sia di raggiungere una popolazione più ampia di visitatori e di fruitori di contenuti. Un’offerta digitale, lungi dal poter sostituire l’emozione e il piacere dell’esperienza dal vivo, offre soluzioni intelligenti per arricchire l’offerta culturale, raggiungere target altrimenti irraggiungibili, promuovere la conoscenza delle collezioni e delle attività museali e offrire appaganti occasioni formative.

[26]Questo è il modello che deriva anche dall’applicazione all’ambiente digitale degli art. 107 e 108 del Codice dei beni culturali.
[27]In Francia è stata creata nel 1946 l’agenzia fotografica Réunion des Musées Nationaux – Grand Palais (RMN), un’istituzione pubblica commerciale sotto l’autorità del Ministero della Cultura, ufficialmente responsabile della promozione delle collezioni dei musei nazionali francesi. Da più di 60 anni l’agenzia realizza campagne fotografiche e ora anche audiovisive all’interno dei musei nazionali, realizzando ogni anno oltre 20.000 nuovi scatti per espandere ulteriormente la collezione dell’agenzia, disponibile sul sito web.
[28]In Germania la BPK-Bildagentur (BPK) è un’impresa pubblica fornitrice di servizi media facente capo alla Fondazione Prussiana del Patrimonio Culturale (Stiftung Preußischer Kulturbesitz). Fondata nel 1966, attualmente la BPK offre tutti i servizi di una moderna media bank: con un archivio di oltre 12 milioni di fotografie, possiede una delle collezioni di foto storiche contemporanee più importanti d’Europa.
[29]Bisogna considerare che gli utenti professionali interessati ad utilizzare le immagini sono disposti a pagare per le licenze e i servizi aggiuntivi offerti, come la possibilità di ricercare le immagini e ottenere i metadati.
[30]https://www.metmuseum.org/blogs/digital-underground/2017/open-access-at-the-met
[31]https://www.interpol.int/en/Crimes/Cultural-heritage-crime/Stolen-Works-of-Art-Database
[32]https://www.archinform.net/index.mobi.htm
[33]https://iconem.com/en/
[34]https://culturaldata.org/smu-dataarts/about-dataarts/
[35]https://www.artprice.com/
[36]https://www.bridgemanimages.com/en/
[37]https://www.gettyimages.it/
[38]https://www.spotify.com/it/
[39]https://www.vam.ac.uk/research/projects/deciphering-dickens#overview
[40]https://www.patreon.com/
[41]https://www.sites.si.edu/s/
[42]https://www.xplorit.com/the-getty
[43]https://www.guggenheim.org/group-visits
[44]https://cliomusetours.com/
[45]https://www.coursera.org/moma
[46]https://www.vangoghmuseum.nl/en/art-and-stories/children
[47]https://www.nhm.ac.uk/schools/virtual-workshops.html
[48]https://www.audible.com/
[49]https://www.amazon.it/kindle-dbs/hz/subscribe/ku
[50]https://archive.org/details/guggenheimmuseum
[51]https://www.britishmuseum.org/research/publications/online-research-catalogues
[52]https://www.trendhunter.com/trends/keloptic
[53]https://www.vangoghmuseum.nl/en/about/collaborate/van-gogh-museum-brand-licenses/collaboration-license-partners/manduka-x-van-gogh-museum
[54]https://www.seditionart.com/
[55]https://opensea.io/
[56]https://whitworth.vastari.com/theancientofdaysnft
[57]https://www.theartnewspaper.com/2021/09/13/we-have-no-doubt-nfts-are-art-after-selling-tokenised-leonardo-hermitage-plans-exhibition-of-born-digital-works.
[58]https://lacollection.io/about/
[59]https://www.cinello.com/it/

Processo 4 | User journey nei luoghi della cultura

Per quanto riguarda i Processi di gestione dello user journey, non è possibile descrivere tutti i modelli di gestione associabili, considerando l’eterogeneità dei luoghi della cultura, la varietà dei servizi erogabili e le diverse conoscenze sottostanti. Inoltre, come ricordato in precedenza, il presente documento si focalizza sui processi e servizi che attengono alla valorizzazione dei dati.

Si riportano le principali modalità di erogazione dei servizi digitali legati allo user journey:

  • gestione internalizzata (insourcing) con piattaforme e prodotti tecnologici personalizzati (custom). Questa modalità è adottata dagli istituti autonomi che possono assicurare la sostenibilità temporale delle piattaforme prescelte attraverso l’incasso diretto degli introiti dei servizi. I limiti di tale soluzione risiedono nella celere obsolescenza delle tecnologie adottate e nella forte dipendenza dagli operatori economici che le supportano;
  • gestione esternalizzata (outsourcing) con piattaforme e prodotti tecnologici di mercato gestiti da fornitori esterni. L’utilizzo di soluzioni tecnologiche di mercato riduce il rischio di obsolescenza dal momento che si può beneficiare dell’aggiornamento dei prodotti garantiti dalle aziende produttrici; in questo caso vanno ponderati attentamente i contratti di acquisizione delle diverse soluzioni in relazione ai costi di rinnovo delle licenze e di aggiornamento dei prodotti. Per tale motivo questa soluzione sembrerebbe particolarmente adeguata allo sviluppo di soluzioni centralizzate sviluppate per aggregare i luoghi della cultura più piccoli, che diversamente non avrebbero la possibilità di garantire autonomamente un livello adeguato dei servizi digitali per lo user journey;
  • gestione esternalizzata (outsourcing) attraverso acquisto di servizi SaaS (Software as a Service). Questa soluzione, adatta ai servizi che hanno raggiunto un sufficiente livello di standardizzazione, garantisce la chiarezza della pianificazione degli investimenti e dei costi di gestione, il costante aggiornamento tecnologico del servizio, l’esternalizzazione tramite cloud delle dotazioni infrastrutturali. Optando per questa modalità è necessario soppesare con estrema attenzione il livello di integrazione delle singole soluzioni rispetto all’insieme dei servizi necessari, la portabilità dei dati qualora cambi il gestore del servizio e, soprattutto, le politiche e le condizioni di trattamento dei dati personali attuate dal fornitore;
  • gestione attraverso accordi di partenariato pubblico-privato. Rappresenta l’evoluzione dei sistemi di concessione in essere presso molti luoghi della cultura, che dovranno includere anche l’erogazione di servizi digitali per gli utenti. Particolarmente interessante in tal senso è la possibilità di sviluppare partenariati per l’innovazione [60].
[60]Cfr. art. 65 del Codice dei contratti pubblici: “1. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori possono ricorrere ai partenariati per l’innovazione nelle ipotesi in cui l’esigenza di sviluppare prodotti, servizi o lavori innovativi e di acquistare successivamente le forniture, i servizi o i lavori che ne risultano non può, in base a una motivata determinazione, essere soddisfatta ricorrendo a soluzioni già disponibili sul mercato, a condizione che le forniture, servizi o lavori che ne risultano, corrispondano ai livelli di prestazioni e ai costi massimi concordati tra le stazioni appaltanti e i partecipanti.”.
[22]Per modelli di gestione si intendono i modelli organizzativi e strategici per la valorizzazione dei prodotti e servizi digitali, che consentono agli istituti culturali di erogare tali prodotti/servizi - quasi mai “standard” - in maniera efficiente ed efficace rispetto agli utenti finali. Si è adottata la locuzione “modello di gestione”, invece di impiegare il lemma “erogazione”, dacché la nuova offerta di servizi digitali implica la revisione degli assetti gestionali e degli aspetti meno “visibili” legati alla mera erogazione di un servizio. i

Conclusioni

Il presente documento è aperto e suscettibile di successive integrazioni; non si tratta di una prescrizione mandatoria ma di uno strumento conoscitivo propedeutico alla definizione di un quadro informativo completo e aggiornato, capace di orientare e supportare i processi decisionali dei luoghi della cultura, in un campo fortemente condizionato dal loro attuale grado di maturità digitale. In tal senso la lettura di questo testo è logicamente correlata all’esame del documento dedicato alla sua valutazione [61]: l’elemento fondamentale del processo di design dei servizi è infatti costituito dalla capacità di analizzare il proprio livello di maturità digitale, che rappresenta la base conoscitiva su cui fondare l’intero progetto di trasformazione digitale ed implementare le strategie e le azioni del PND.

La valutazione del grado di maturità digitale (maturity assessment) – che costituisce l’oggetto principale dell’allegato 5 sopra citato – consente infatti di saggiare e misurare le proprie forze iniziali (tecnologie, risorse, persone), comprendere il gap da colmare, predeterminare gli obiettivi, gli investimenti e i tempi necessari per allinearsi agli standard settoriali, monitorare i livelli di attuazione delle misure proposte e ottenere dati quantitativi e qualitativi sugli stati di avanzamento e sulla qualità gestionale dei processi di transizione digitale.

In tal senso, sebbene questo documento richieda un innegabile sforzo ermeneutico, ha il pregio di chiarire le istanze più urgenti, assistendo i luoghi della cultura nell’assunzione di svariate scelte strategiche: quando e perché esternalizzare lo sviluppo di un servizio digitale, quale parte del budget destinare all’innovazione tecnologica, se e perché le tecnologie open source sono preferibili rispetto a quelle chiuse, se e perché le soluzioni SaaS (Software as a Service) sono preferibili rispetto all’implementazione di sistema proprietari, ecc. suggerendo progetti, soluzioni tecnologiche e modelli gestionali che comportano capacità di investimento diverse (basse/medie/alte in funzione del grado di complessità tecnologica misurato in euro investiti e tempi di implementazione) e presuppongono la disponibilità di competenze interne minime, in assenza delle quali sono preferibili alternative fondate su processi aggregativi e cooperativi che valorizzino le missioni istituzionali e i principi dei servizi di pubblica utilità.

[61]Cfr. Introduzione alla metodologia per la valutazione della maturità digitale degli istituti culturali, allegato 5 del PND.

Crediti

Il presente documento è stato prodotto dall’Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale – Digital Library, con il contributo di:

Guido Arnone, Guido Guerzoni, Flaminia Iacobucci, Eliano Lodesani, Tiziana Mancinelli, Antonella Negri, Giovanni Pescarmona, Vittoria Ravagnolo, Valentina Rossetti.

Si ringraziano tutti coloro che hanno partecipato alla consultazione pubblica, dando il loro contributo con note aperte, commenti e osservazioni. Il report finale della consultazione 2022 è disponibile all’indirizzo https://partecipa.gov.it/processes/piano-nazionale-digitalizzazione-patrimonio-culturale/f/144/

Coordinamento: Laura Moro