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8. Parole chiave
I termini che seguono sono stati selezionati dal testo del PND in quanto rappresentano dei concetti chiave necessari per comprendere il contesto culturale e tecnico da cui trae origine il documento. Questa sezione Parole chiave non vuole dunque offrire un “vocabolario” esaustivo o un elenco di definizioni, ma una disambiguazione dei termini e approfondimento dei concetti per aiutare il lettore nella comprensione del significato complessivo del Piano. Per la dichiarazione universale dei diritti umani cfr. https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/file/DICHIARAZIONE_diritti_umani_4lingue.pdf; per la convenzione ONU cfr. https://www.esteri.it/mae/resource/doc/2016/07/c_01_convenzione_onu_ita.pdf. Come ad esempio utenti con disabilità fisiche, cognitive o sensoriali. In merito all’accessibilità fisica in Italia sono stati emanati numerosi decreti e leggi, come il D.P.R. 384/1978, la Legge 41/1986, il D.L. 371/1987, la Legge Quadro 13/1989, il D.M. 236/1989, la Legge Quadro 104/1992, il D.P.R. 380/2001, il D.Lgs. 156/2006, infine anche le Linee Guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi di interesse culturale, pubblicate dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali nel 2008 (MiBAC, 2008), e le Linee guida per la redazione del Piano di eliminazione delle barriere architettoniche (P.E.B.A) nei musei, complessi museali, aree e parchi archeologici, pubblicate nel 2018 dalla Direzione Generali Musei. In merito alle disabilità sensoriali e rimozione delle barriere comunicative, in Italia è stata approvata la Legge 136/2021. Di recente redazione è anche la Legge delega sulla disabilità 227/2021 che ha “L’obiettivo principale di modificare la legislazione sulle disabilità e promuovere la deistituzionalizzazione (vale a dire il trasferimento dalle istituzioni pubbliche o private alla famiglia o alle case della comunità) e l’autonomia delle persone con disabilità”. Per quanto riguarda le regole tecniche cfr.»Linee Guida sull’Accessibilità degli strumenti informatici» redatte da Agid nel 2020, che indirizzano la Pubblica Amministrazione all’erogazione di servizi accessibili ed informazioni fruibili, https://www.agid.gov.it/it/design-servizi/accessibilita. Per la definizione di cloud computing fornita dalla National Institute of Standards and Technology si veda https://nvlpubs.nist.gov/nistpubs/legacy/sp/nistspecialpublication800-145.pdf. Per un approfondimento sulla strategia cloud nazionale si rimanda a quanto pubblicato dal Dipartimento per la trasformazione digitale: https://innovazione.gov.it/dipartimento/focus/strategia-cloud-italia/. https://www.agid.gov.it/it/piattaforme/conservazione. https://bibliotecadigitale.cab.unipd.it/biblioteca-digitale/archivi-istituzionali/digital-preservation-preservazione-digitale. http://transcribe-bentham.ucl.ac.uk/td/Transcribe_Bentham. Linee Guida recanti regole tecniche per l’attuazione del decreto legislativo 24 gennaio 2006, n. 36 e s.m.i. relativo all’apertura dei dati e al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico. Le linee guida in consultazione fino al 17 luglio 2022: https://docs.italia.it/AgID/documenti-in-consultazione/lg-opendata-docs/it/bozza/index.html. Per aggiornamenti le pagine delle Linee guida Agid: https://www.agid.gov.it/it/argomenti/linee-guida. https://www.aib.it/struttura/commissioni-e-gruppi/gruppo-di-lavoro-biblioteche-digitali/2020/82764-nuovo-manifesto-per-le-biblioteche-digitali/. Un approfondimento sul progetto ”Magazzini Digitali” è disponibile al seguente indirizzo: https://www.bncf.firenze.sbn.it/biblioteca/magazzini-digitali/. Decreto ministeriale 21 febbraio 2018, rep. 113 “Adozione dei livelli minimi uniformi di qualità per i musei e i luoghi della cultura di appartenenza pubblica e attivazione del Sistema museale nazionale”, ed in particolare l’allegato “Livelli uniformi di qualità per i musei”, Ambito III” Comunicazione e rapporti con il territorio”; documentazione disponibile all’indirizzo internet http://musei.beniculturali.it/progetti/sistema-museale-nazionale ...
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2.3. Chi (enti coinvolti e team di progetto)
Si occupa della gestione e del funzionamento delle apparecchiature informatiche e dei software, rapportandosi con i sistemisti per eventuali problemi di rete ...
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2.1. Perché (scopi e obiettivi della digitalizzazione)
A partire dagli anni Novanta del secolo scorso sono state condotte importanti campagne di digitalizzazione, spesso in assenza di regolamentazione omogenea e coordinata e con esiti qualitativamente difformi. In questo caso occorre valutare preliminarmente l’opportunità di recuperare le risorse prodotte, includendo anche le risorse native digitali e non solo le digitalizzazioni di materiale analogico, rendendole fruibili secondo le specifiche indicate nelle presenti Linee guida: è quindi necessario, preliminarmente all’attività di digitalizzazione, procedere con uno studio di fattibilità. Si faccia riferimento in modo particolare al profilo applicativo di sistema METS-ECO-MIC che disponibile presso il repository di GitHub Allegati PND [1]. In definitiva, le motivazioni per la digitalizzazione di un bene o di un luogo culturale sono molteplici e ognuna di esse contribuisce a soddisfare differenti esigenze in modo complementare. Per questo motivo è quanto mai opportuno immaginare il prodotto digitale che si ricaverà dalla campagna di digitalizzazione come “proiettato nel futuro”, affinché non sia oggetto di una veloce obsolescenza e il suo livello qualitativo possa dimostrarsi adeguato anche per scopi diversi da quello per cui è stato immediatamente realizzato. [1]. https://github.com/icdp-digital-library/allegati-pnd ...
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2.5. Quando
Lo scenario ottimale in cui avviare una campagna di digitalizzazione è quello in cui i beni siano già stati ordinati, inventariati, e catalogati. I metadati che descrivono l’oggetto digitale devono garantire il collegamento al sistema descrittivo relativo ai singoli ambiti. Se il numero delle figure professionali coinvolte nella campagna di digitalizzazione lo consente, si potrà optare per un workflow in cui la metadatazione avviene durante il processo di digitalizzazione. In ogni caso, per digitalizzare un bene sarà indispensabile avergli assegnato un identificatore univoco (ad esempio il numero di inventario) e accertarsi di aggiornare un elenco o un database di identificativi riconoscibili e facilmente collegabili ad un sistema descrittivo. Per alcuni supporti può essere raccomandabile apporre un’etichetta con un codice univoco (codice a barre, QR code ecc.). Digitalizzare beni non metadatati e/o descritti è fortemente sconsigliato. Questa eventualità potrebbe essere ammissibile nei seguenti casi:. campagne sperimentali orientate a una descrizione del bene eseguita online da una comunità di riferimento adeguatamente identificata (possibili progetti di crowdsourcing) o alla descrizione del soggetto con l’uso di algoritmi di intelligenza artificiale;. metadatazione non eseguita a causa di una impossibile osservazione diretta del bene: in tale caso lo scopo primario della digitalizzazione consiste proprio nel permettere ai catalogatori di procedere alla descrizione. Nel caso di recupero di beni digitalizzati in campagne avvenute nel passato occorre in prima istanza fare uno studio di fattibilità per analizzare e valutare la compatibilità con le presenti Linee guida. Tale studio deve prendere in esame le seguenti attività: recupero delle eventuali descrizioni con indicazione degli standard adottati per la descrizione, analisi dei dati disponibili, mapping dei dati, definizione del processo di recupero, analisi delle digitalizzazioni esistenti e dei legami con le schede descrittive, con una valutazione dei formati disponibili e della loro qualità; definizione del processo di recupero delle digitalizzazioni con valutazione dei costi e piano di lavoro previsto ...
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2.4. Come
Le numerose modifiche tecnologiche hanno reso i supporti audiovisivi sempre più complessi e soggetti all’obsolescenza dei sistemi. Data la natura, unica e comune a tutti i documenti audiovisivi, di essere leggibili esclusivamente attraverso un apparato di intermediazione specifico per ogni categoria di supporto e per ogni epoca di produzione, è necessario, oltre alla corretta conservazione degli originali, anche una approfondita conoscenza delle macchine necessarie al loro corretto utilizzo. Attualmente si possono individuare alcune categorie di supporti audiovisivi in base agli aspetti tecnici di scrittura e lettura utilizzati:. supporti meccanici (cilindri fonografici, dischi ecc.);. supporti magnetici (fili metallici, nastri, cassette, video nastri ecc.);. supporti ottici (videodischi, CD, DVD, BD ecc.). All’interno di ognuna di queste categorie esistono numerose varianti che devono essere di volta in volta individuate, riconosciute e considerate per gli opportuni adeguamenti dei processi di digitalizzazione. Infine, esistono attualmente numerosi documenti audiovisivi “nativi digitali” che non presentano le caratteristiche tecniche richieste per la conservazione e che pertanto devono essere analizzati e convertiti per adeguarli alle specifiche delle presenti Linee guida e della conservazione digitale. Le linee guida dell’International Association of Sound and Audiovisual Archives raccomandano la rappresentazione digitale del segnale analogico con il metodo PCM (Pulse Code Modulation) lineare (interlacciato per stereo) in un file .WAV o preferibilmente BWF.WAV (EBU Tech 3285) per tutto l’audio a due tracce. L’uso di qualsiasi codifica percettiva (“compressione con perdita”) è fortemente sconsigliato. Si consiglia di digitalizzare tutto l’audio a 96 kHz o superiore e con una profondità di almeno 24 bit. La conversione da analogico a digitale (A/D) è un processo di precisione, e i convertitori a basso costo integrati nelle schede audio dei personal computer non sono in grado di soddisfare le esigenze dei programmi di conservazione digitale. Oltre alla corretta conservazione dei supporti audio e video originali, è necessaria anche una approfondita conoscenza degli strumenti di riproduzione ai fini della loro consultazione e digitalizzazione. Nel processo di digitalizzazione dei supporti audio e video è indispensabile documentare con precisione ogni intervento effettuato sui supporti e tutte le scelte tecniche adottate (pulitura del supporto, presenza e ripristino di giunzioni sui supporti magnetici, marca e tipo del lettore utilizzato, specifiche tecniche del sistema di lettura – tipo di pick-up di lettura dimensioni dello stilo per i dischi, ecc.). Per la digitalizzazione è opportuno fare riferimento ai seguenti documenti della IASA:. IASA-TC 04 (2009, 2nd edition), Guidelines on the Production and Preservation of Digital Audio Objects;. IASA-TC 05 (2016), Gestione e archiviazione dei supporti audio e video;. IASA-TC 06 (2019), Guidelines for the Preservation of Video Recordings. 2.4.3.1. Principi generali e standard per la digitalizzazione dei documenti sonori. È importante, ai fini della conservazione dei documenti sonori, che i formati, le risoluzioni, i supporti e i sistemi tecnologici utilizzati rispettino i principi di standard condivisi a livello internazionale e appropriati agli scopi di archiviazione previsti. Le caratteristiche fondamentali del formato digitale prodotto devono rispecchiare i seguenti parametri:. Sampling Rate: la frequenza di campionamento stabilisce il limite massimo della risposta in frequenza del segnale audio; le linee guida internazionali richiamate consigliano l’utilizzo di una frequenza di campionamento minima di 48 kHz con una preferenza per frequenze superiori (96 kHz);. risoluzione (Bit Depth): il numero di bit stabilisce l’estensione della codifica della gamma dinamica di un evento o di un brano sonoro; la codifica a 24 bit permette la rappresentazione di ogni evento sonoro udibile;. formato file audio: lineare PCM (P*ulse Code Modulation*), interleaved stereo wave (estensione del file .WAV). 2.4.3.2. Estrazione del segnale dai supporti originali. Nel processo di digitalizzazione occupa una parte importante l’ottimizzazione del recupero del segnale dei supporti originali, e questo per due ordini di motivi:. il supporto originale potrebbe deteriorarsi e la riproduzione futura potrebbe non raggiungere la stessa qualità o addirittura non essere più praticabile;. l’estrazione del segnale potrebbe costituire un’attività onerosa e lunga, tanto da far preferire un’ottimizzazione al primo tentativo. Altri aspetti importanti di cui tenere conto sono la selezione della copia migliore, la pulitura e il restauro del supporto originale. Il metodo di pulitura più appropriato dipende dal supporto specifico e dalle sue condizioni. 2.4.3.3. Attrezzature di riproduzione. La riproduzione dei supporti audio e video prevede l’utilizzo di una catena di apparecchiature. La combinazione degli strumenti di riproduzione, cavi di segnale, mixer e altri apparecchi di elaborazione audio e video devono avere specifiche di qualità pari o superiori a quelle delle apparecchiature audio e video digitali, sia per la frequenza di campionamento sia per la risoluzione. La qualità delle attrezzature per la riproduzione, dei collegamenti audio, dei formati digitali di destinazione deve essere migliore di quella del supporto originale. È utile tenere presente che tutta l’attrezzatura richiede una manutenzione continua e regolare per mantenerla in buono stato di funzionamento. Tuttavia, poiché le apparecchiature di riproduzione analogica diventano velocemente obsolete, è necessario pianificare l’approvvigionamento dei pezzi di ricambio, considerato che la loro disponibilità è limitata nel tempo. 2.4.3.4. Sistemi per la conservazione. Infine, per richiamare un principio generale presente nelle linee guida della IASA, occorre tenere presente che «le strategie sulla gestione, l’archiviazione a lungo termine e la conservazione dell’audio e il video codificati digitalmente si basano sulla premessa che non esiste un supporto di memorizzazione definitivo e permanente, né ci sarà nel prossimo futuro. Invece, coloro che gestiscono archivi audio digitali devono pianificare l’implementazione di sistemi di gestione e archiviazione della conservazione progettati per supportare processi che prevedano l’inevitabile cambiamento di formato, supporto o altre tecnologie. L’obiettivo principale nella conservazione digitale è quello di costruire sistemi sostenibili piuttosto che supporti permanenti» [11]. [2]. Altre tipologie specifiche di scanner planetari sono: Scanner a piani basculanti; Book scanner; Scanner verticali. [3]. Le curve MTF restituiscono parametri tecnici che permettono di giudicare le qualità di una lente in maniera oggettiva. Tali parametri sono: la risoluzione e il contrasto dell’ottica, il suo astigmatismo e l’aberrazione cromatica laterale, il campo di curvatura e lo spostamento di messa a fuoco. Essi aiutano a comprendere la resa di un obiettivo e in molti casi, a fronte di riproduzioni in cui gli originali hanno un elevato dettaglio fine (per esempio, le incisioni), ne guidano la scelta. [4]. Altre tipologie di documenti cartacei (es. Registri catastali) possono essere scansionati in modo tale da comprendere, all’interno della stessa immagine, tutte le fincature della pagina. [5]. Un altro spazio colore disponibile è sRGB; tuttavia, l’uso di Adobe RGB è preferibile per evitare perdite di informazioni (quali tagli - clipping - nei verdi, rossi e arancioni) che spesso si riscontrano utilizzando sRGB. Adobe RGB è uno spazio colore proprietario il cui utilizzo è comunque consigliato in virtù della sua ampia diffusione; è infatti preinstallato all’interno dei software della maggior parte dei corpi macchina disponibili sul mercato. [6]. Tra i profili colore standard più consolidati e “pronti all’uso”, offerti da varie aziende, è fortemente consigliato l’uso del profilo colore Adobe RGB 1998 (Adobe), o ProPhoto RGB (Kodak), in fase di acquisizione digitale, in quanto offrono un gamut molto largo, progettato per l’utilizzo in fotografia. Questo spazio colore contiene più del 90% dei colori possibili nello spazio CIE L*a*b*, ed il 100% dei colori del mondo reale. Questi spazi colore garantiscono un’accuratezza nel dettaglio del colore che è frutto di anni d’esperienza da parte degli sviluppatori/produttori e del loro impiego da parte degli utilizzatori. Quindi il concetto è: usare lo spazio colore che più e meglio includa e interpreti le informazioni acquisite dalla macchina fotografica. Altro motivo per cui è consigliato l’utilizzo dello spazio colore Adobe RGB o ProPhoto RGB è la ormai larga diffusione su scala mondiale, ragione per cui sulla maggior parte dei mezzi fotografici la scelta del profilo colore da impostare ricade su Adobe RGB o sRGB. Tuttavia, è possibile utilizzare software customizzati per la costruzione di profili colore su dispositivi di acquisizione a patto di garantire i risultati ottenibili con i software di aziende commerciali. [7]. https://www.loc.gov/standards/alto/. [8]. Breuel, T.M. (2007). The hOCR microformat for OCR workflow and results. Ninth International Conference on Document Analysis and Recognition. IEEE, 2007, Vol. 2, pp. 1063–1067. [9]. Si segnalano alcuni software open source che possono essere utilizzati per OCR:. OCR4all - https://github.com/OCR4all. Tesseract - https://github.com/tesseract-ocr/tesseract. Per HTR:. EScriptorium - https://escriptorium.fr/. [10]. Nel 2011, con Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Adozione del Sistema di riferimento geodetico nazionale, 10.11.2011), per agevolare la fruibilità e lo scambio di dati e di informazioni territoriali fra le amministrazioni centrali, regionali e locali, è stato adottato il Sistema di riferimento geodetico nazionale, costituito dalla realizzazione ETRF2000 del Sistema di riferimento geodetico europeo ETRS89, basato sull’ellissoide GRS80 (sostanzialmente coincidente con il successivo WGS84). [11]. IASA-TC 04 (2009, 2nd edition), Guidelines on the Production and Preservation of Digital Audio Objects, p. 90 ...
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2.2. Che cosa (selezione e trattamento del bene)
La scelta dei beni da digitalizzare è un’attività strettamente legata agli obiettivi della campagna di digitalizzazione. Pertanto, all’interno dei singoli progetti, è opportuno adottare criteri di selezione del materiale commisurati agli obiettivi che si intendono raggiungere. Requisito indispensabile per la buona riuscita delle attività di digitalizzazione è che i singoli beni siano stati preventivamente descritti secondo le regole specifiche di ciascun dominio. La descrizione del bene è infatti in grado di informare le stesse modalità di digitalizzazione e di fornire indicazioni in merito a come condurre le attività di digitalizzazione nel modo più appropriato (ad esempio, la descrizione seppur speditiva del bene può essere utile per determinare il numero di scatti necessari e i punti di ripresa ottimali per la rappresentazione di un oggetto fisico). Inoltre, l’attività di digitalizzazione rappresenta un momento prezioso in cui i beni vengono estratti dalle loro condizioni conservative normali, movimentati, eventualmente puliti o spolverati, correttamente illuminati: si creano ciò delle condizioni ottimali per una ispezione approfondita del bene che è precondizione necessaria per una corretta descrizione. Laddove si decida di digitalizzare beni non descritti, sarà opportuno prevedere la descrizione preventiva dei beni da digitalizzare. Alternativamente, e sempre a seconda delle specifiche condizioni di conservazione dei beni, la descrizione può essere effettuata durante il processo di digitalizzazione. In tal caso, occorrerà pianificare attentamente gli aspetti logistici e processuali di cantiere, che prevedono la compresenza di diverse figure professionali presso l’istituto dove avviene la digitalizzazione. A monte di questi processi, le risorse fisiche oggetto di digitalizzazione devono essere preventivamente inventariate. Ad esempio, in riferimento ai beni del dominio catalografico, questi devono essere dotati di un identificativo fisico apposto sulla superficie del bene, elemento che consente l’identificazione univoca dell’oggetto e il collegamento logico con la descrizione catalografica. Il numero di inventario riferito al soggetto conservatore del bene costituirà così il legame univoco fra il record catalografico che descrive la risorsa fisica e il metadato descrittivo che accompagna le risorse digitali. La tipologia, la quantità e la collocazione dei beni individuati determineranno chi (enti coinvolti e team di progetto, cfr. par. Chi (enti coinvolti e team di progetto)) dovrà contribuire al processo di digitalizzazione, nonché le modalità (cfr. par. Come) e la logistica (cfr. par. Dove) dell’acquisizione digitale. I beni da digitalizzare devono essere predisposti in modo da risultare idonei per le diverse fasi dell’attività operativa. Essi devono essere identificati univocamente con un numero d’inventario e devono essere in condizioni conservative compatibili con gli obiettivi previsti. Lo stato di conservazione deve essere documentato, preferibilmente, con una relazione dettagliata (condition report), ed eventuali alterazioni devono essere segnalate e documentate, anche mediante scatti fotografici preventivi. Una valutazione preliminare può indicare la necessità di interventi propedeutici alla digitalizzazione: dalla rimozione della polvere (spolveratura) fino a interventi più rilevanti di conservazione e restauro preventivo. Questo tipo di analisi può essere inserita nella documentazione progettuale, utile per lo studio della fattibilità di progetto. Come prescrivono le norme vigenti nel settore dei beni culturali, tutte le pratiche operative che prevedono interventi o azioni dirette sui beni, digitalizzazione compresa, devono essere autorizzate dall’autorità competente ed eseguite da personale qualificato. Un ulteriore elemento che è necessario considerare nella fase di selezione del materiale da digitalizzare è quello relativo alla presenza di diritto d’autore relativo ai beni digitalizzati o alla presenza di informazioni sensibili: si vedano a proposito le Linee guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale allegate al Piano nazionale di digitalizzazione ...
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2.6. Dove
La campagna di digitalizzazione può essere eseguita sia all’interno che all’esterno dell’ente conservatore. È preferibile avere un centro di riproduzione interno o all’ente conservatore o ad altro istituto affine per tipologia di bene e su base territoriale, logisticamente adatto. In tal caso, alcuni requisiti minimi da rispettare possono essere schematizzati nella maniera seguente:. struttura software e hardware adeguata alla gestione del flusso di digitalizzazione (ripresa – descrizione – salvataggio) e costantemente aggiornata;. personale formato per l’uso dell’attrezzatura;. personale per la movimentazione dei beni;. locali idonei all’installazione dei mezzi di riproduzione. I vantaggi che derivano da questa soluzione sono i seguenti: possibilità di formare il personale (learning by doing), riduzione dei costi di movimentazione e logistica, sicurezza per i materiali da digitalizzare, monitoraggio continuo del processo di riproduzione, ottimizzazione progressiva dei requisiti tecnici della digitalizzazione e scelta della tecnologia più adeguata. Optare, invece, per un laboratorio esterno offre i seguenti vantaggi: riduzione dei costi di acquisto e manutenzione dell’attrezzatura, accessibilità a tecnologie aggiornate. È cura dell’istituto conservatore prevedere la presenza di un proprio responsabile interno per il monitoraggio, il collaudo tecnico, la consegna, la movimentazione, la logistica e l’assicurazione dei beni. Tuttavia, occorre tener presente che questa soluzione riduce le possibilità di accrescere le competenze interne. Esistono anche delle soluzioni ibride, che possono contemplare, ad esempio, la messa a disposizione della ditta esterna dei soli locali in cui effettuare la digitalizzazione o anche di parte del personale e/o attrezzatura. Queste soluzioni offrono vantaggi quali movimentazione e logistica semplificate, accrescimento delle competenze interne, maggiore produttività e, nel caso di noleggio, accesso a tecnologie avanzate ...
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3.1. File immagine
La scelta di conservare il file in formato RAW ha due principali motivazioni:. Rendere il processo di digitalizzazione reversibile, permettendo di risalire al file nativo pre-editing. Nonostante il file TIFF (seppur prodotto a regola d’arte) rappresenti un prodotto di qualità, questo potrebbe non soddisfare esigenze estetiche da parte dell’utente finale (esempi: eliminazione di maschere di contrasto, selezioni dei soggetti, profili colore output, ecc.);. Il file RAW è un file aperto che ci consente di operare sull’immagine acquisita partendo dalla sua genesi fotografica. Considerando quest’ultima caratteristica, il file RAW consente di risalire a informazioni in merito alle scelte di ripresa fotografica che possono risultare utili in campo di ricerca e studio (per esempio nello studio degli archivi digitali). 3.1.1.1. Caratteristiche di un file RAW. Profondità di bit. Un file RAW, demosaicizzato in un programma di conversione RAW quando viene salvato in un altro formato (per esempio TIFF) può essere esportato anche a 16 bit per canale. Se invece si decide di generare con lo scatto un file in formato JPEG, questo sarà creato automaticamente dal software della macchina (partendo sempre da una cattura RAW) a 8 bit di profondità, ossia a 256 livelli di luminosità per canale, cioè poco più di 16,7 milioni di colori. Avere a disposizione un file ricco di informazioni (quindi con una maggiore profondità di bit) è molto utile quando l’immagine richiede regolazioni particolarmente profonde e complesse. Una grande profondità in bit permette di intervenire notevolmente sull’immagine senza incappare nella posterizzazione, ossia nella mancanza di una transizione morbida di colori e toni che compromette la qualità complessiva dell’immagine. Imparzialità del contenuto. RAW in inglese significa «allo stato grezzo»: il RAW contiene tutti i dati provenienti dal sensore, senza esclusioni, senza cioè nessuna compressione. Il file RAW racchiude anche le impostazioni della macchina (ad esempio contrasto, saturazione, temperatura colore, nitidezza, ecc.): per ogni RAW, infatti, la fotocamera crea un file di intestazione contenente le impostazioni della macchina. Questi parametri non cambiano l’immagine, essendo delle pure istruzioni allegate ai dati del file grezzo. Con lo stesso principio vengono salvati anche i metadati, ossia i dati EXIF* relativi alle impostazioni di scatto (ad esempio l’apertura del diaframma utilizzata, la lunghezza focale*, eccetera). Per questo motivo sono in molti a vedere nei file RAW un’analogia con il negativo della fotografia analogica, dal momento che le informazioni raccolte vengono riproposte esattamente come tali. Flessibilità e controllo delle regolazioni. Il fatto che le impostazioni della macchina non vengano direttamente applicate all’immagine generata (proprio perché non esiste ancora un’immagine ma solamente un insieme di dati) presuppone che ciò avvenga in un secondo momento e apre un mondo di possibilità. In pratica il file grezzo richiede uno «sviluppo», ossia la sua conversione. E lo sviluppo consiste proprio nell’applicare, successivamente allo scatto, tutta una serie di impostazioni senza minimamente inficiare il risultato che si sarebbe ottenuto applicandole al momento stesso dello scatto. Così, durante il processo di sviluppo è possibile applicare, ad esempio, le regolazioni della temperatura del colore senza pregiudicare la qualità dell’immagine (la modifica della temperatura colore durante la conversione RAW dà esattamente gli stessi risultati di uno scatto impostato con una diversa temperatura del colore). Naturalmente questo vale anche per gli altri parametri fondamentali, come ad esempio il controllo della saturazione, del contrasto, della nitidezza e dell’esposizione. In generale quindi è possibile, scattando in RAW, avere un notevole controllo su tutti i parametri di scatto non meccanici (intendendo questi il diaframma, l’otturatore, ecc.) che influiscono sulla resa dell’immagine finale. [13]. Nel caso dei file derivati in formato JPEG è sufficiente l’utilizzo dello spazio colore sRGB in quanto le modalità di fruizione dell’immagine digitale, mediata da un monitor o comunque da un altro dispositivo non professionale, non rendono necessario l’utilizzo di specifiche più performanti. [14]. Si segnala che sono in corso iniziative per la standardizzazione di formati immagine, come ad esempio JPG XL o il JBIG2; in questo documento ci si limita a segnalare la loro esistenza in attesa di verificarne il livello di diffusione e di standardizzazione ...
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3.4. File 3D
Le tecnologie 3D applicabili al dominio dei beni culturali sono soggette a una evoluzione molto rapida e sono ancora dipendenti da specifici applicativi. Future versioni del Piano indicheranno standard, metadati e formati raccomandati. Nell’ambito del presente documento non si prescrive un formato 3D standard, ma se ne segnalano alcuni tra quelli utilizzati in progetti di digitalizzazione sui beni culturali:. Bundles webGL (per visualizzazioni interattive su browser);. STL (molto utilizzato per stampa 3D e prototipazione);. Wavefront .OBJ ...
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3.3. File audio
Il formato audio deve essere o WAV o BWF. Si segnala che il formato BWF ha il vantaggio di poter contenere internamente metadati. Il file master digitale deve avere una risoluzione di 96 khz campionati a 24 bit. I file derivati dipendono dalla specificità del progetto di digitalizzazione. Si consiglia di ottenere file compressi in formato MP3 (256 kbit/s o 320 kbit/s) o FLAC (Free Lossless Audio Codex) ...
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3.2. File video
Il file master che deve essere richiesto consiste in un file AVI 2160p 4K. La risoluzione video deve essere 3840x2160px, formato H.264, progressivo VBR (1 passata), destinazione 40,00 Mbps, Max. 40,00 Mbps, audio AAC 48.000 Hz, bitrate 320 kbps, stereo. I file derivati devono essere 1080p/25 fps. La risoluzione video deve essere 1920x1080 px, formato H.264, 25 fps, progressivo VBR (2 passate), destinazione 5,00 Mbps, Max. 5,00 Mbps, audio AAC 44.100 Hz, bitrate 320 kbps, stereo ...
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6.1. Indicazioni generali
La nomenclatura degli oggetti digitali ha come obiettivo principale l’identificazione univoca dei file nel contesto del progetto di digitalizzazione. L’utilizzo di una nomenclatura specifica permette di raggiungere tale obiettivo strutturando una sequenza gerarchica di informazioni che possono essere adattate ai vari domini e alle peculiarità dei diversi progetti di digitalizzazione. Essa consente anche di determinare un legame logico stabile fra gli oggetti digitali e le loro descrizioni. Il modello proposto in queste Linee guida prevede l’individuazione di quattro elementi principali, che possono poi essere eventualmente modificati sulla base di esigenze specifiche relative ai singoli sistemi di gestione delle risorse digitali:. Codice oggetto [49];. Numero progressivo;. Estensione del file. Un quinto elemento, la nomenclatura, è di carattere opzionale, e può essere previsto per i materiali di ambito bibliografico. Questi elementi vanno strutturati in una sequenza alfanumerica (stringa) così articolata:. CodiceIstituto+CodiceOggetto+NumeroProgressivo.EstensioneFile. Il carattere “+” segnala la separazione tra le diverse aree di informazione. Codici identificativi in uso presso gli istituti del MiC che possono essere utilizzati per il Codice istituto possono essere: codice ISIL (ISO 15511), codice ISTAT, codice SBN, codice RISM. Il codice oggetto riporta l’identificativo univoco assegnato alla descrizione dell’oggetto. Può essere un numero o una sequenza alfanumerica. La suddivisione interna di questo codice può seguire una sintassi specifica per uno specifico sistema informativo o una specifica applicazione ...