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Linee guida per il sistema di misurazione e valutazione della performance
L’obiettivo di questo capitolo è fornire elementi di riferimento per il sistema di misurazione e valutazione relativamente alla performance individuale. Per definire il sistema di misurazione e valutazione della performance individuale, si distingue tra:. gli elementi di riferimento, che includono indicazioni su cosa e chi misura e valuta;. il processo, che ripercorre le fasi in cui si articola il ciclo della performance individuale dalla programmazione alla valutazione. Elementi di riferimento per la misurazione e valutazione della performance individuale. La performance individuale, anche ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. 150/2009, è l’insieme dei risultati raggiunti e dei comportamenti realizzati dall’individuo che opera nell’organizzazione, in altre parole, il contributo fornito dal singolo al conseguimento della performance complessiva dell’organizzazione. Le dimensioni che compongono la performance individuale sono:. risultati, riferiti agli obiettivi annuali inseriti nel Piano della performance o negli altri documenti di programmazione; essi sono a loro volta distinguibili, in base a quanto l’amministrazione indica nel proprio SMVP, in:. risultati raggiunti attraverso attività e progetti di competenza dell’unità organizzativa di diretta responsabilità o appartenenza;. risultati dell’amministrazione nel suo complesso o dell’unità organizzativa sovraordinata cui il valutato contribuisce;. risultati legati ad eventuali obiettivi individuali specificamente assegnati;. comportamenti, che attengono al “come” un’attività viene svolta da ciascuno, all’interno dell’amministrazione; nell’ambito della valutazione dei comportamenti dei dirigenti/responsabili di unità organizzative, una specifica rilevanza viene attribuita alla capacità di valutazione dei propri collaboratori. La figura 7 illustra le dimensioni che compongono la performance individuale e la relazione con la performance organizzativa di cui al paragrafo 4.1. La parte gialla racchiude la performance individuale legata ai comportamenti e ai risultati annuali delle componenti declinate sopra. La performance individuale contribuisce alla performance organizzativa complessiva (in blu) che si completa con i risultati degli obiettivi specifici triennali. Per alcuni esempi concreti di come possano essere declinate le diverse dimensioni in varie situazioni si rinvia al box 8. Figura 7 – La schematizzazione della performance individuale e della relazione con la performance organizzativa. Nel proprio SMVP ciascuna amministrazione deve specificare quali sono le dimensioni tenute in considerazione ai fini della misurazione e valutazione della performance individuale e quali siano i rispettivi pesi. Il peso attribuito alle dimensioni della performance Individuale varia in relazione alle attività e responsabilità assegnate all’individuo, ossia con la sua posizione all’interno della struttura organizzativa. Per la costruzione e il funzionamento del sistema di misurazione e valutazione della performance individuale, la mappatura dei diversi ruoli organizzativi all’interno dell’amministrazione è quindi un elemento fondamentale. In particolare essa consente di individuare cluster omogenei di ruoli organizzativi (vedi box 7), posizionandoli rispetto al sistema gerarchico e operativo. I paragrafi 5.1.1 e 5.1.2 entrano nel dettaglio delle dimensioni della performance individuale. Nel SMVP, inoltre, devono essere specificate le modalità con le quali l’intero processo viene formalizzato, per esempio prevedendo la compilazione, in più fasi successive, di apposite schede di valutazione individuali (eventualmente personalizzabili per ciascun livello gerarchico/cluster) nelle quali annotare: gli obiettivi assegnati e corrispondenti set di indicatori con relativi target, i comportamenti che saranno oggetto di valutazione e, successivamente, gli esiti della misurazione e della valutazione. Box 7 – Come utilizzare i sistemi di ponderazione. Un passaggio importante e delicato, nella fase di impostazione del sistema di valutazione della performance individuale, è la determinazione dei pesi attribuiti alle diverse dimensioni della performance individuale. Ciò richiede una riflessione sui seguenti aspetti:. la scelta dei pesi è guidata dalla mappatura dei ruoli organizzativi presenti nell’amministrazione, tenendo conto della struttura organizzativa, della linea gerarchica e della tipologia di attività svolta;. la scelta dei pesi orienta l’azione delle persone e dei gruppi in quanto momento di “comunicazione” delle aspettative. In relazione a questo secondo aspetto si sottolinea che l‘attribuzione dei pesi deve essere quanto più possibile contestualizzata e rispondente ai criteri di specificità e coerenza con la strategia dell’amministrazione. L’utilizzo delle ponderazioni infatti veicola messaggi specifici. Ad esempio:. prevedere un peso significativo per i risultati dell’organizzazione comunica alle persone che si intende sollecitare uno sforzo comune verso traguardi collettivi, incentivando la collaborazione e il lavoro di gruppo;. assegnare invece un peso significativo a obiettivi individuali comunica che lo sforzo della persona deve essere innanzitutto diretto al contesto lavorativo di sua diretta responsabilità;. dare un peso elevato ai comportamenti pone enfasi sul “come” vengono svolte le attività. I risultati. Come già accennato anche nelle linee guida n. 1/2017, appare opportuno che i risultati considerati ai fini della performance individuale siano riferiti agli obiettivi annuali inseriti nel Piano della performance. Nel caso in cui l’amministrazione abbia adottato un piano selettivo, la definizione dei risultati individuali deve essere riferita anche agli altri documenti di programmazione di cui al paragrafo 3. Le linee guida n. 1/2017 hanno infatti introdotto la possibilità per le amministrazioni di avere un Piano selettivo, ossia che non copra tutte le attività e progetti svolti dall’amministrazione. è opportuno precisare che invece i SMVP devono essere completi; le amministrazioni devono quindi prevedere le specifiche modalità di assegnazione, misurazione e valutazione degli obiettivi (sia organizzativi che individuali) a tutte le unità organizzative e a tutto il personale, dirigente e non. Come accennato nel paragrafo precedente, l’amministrazione indica nel proprio SMVP, quali sono i risultati che, per ciascun livello gerarchico/cluster, sono tenuti in considerazione per la misurazione e valutazione della performance individuale. Si sottolinea, inoltre, l’importanza che le amministrazioni si dotino di modalità operative ed organizzative adeguate per la misurazione degli indicatori legati ai risultati onde assicurare l’attendibilità dei dati utilizzati e la coerenza con la performance organizzativa (vedi par. 4.2). L’OIV contribuisce a verificare che anche a livello individuale siano rispettati i requisiti del sistema di indicatori. Il box 8 illustra alcuni esempi di come possono essere definite le dimensioni della performance individuale per i diversi ruoli organizzativi. Box 8 – Le dimensioni della performance individuale. Esempio n. 1- Dirigente apicale (Segretario Generale o Capo Dipartimento), la performance individuale può essere composta da:. risultati:. risultati legati agli obiettivi annuali assegnati all’unità organizzativa di diretta responsabilità (ufficio dirigenziale di livello generale). risultati del ministero nel suo complesso;. eventuali risultati relativi ad altri obiettivi individuali assegnati al Dirigente apicale;. comportamenti. Esempio n. 2 – Direttore generale, la performance individuale può essere composta da:. risultati:. risultati legati agli obiettivi annuali assegnati all’unità organizzativa di diretta responsabilità (ufficio dirigenziale di livello generale);. risultati del ministero nel suo complesso o del dipartimento cui afferisce la direzione generale;. eventuali risultati relativi ad altri obiettivi individuali assegnati al Direttore generale;. comportamenti. Esempio n. 3 – Dirigente di ufficio di livello non generale, la performance individuale può essere composta da:. risultati:. risultati legati agli obiettivi annuali assegnati all’unità organizzativa di diretta responsabilità (ufficio dirigenziale di livello non generale);. risultati della direzione generale e/o dipartimento di appartenenza;. eventuali risultati relativi ad altri obiettivi individuali assegnati al dirigente;. comportamenti. Esempio n. 4 – Personale non dirigente, la performance individuale può essere composta da:. Caso a). risultati dell’ufficio/gruppo di lavoro di appartenenza;. comportamenti;. (non vengono considerati i risultati individuali). Caso b). risultati:. risultati individuali legati a obiettivi relativi ad attività e progetti di specifica competenza del dipendente;. risultati dell’ufficio/gruppo di lavoro di appartenenza;. comportamenti. I comportamenti. I comportamenti sono azioni osservabili che l’individuo mette in atto per raggiungere un risultato. Questa componente che attiene al “come” viene resa la prestazione lavorativa, spesso viene trascurata; è invece importante che sin dalla fase di programmazione, insieme all’assegnazione degli obiettivi di risultato, il valutatore comunichi e formalizzi anche i comportamenti attesi. Per garantire un’adeguata omogeneità metodologica devono essere adottati cataloghi (o dizionari o framework) di riferimento. I cataloghi sono documenti in cui si individuano i comportamenti attesi per ciascun cluster di ruolo organizzativo. I cataloghi descrivono elementi utili a rendere esplicito, sia al valutato che al valutatore, quali comportamenti sono ritenuti determinanti per lo svolgimento dei compiti legati allo specifico ruolo ricoperto. La costruzione del catalogo presuppone un’analisi delle caratteristiche dei diversi ruoli all’interno dell’organizzazione che consenta di individuare i comportamenti chiave, pervenendo ad una conseguente personalizzazione. In mancanza di questa personalizzazione si rischia, da un lato, che si perda la funzione di orientamento e stimolo nei confronti del valutato e che quest’ultimo non percepisca l’effettiva portata della valutazione e, dall’altro, che il valutatore effettui valutazioni eccessivamente soggettive in quanto non ancorate a parametri predefiniti. Pur incentivando la personalizzazione dei cataloghi, in queste linee guida si delineano alcuni requisiti minimi da formalizzare e utilizzare nel SMVP:. associazione tra comportamenti e mappa dei ruoli organizzativi: è importante chiarire quali comportamenti sono utilizzabili per ciascun cluster di posizione. Ad esempio se l’amministrazione ha nel proprio catalogo la leadership come comportamento, questo sarà tipicamente utilizzabile per il personale di livello dirigenziale generale mentre potrebbe essere poco utile utilizzarlo per la valutazione del personale delle aree; in alternativa al medesimo comportamento potrebbero essere associati descrittori diversi (vedi punto successivo) in corrispondenza dei diversi cluster, per tener conto delle specificità di ciascuno di essi;. descrittori dei comportamenti: per ciascun comportamento (ad esempio: capacità di gestire le risorse umane) si descrivono una serie di azioni osservabili considerate significative per illustrare il comportamento atteso. Per la capacità di gestire le risorse umane, ad esempio, si possono declinare le azioni quali “coinvolge il gruppo nel lavoro, spiega cosa fare, come e perché”; “conduce le riunioni interne promuovendo la comunicazione e la partecipazione”; “distribuisce i carichi di lavoro sulla base delle specifiche competenze/capacità dei singoli e alla disponibilità di tempo che i soggetti hanno in quel determinato momento”, etc. I descrittori sono utili sia al valutatore che al valutato per chiarire i comportamenti attesi. è utile avere descrittori diversi in corrispondenza delle diverse scale di giudizio: ciò chiarisce a valutatore e valutato i comportamenti in relazione ai diversi gradi di valutazione. Infine si suggerisce di includere anche azioni ritenute inadeguate e non solo positive;. scale di valutazione: per definire il livello di adeguatezza o meno del comportamento realizzato dal singolo, i cataloghi possono utilizzare scale di giudizio o di valutazione che consentano di “quantificare” in che misura (ad esempio, da eccellente a inadeguato o in una scala numerica da 1 a 5) o con quale frequenza (sempre, spesso, solo a volte, mai) un soggetto ha manifestato e dimostrato, nello svolgimento dei suoi compiti lavorativi, di possedere determinate caratteristiche. Chi valuta la performance individuale. La valutazione della performance individuale è di responsabilità del superiore gerarchico, che può effettuarla con diverse modalità:. valutazione del solo superiore gerarchico: è la modalità più classica di valutazione, la cui logica risiede nel fatto che il superiore, oltre a essere responsabile di tutte le attività dei collaboratori, dovrebbe essere la persona che ha tutte le competenze e informazioni per valutare;. valutazione del superiore gerarchico preceduta da autovalutazione: è la modalità che prevede una fase iniziale di autovalutazione. Gli esiti dell’autovalutazione potranno essere utilizzati, durante i colloqui di valutazione, come ulteriore elemento di confronto e apprendimento tra valutato e valutatore;. valutazione del superiore gerarchico e altre parti: in alcune situazioni il superiore gerarchico può non avere la possibilità di monitorare con continuità le prestazioni dei singoli individui; lo stesso avviene nel caso di collaboratori che svolgono attività molto specialistiche o che richiedano conoscenze e strumenti molto specifici (come quelle svolte nei centri di ricerca, oppure valutazione di collaboratori che utilizzino conoscenze e strumenti molto specifici). In queste situazioni può essere utile che il superiore gerarchico amplii le informazioni in suo possesso per la valutazione coinvolgendo anche figure intermedie a condizione che abbiano diretta visibilità sulla prestazione del valutato. Il processo di programmazione, misurazione e valutazione della performance individuale. Definiti gli elementi di riferimento per la performance individuale, il modello viene attuato attraverso un processo che parte dalla fine dell’anno N-1 (novembre/dicembre) per chiudersi all’inizio dell’anno N+1 (febbraio/marzo). Il processo, in tutte le sue fasi, è un percorso di sviluppo dell’organizzazione e delle persone, i cui attori principali sono i dirigenti e il personale non dirigenziale con funzioni direttive. Per agevolare lo svolgimento del processo di programmazione, le amministrazioni devono predisporre un adeguato supporto, ad esempio, assicurando un’idonea tempistica dei colloqui; fornendo le informazioni rilevanti per i colloqui; raccogliendo a valle le schede di esito; raccogliendo i dati rilevanti per la valutazione delle due componenti di risultato (organizzativa ed individuale). L’OIV verifica che l’intero processo sia svolto in modo conforme al SMVP e che i risultati e i comportamenti attesi siamo coerenti con gli obiettivi organizzativi. Di seguito si illustrano le fasi del processo. Programmazione. Nella fase di programmazione vengono definiti i comportamenti e i risultati attesi (individuali e organizzativi). Stabiliti gli obiettivi annuali, la definizione della performance individuale attesa avviene attraverso un colloquio tra il singolo e il suo superiore gerarchico. La fase di programmazione della performance individuale si concretizza nella formalizzazione da parte del valutatore di tutti gli obiettivi e comportamenti attesi assegnati a ciascun individuo (per esempio mediante l’utilizzo di apposite schede individuali). Misurazioni e colloqui intermedi. Durante l’anno i valutatori e i rispettivi valutati analizzano i risultati intermedi raggiunti e i comportamenti messi in atto. Questo confronto è spesso continuo e informale, ma è opportuno che siano previsti anche colloqui intermedi formali di confronto. L’amministrazione, anche attraverso le misure organizzative citate in precedenza, assicura che siano messe a disposizione preliminarmente le informazioni necessarie ai valutatori relativamente ai risultati organizzativi e individuali. La presenza di questi momenti di interazione intermedi favorisce il coordinamento organizzativo, permette il confronto sulle motivazioni di eventuali scostamenti dalla performance attesa, consente il riallineamento a fronte di cambiamenti sostanziali del contesto di riferimento. Valutazione conclusiva. La fase di valutazione conclusiva si articola in almeno tre momenti distinti:. valutazione da parte dei valutatori (risultati e comportamenti), ricercando la massima trasparenza e dialogo nell’espressione della valutazione stessa. Soprattutto per quanto riguarda i comportamenti, la valutazione viene talvolta condizionata dalla relazione complessiva tra valutato e valutatore, dai fatti accaduti nell’ultima parte dell’anno, da fattori individuali, etc. È necessario che i valutatori siano consapevoli di queste possibili deviazioni e le controbilancino opportunamente. Anche in questo caso è opportuno che siano rese preliminarmente disponibili per i valutatori, anche attraverso le modalità organizzative citate in precedenza, le informazioni relative ai risultati organizzativi e individuali conseguiti;. colloquio di feedback e presa visione delle valutazioni da parte dei valutati, che deve essere gestito non solo come un momento di chiarificazione sulla prestazione del valutato, ma anche come momento di dialogo in cui valutatore e valutato individuano le modalità e le azioni di sviluppo organizzativo e professionale che consentano il miglioramento della prestazione stessa. Le finalità della valutazione sono infatti molteplici. Lo stesso d.lgs. 150/2009 enfatizza l’importanza della valutazione per i percorsi di progressione economica e di carriera, per il conferimento degli incarichi di responsabilità al personale, per il conferimento degli incarichi dirigenziali e relative proroghe. La valutazione, inoltre, può essere presupposto per l’implementazione di interventi formativi ad hoc o per modifiche organizzative che incidano positivamente sulle prestazioni;. eventuale attivazione delle procedure di conciliazione. Box 9 - I colloqui di feedback. Al fine di favorire una gestione strategica delle risorse umane, si raccomanda di prevedere sempre dei momenti di feedback attraverso la possibilità di svolgere dei colloqui intermedi fra valutatore e valutato aventi ad oggetto la possibilità concreta di raggiungere gli obiettivi, il proprio ruolo nella organizzazione, i margini di miglioramento individuale, il management della performance. Oltre ai momenti di confronto previsti in sede di definizione degli obiettivi (colloquio iniziale), revisione (colloquio intermedio), valutazione conclusiva (colloquio finale) le amministrazioni possono prevedere ulteriori momenti di confronto per un’analisi più mirata di eventuali criticità. Sempre allo scopo di dare voce ai valutati, è utile prevedere la somministrazione periodica di questionari sulla percezione del sistema di performance management da parte di tutto il personale. Nella gestione del processo è molto significativo il supporto qualificato che viene dalla Direzione del personale anche nella predisposizione di sistemi informativi, con modelli e format standard, che riducano la produzione cartacea ed incrementino la efficienza del processo. Il processo di valutazione è l’elemento chiave della valutazione individuale, il cui attore, e responsabile, principale è la dirigenza. Il processo, e in particolare i colloqui tra valutato e valutatore, consentono di chiarire le attese, evidenziare i punti di miglioramento a fronte di problemi, ma anche di fornire riscontri positivi in modo diretto. Le amministrazioni hanno già sistemi di valutazione della performance individuale; spesso, però, nella pratica il processo non è coerente con quello sopradescritto, diminuendo la rilevanza della valutazione individuale nel processo di sviluppo delle risorse umane. L’OIV ricopre un ruolo importante nella valutazione individuale a due livelli. Innanzitutto l’OIV effettua una verifica metodologica di adeguatezza del sistema di valutazione rispetto alla tipologia di amministrazione, alla sua storia ed evoluzione. In secondo luogo verifica il corretto svolgimento dei processi di misurazione e valutazione, il cui output è la valutazione del personale. È infatti evidente che il corretto svolgimento dell’attività di valutazione è influenzato in primo luogo dalle modalità con cui sono stati selezionati ed assegnati gli obiettivi, dall’adeguatezza degli indicatori prescelti e dall’affidabilità delle fonti dei dati che li alimentano. Compito dell’OIV, quindi, è quello di assicurare in tutte le fasi del ciclo, ed in particolare in fase di pianificazione e assegnazione degli obiettivi, il proprio supporto metodologico, segnalando all’amministrazione le criticità riscontrate ed i suggerimenti utili per il miglioramento del sistema. L’OIV deve infine effettuare la proposta di valutazione dei dirigenti di vertice in base alle modalità operative definite dall’amministrazione nel proprio SMVP. Nello svolgimento di tale attività, deve garantire un’adeguata partecipazione dei valutati al processo di valutazione nonché la trasparenza e la tracciabilità dell’intero processo. Molto rilevante, come più volte evidenziato, è l’esigenza che l’amministrazione assicuri il supporto al processo di programmazione e controllo mediante adeguate misure organizzative. A tale scopo, in assenza di una struttura dedicata, potrebbe essere opportuno prevedere l’individuazione di appositi gruppi di lavoro trasversali o di una “rete” di referenti presso le varie strutture in cui si articola l’amministrazione che facilitino la comunicazione ed il coordinamento tra tutte le fasi del processo. In questa prospettiva, risulta molto utile anche il coinvolgimento delle strutture che si occupano della gestione delle risorse umane. Per una maggiore efficienza del processo è opportuno, infatti, che queste strutture offrano il proprio qualificato e coordinato contributo nelle seguenti attività:. coordinamento ed indirizzo di tutto il processo della valutazione (predisposizione format delle schede individuali, calendarizzazione dei colloqui, eventuale gestione di piattaforme digitali, verifica del rispetto della tempistica, etc.);. gestione degli incontri di calibrazione di tutti i livelli dirigenziali;. gestione informatizzata del dossier personale dei dipendenti. La differenziazione delle valutazioni e la condivisione delle metodologie. La differenziazione delle valutazioni costituisce una condizione di efficacia di tutto il sistema di misurazione e valutazione della performance, nonché un obbligo esplicitamente sancito a carico di tutti i valutatori dal d.lgs. 150/2009. Se un sistema funziona bene, le valutazioni risultano necessariamente differenziate perché riflettono le diversità dei livelli di performance presenti nel mondo reale. Al fine di assicurare la differenziazione occorre, in primo luogo, garantire la presenza dei presupposti necessari per la corretta applicazione del sistema. In particolare:. gli elementi di riferimento per la misurazione e valutazione della performance individuale (risultati e comportamenti) devono essere chiari, costruiti secondo le modalità descritte in precedenza (vedi par. 5.1), comunicati in modo efficace e nei tempi previsti;. i dati che alimentano gli indicatori devono, per quanto possibile, provenire da sistemi informativi centralizzati;. il processo deve essere gestito correttamente da parte dei valutatori, soprattutto nelle fasi di definizione degli obiettivi e di monitoraggio; in questa ultima fase, in particolare, è necessario che i valutatori mantengano traccia scritta degli elementi utili a dare sostanza alla valutazione (eventi particolarmente significativi, situazioni critiche, etc.);. deve essere svolta un’appropriata comunicazione e formazione sul sistema di valutazione per la creazione di una cultura manageriale in grado di utilizzare correttamente gli strumenti, anche negli aspetti concreti. Occorre che la differenziazione diventi espressione di un orientamento organizzativo da condividere, in primo luogo, tra i soggetti valutatori e, in un momento successivo, con tutti gli altri attori presenti nel processo. Molto utile in tal senso può essere anche la previsione di incontri destinati alla calibrazione degli approcci valutativi (vedi box 10) poiché lo sforzo di promuovere una condivisione metodologica attraverso l’interazione fra i valutatori incrementa l’attenzione sul sistema, favorisce un controllo incrociato sia sulla programmazione che sui risultati e contribuisce a prevenire il prodursi di distorsioni nel processo di valutazione. Box 10 - Gli incontri di calibrazione. I SMVP possono prevedere dei momenti di confronto fra valutatori dello stesso livello organizzativo, finalizzati ad assicurare una maggiore equità e solidità dei sistemi. Tali momenti di condivisione metodologica possono essere previsti tanto nella fase iniziale della programmazione, quanto in quella finale della valutazione, attraverso incontri di calibrazione. Nel primo caso, gli incontri di calibrazione servono a garantire una ponderazione degli obiettivi in modo che dirigenti dello stesso livello abbiano lo stesso carico di responsabilità nel raggiungimento della performance organizzativa. Nel secondo caso, gli incontri di calibrazione servono a ponderare le valutazioni finali all’interno della stessa amministrazione o articolazione organizzativa. In questo modo i dirigenti possono confrontarsi sugli stili di valutazione e su standard trasversali, con il fine di favorire una differenziazione dei giudizi e neutralizzare quegli effetti distorsivi tipici del processo valutativo. In questi contesti, gli strumenti che consentono di mitigare il rischio di valutazioni fondate su metodologie disomogenee, sono in parte gli stessi che vengono utilizzati per ottenere una migliore qualità delle valutazioni, ma quello che aiuta maggiormente nel rendere omogenee le metodologie si realizza mediante la costruzione di una visione d’insieme e la realizzazione di confronti delle distribuzioni delle valutazioni assegnate. Questa visione d’insieme, generalmente di competenza degli uffici responsabili della gestione delle risorse umane, si traduce in pratica nella raccolta delle valutazioni per aggregati omogenei. Ad esempio: tutte le valutazioni effettuate da diversi valutatori dello stesso livello organizzativo; oppure tutte le valutazioni attribuite alla stessa figura professionale da valutatori diversi, oppure in contesti territoriali diversi, etc. Raffrontando le distribuzioni statistiche emergono talvolta delle tendenze ricorrenti che possono rappresentare una “spia accesa” della presenza di disomogeneità, sulle quali è opportuno intervenire. In questi casi, si può prevedere che siano gli uffici di gestione delle risorse umane a dare un feedback diretto al valutatore, fornendogli una serie di informazioni di confronto (sostanzialmente dei benchmark) sulle valutazioni di diretta responsabilità, inducendolo a una eventuale revisione (migliorativa o peggiorativa) delle valutazioni stesse. In alternativa, i punti critici possono essere portati agli incontri di calibrazione, dove i valutatori si confrontano sulla omogeneità metodologica e sull’obiettivo della differenziazione. Questa seconda opzione, di grande utilità sotto il profilo della crescita della cultura della valutazione, dipende dal grado di maturità organizzativa; si richiede, infatti, una certa apertura mentale da parte dei valutatori, la disponibilità a scambiare informazioni sui propri collaboratori che normalmente verrebbero tenute riservate, nonché la consapevolezza di essere condizionati da altri nelle proprie valutazioni. In entrambi i casi l’OIV deve presidiare il corretto svolgimento dei processi di misurazione e valutazione della performance. [1]. Come già indicato nelle linee guida n. 1/2017 il Dipartimento della Funzione Pubblica e la Commissione tecnica per la performance hanno attivato dei laboratori con sei ministeri (Ministero dell’economia e delle finanze, Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo, Ministero per l’istruzione, l’università e la ricerca, Ministero per le infrastrutture e i trasporti, Ministero per il lavoro e le politiche sociali e Ministero dello sviluppo economico). Il confronto con le amministrazioni e l’attività di accompagnamento lungo tutto il processo di pianificazione, misurazione e valutazione della performance consente di condividere buone pratiche ed individuare criticità comuni da affrontare. [2]. La conoscenza dello stato delle risorse umane favorisce una migliore pianificazione dei fabbisogni di profili professionali, in coerenza con il recente superamento della dotazione organica e la nuova disciplina del reclutamento del personale secondo fabbisogni programmati. La misurazione dello stato delle risorse umane, vista la sua importanza nelle amministrazioni, richiede l’utilizzo di sistemi informativi a supporto. [3]. I valori definiti in fase di programmazione non sono mai delle previsioni esatte, è quindi normale avere degli scostamenti tra target e consuntivo, è utile concentrare l’attenzione su scostamenti significativi ...
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ALLEGATO 2: PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA DI RIESAME
Nel caso di rifiuto totale o parziale della richiesta di accesso, è auspicabile che le amministrazioni agevolino l’esercizio del diritto di chiedere il riesame della decisione, previsto dall’art. 5, c. 7, d.lgs. 33/2013. A tal fine, è auspicabile che ciascuna amministrazione fornisca, contestualmente o all’interno del provvedimento di conclusione del procedimento relativo alla domanda di accesso, tutte le informazioni necessarie per presentare la richiesta di riesame, oltre che per utilizzare i rimedi giurisdizionali previsti dal medesimo art. 5, c. 7. Le amministrazioni sono invitate, in particolare, a predisporre un modulo di riesame già compilato e pronto per l’invio o soluzioni digitali equivalenti. Nel modulo dovrebbero essere inseriti i seguenti elementi:. gli estremi della decisione amministrativa oggetto della domanda di riesame;. il numero di protocollo della domanda originaria;. i recapiti del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza al quale inviare la domanda;. l’indicazione dei rimedi giurisdizionali utilizzabili ai sensi dell’art. 5, c. 7, d.lgs. n. 33/2013 nei confronti della decisione di riesame ...
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9. Il registro degli accessi
Tra le soluzioni tecnico-organizzative che le amministrazioni potrebbero adottare per agevolare l’esercizio del diritto di accesso generalizzato da parte dei cittadini e, al contempo, gestire in modo efficiente le richieste di accesso, la principale è la realizzazione di un registro degli accessi, come indicato anche nelle Linee guida A.N.AC. (del. n. 1309/2016). Il registro dovrebbe contenere l’elenco delle richieste e il relativo esito, essere pubblico e perseguire una pluralità di scopi:. favorire l’armonizzazione delle decisioni su richieste di accesso identiche o simili;. agevolare i cittadini nella consultazione delle richieste già presentate;. monitorare l’andamento delle richieste di accesso e la trattazione delle stesse. Per promuovere la realizzazione del registro, le attività di registrazione, gestione e trattamento della richiesta dovrebbero essere effettuate utilizzando i sistemi di gestione del protocollo informatico e dei flussi documentali, di cui le amministrazioni sono da tempo dotate ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, del d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale) e delle relative regole tecniche (D.P.C.M. 3 dicembre 2013). I dati da inserire nei sistemi di protocollo sono desumibili dalla domanda di accesso o dall’esito della richiesta. Ai fini della pubblicazione periodica del registro (preferibilmente con cadenza trimestrale), le amministrazioni potrebbero ricavare i dati rilevanti attraverso estrazioni periodiche dai sistemi di protocollo informatico, ferma restando la necessità di non pubblicare i dati personali eventualmente presenti, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 19, c. 3, d.lgs. 30 giugno 2013, n. 196. L’obiettivo finale è la realizzazione di un registro degli accessi che consenta di «tracciare» tutte le domande e la relativa trattazione in modalità automatizzata, e renda disponibili ai cittadini gli elementi conoscitivi rilevanti. Realizzare tale obiettivo richiede opportune configurazioni dei sistemi di gestione del protocollo informatico, per le quali si rinvia all’allegato 3 ...
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7. I dinieghi non consentiti
Dato che, nei primi mesi di applicazione dell’istituto dell’accesso generalizzato, sono emersi casi di rifiuto fondati su motivazioni non riconducibili ai commi da 1 a 3 dell’art. 5-bis, oggetto delle Linee guida A.N.AC., è opportuno richiamare le amministrazioni al rigoroso rispetto delle previsioni normative esistenti a riguardo e a fornire i seguenti chiarimenti. Innanzitutto, è necessario ricordare che, data la natura fondamentale del diritto di accesso generalizzato, non tutti gli interessi pubblici e privati possono giustificarne una limitazione: l’art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013 ammette il rifiuto dell’accesso ai dati o documenti richiesti soltanto quando ciò sia «necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela» degli interessi espressamente individuati dallo stesso articolo, ai commi da 1 a 3. Nell’applicare questi limiti, le amministrazioni possono tener conto della giurisprudenza della Corte di giustizia sui limiti all’accesso previsti dall’art. 4 del regolamento CE n. 1049/2001, in larga parte coincidenti con quelli indicati dai commi 1 e 2 dell’art. 5-bis (v. anche Linee guida A.N.AC.). Inoltre, poiché le amministrazioni possono fondare i dinieghi esclusivamente sulle base dei limiti posti dall’art. 5-bis, ne deriva, come già evidenziato, che le amministrazioni non possono precisare la portata delle eccezioni legislativamente previste, né tantomeno aggiungerne altre, mediante atti giuridicamente vincolanti, ad esempio di natura regolamentare. La riserva di legge, in questa materia, va intesa come assoluta. Le amministrazioni devono tener conto anche delle seguenti indicazioni e raccomandazioni operative. a) Risposte parziali. Le pubbliche amministrazioni sono tenute a rispondere a ciascuna richiesta nella sua interezza. Quando con un’unica domanda si chiede l’accesso a una pluralità di dati o documenti, è necessario che la risposta sia esaustiva e che, nel caso di diniego parziale, sia fornita adeguata motivazione in relazione a ciascun gruppo di dati o documenti. Una risposta parziale che non indichi le ragioni dell’omessa trasmissione di una parte dei dati o documenti richiesti equivale a un diniego parzialmente illegittimo. b) Risposte differite. Il differimento dell’accesso – previsto dall’art. 5-bis, c. 5, d.lgs. n. 33/2013 – è ammesso soltanto quando ricorrano cumulativamente due condizioni:. che quel pregiudizio abbia carattere transitorio, in quanto i limiti di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 5bis si applicano «unicamente per il periodo nel quale la protezione è giustificata in relazione alla natura del dato». Nel caso in cui ricorrano queste condizioni, l’accesso non deve essere negato: per soddisfare l’interesse conoscitivo è «sufficiente fare ricorso al potere di differimento» (art. 5-bis, c. 5) e, quindi, il differimento dell’accesso è imposto dal principio di proporzionalità (v. anche Linee guida A.N.AC.). L’inutilizzabilità del potere di differimento ad altri fini è confermata dall’art. 5, c. 6, d.lgs. n. 33/2013, secondo cui il differimento dell’accesso deve essere motivato, appunto, «con riferimento ai casi e ai limiti stabiliti dall’art. 5-bis». Pertanto, tale potere non può essere utilizzato per rimediare alla tardiva trattazione della domanda e alla conseguente violazione del termine per provvedere. Vi si può ricorrere, invece, a titolo esemplificativo, per differire l’accesso a dati o documenti rilevanti per la conduzione di indagini sui reati o per il regolare svolgimento di attività ispettive (art. 5- bis, c. 1, lett. f e g), fino a quando tali indagini e attività siano in corso. Una volta conclusi questi procedimenti, quei dati o documenti diverranno accessibili, qualora non vi si oppongano altri interessi pubblici o privati indicati dall’art. 5-bis. c) Altre ipotesi di rifiuto non consentite. Come ribadito nelle Linee guida A.N.AC., sono impropri e, quindi, illegittimi i dinieghi fondati su motivi diversi da quelli riconducibili ai limiti indicati dall’art. 5-bis. Ad esempio, non è legittimo un diniego di accesso in base all’argomento che i dati o documenti richiesti risalirebbero a una data anteriore alla entrata in vigore del d.lgs. n. 33/2013 o del d.lgs. n. 97/2016: ferme restando le norme sulla conservazione dei documenti amministrativi, la portata generale del principio di conoscibilità dei dati o documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni non ammette limitazioni temporali, del resto, non previste da nessuna previsione legislativa. Per le stesse ragioni, l’accesso non può essere negato – come invece è accaduto qualche volta– perché la conoscibilità del dato o documento potrebbe provocare un generico danno all’amministrazione o alla professionalità delle persone coinvolte; oppure per generiche ragioni di confidenzialità delle informazioni; o ancora per ragioni di opportunità, derivanti dalla (insussistente) opportunità o necessità di consultare gli organi di indirizzo politico. d) Richieste «massive o manifestamente irragionevoli». Come precisato a riguardo nelle Linee guida A.N.AC., «L’amministrazione è tenuta a consentire l’accesso generalizzato anche quando riguarda un numero cospicuo di documenti ed informazioni, a meno che la richiesta risulti manifestamente irragionevole, tale cioè da comportare un carico di lavoro in grado di interferire con il buon funzionamento dell’amministrazione. Tali circostanze, adeguatamente motivate nel provvedimento di rifiuto, devono essere individuate secondo un criterio di stretta interpretazione, ed in presenza di oggettive condizioni suscettibili di pregiudicare in modo serio ed immediato il buon funzionamento dell’amministrazione». Sulla base dei primi riscontri applicativi, è opportuno chiarire che la ragionevolezza della richiesta va valutata tenendo conto dei seguenti criteri:. le risorse interne che occorrerebbe impiegare per soddisfare la richiesta, da quantificare in rapporto al numero di ore di lavoro per unità di personale;. la rilevanza dell’interesse conoscitivo che la richiesta mira a soddisfare. L’irragionevolezza della richiesta è manifesta soltanto quando è evidente che un’accurata trattazione della stessa comporterebbe per l’amministrazione un onere tale da compromettere il buon andamento della sua azione. Il carattere palese del pregiudizio serio e immediato al buon funzionamento dell’amministrazione va motivato in relazione ai criteri sopra indicati. Qualora tale pregiudizio sia riscontrabile, l’amministrazione, prima di decidere sulla domanda, dovrebbe contattare il richiedente e assisterlo nel tentativo di ridefinire l’oggetto della richiesta entro limiti compatibili con i principi di buon andamento e di proporzionalità. Soltanto qualora il richiedente non intenda riformulare la richiesta entro i predetti limiti, il diniego potrebbe considerarsi fondato, ma nella motivazione del diniego l’amministrazione non dovrebbe limitarsi ad asserire genericamente la manifesta irragionevolezza della richiesta, bensì fornire una adeguata prova, in relazione agli elementi sopra richiamati, circa la manifesta irragionevolezza dell’onere che una accurata trattazione della domanda comporterebbe. I medesimi principi sono applicabili all’ipotesi in cui uno stesso soggetto (o una pluralità di soggetti riconducibili a un medesimo ente) proponga più domande entro un periodo di tempo limitato. In questo caso, l’amministrazione potrebbe valutare l’impatto cumulativo delle predette domande sul buon andamento della sua azione e, nel caso di manifesta irragionevolezza dell’onere complessivo che ne deriva, motivare il diniego nei termini sopra indicati. Se il medesimo richiedente ha già formulato una richiesta identica o sostanzialmente coincidente, l’amministrazione ha la facoltà di non rispondere alla nuova richiesta, a condizione che la precedente sia stata integralmente soddisfatta ...
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4. Gli uffici competenti
Nelle Linee guida A.N.AC. si raccomanda alle amministrazioni, «Al fine di rafforzare il coordinamento dei comportamenti sulle richieste di accesso (…) ad adottare anche adeguate soluzioni organizzative», in particolare individuando «risorse professionali adeguate, che si specializzano nel tempo» e «che, ai fini istruttori, dialog[hino] con gli uffici che detengono i dati richiesti». Dunque, ciascuna amministrazione è invitata a individuare le unità di personale, adeguatamente formate, che assicurino le funzioni di «centro di competenza» o «help desk», al fine di assistere gli uffici della medesima amministrazione nella trattazione delle singole domande (v. anche A.N.AC. del. n. 1309/2016). Oltre a fornire indicazioni di carattere generale o assistenza in merito a specifiche domande, il personale dell’help desk dovrebbe assicurare:. la capillare diffusione interna delle informazioni riguardanti gli strumenti (procedurali, organizzativi o di altro tipo) impiegati dall’amministrazione per attuare la normativa sull’accesso generalizzato;. la disseminazione di buone pratiche e di indicazioni operative provenienti dalle autorità centrali che monitorano e orientano l’attuazione del d.lgs. n. 97/2016 (Dipartimento della funzione pubblica e A.N.AC.) ...
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3. Le modalità di presentazione della richiesta
Al solo fine di agevolare l’esercizio del diritto di accesso generalizzato da parte dei cittadini e senza che ne derivino limitazioni riguardo alle modalità di presentazione delle domande, è opportuno che ciascuna pubblica amministrazione renda disponibili sul proprio sito istituzionale, nella pagina sull“«Accesso generalizzato» della sezione «Amministrazione trasparente» (v. Linee Guida A.N.AC.) e con link nella home page, quanto segue:. informazioni generali su:. la procedura da seguire per presentare una domanda di accesso generalizzato;. i rimedi disponibili (procedura di riesame e ricorso in via giurisdizionale), ai sensi dell’art. 5, c. 7, d.lgs. n. 33/2013, in caso di mancata risposta dell’amministrazione entro il termine di conclusione del procedimento o in caso di rifiuto parziale o totale dell’accesso;. il nome e i contatti dell’ufficio che si occupa di ricevere le domande di accesso;. due indirizzi di posta elettronica dedicati alla presentazione delle domande:. un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) collegato al sistema di protocollo;. un indirizzo di posta ordinaria, con il quale deve essere sempre consentito l’invio di domande da parte dei richiedenti che non dispongano a loro volta di un indirizzo PEC per l’invio;. due moduli standard utilizzabili, rispettivamente, per proporre:. una domanda di accesso generalizzato (allegato n. 1);. una domanda di riesame (allegato n. 2). In ogni caso, l’uso di un formato o modulo diverso da quello reso disponibile online sul sito istituzionale dell’amministrazione non può comportare l’inammissibilità o il rifiuto della richiesta ...
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5. Il rispetto dei tempi di decisione
Nel caso in cui l’amministrazione non risponda entro il termine previsto dalla legge, si ricorda che la normativa prevede due conseguenze. Sul versante esterno, l’art. 5, c. 7, d.lgs. n. 33/2013 consente di attivare la procedura di riesame e di proporre ricorso al giudice amministrativo. La trattazione della richiesta, inoltrata con qualunque modalità, spetta al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che decide con provvedimento motivato entro il termine di venti (20) giorni, che decorrono dalla presentazione della domanda di riesame. Sul versante interno, il già richiamato art. 46 del d.lgs. n. 33/2013 assegna all’inosservanza del termine una triplice valenza, qualificandolo come:. elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale;. eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’amministrazione;. elemento di valutazione ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili. Poiché i dirigenti con funzioni di responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza «controllano e assicurano la regolare attuazione dell’accesso civico sulla base di quanto stabilito dal presente decreto» (art. 43, c. 4, d.lgs. n. 33/2013), ne deriva, in analogia con quanto previsto per le ipotesi di inadempimento agli obblighi di pubblicazione (art. 43, commi 1 e 5), che il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza è tenuto a segnalare i casi di inosservanza del termine, in relazione alla gravità e alla reiterazione dei medesimi:. sia all’ufficio di disciplina, ai fini dell’eventuale attivazione del procedimento disciplinare;. sia al vertice politico dell’amministrazione e agli organi cui compete la valutazione della dirigenza e delle performance individuali, ai fini dell’attivazione delle altre forme di responsabilità ...
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2. Indicazioni preliminari
Con il d.lgs. n. 97/2016, l’ordinamento italiano ha riconosciuto la libertà di accedere alle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni come diritto fondamentale, in conformità all’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Come chiarito nelle Linee guida A.N.AC., l’accesso generalizzato mira a rafforzare il carattere democratico dell’ordinamento, promuovendo un dibattito pubblico informato e un controllo diffuso sull’azione amministrativa (art. 5, c. 2, d.lgs. n. 33/2013). Come noto, il nuovo istituto differisce dalle altre due tipologie di accesso previste dalla legge. A differenza del diritto di accesso procedimentale o documentale, il diritto di accesso generalizzato garantisce il bene «conoscenza» in via autonoma, a prescindere dalla titolarità di un interesse qualificato e differenziato. A differenza del diritto di accesso civico «semplice», che riguarda esclusivamente le informazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria (art. 5, c. 1, d.lgs. n. 33/2013), il solo limite al diritto di conoscere è rappresentato dagli interessi pubblici e privati espressamente indicati dall’articolo 5-bis. Conseguentemente è inammissibile il rifiuto fondato su altre ragioni. Pertanto, il diritto di accesso generalizzato:. dal punto di vista soggettivo, non ammette restrizioni alla legittimazione del richiedente (art. 5, c. 3, d.lgs. n. 33/2013);. dal punto di vista oggettivo, è tendenzialmente onnicomprensivo, fatti salvi i limiti indicati dall’art. 5-bis, c. 1-3, oggetto delle Linee guida A.N.AC. Dal carattere fondamentale del diritto di accesso generalizzato e dal principio di pubblicità e conoscibilità delle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni derivano alcune implicazioni di carattere generale che è opportuno richiamare, in quanto utili come criteri guida nell’applicazione della normativa in esame. i) Il principio della tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo. Nei sistemi FOIA, il diritto di accesso va applicato tenendo conto della tutela preferenziale dell’interesse a conoscere. Pertanto, nei casi di dubbio circa l’applicabilità di una eccezione, le amministrazioni dovrebbero dare prevalenza all’interesse conoscitivo che la richiesta mira a soddisfare (v. anche Linee guida A.N.AC.). In base a questo principio, dato che l’istituto dell’accesso generalizzato assicura una più ampia tutela all’interesse conoscitivo, qualora non sia specificato un diverso titolo giuridico della domanda (ad es. procedimentale, ambientale, ecc.), la stessa dovrà essere trattata dall’amministrazione come richiesta di accesso generalizzato. ii) Il criterio del minor aggravio possibile nell’esercizio del diritto. Sul piano procedimentale, il principio appena richiamato dovrebbe indurre le pubbliche amministrazioni a privilegiare il criterio del minor aggravio possibile nell’esercizio del diritto di accesso generalizzato. In particolare, in assenza di una espressa previsione legislativa che le autorizzi, le amministrazioni non possono pretendere dal richiedente l’adempimento di formalità o oneri procedurali, ponendoli come condizioni di ammissibilità della domanda di accesso. Salvo quanto specificato più avanti, si deve ritenere in linea di principio contraria alle finalità della disciplina legislativa in tema di accesso generalizzato la possibilità di dichiarare inammissibile una domanda di accesso generalizzato per motivi formali o procedurali. iii) I limiti all’adozione di regolamenti interni. Qualora una pubblica amministrazione decida di adottare un regolamento interno in materia di accesso, come suggerito nelle suddette Linee guida dell’A.N.AC., occorre tener conto della riserva di legge prevista dall’art. 10 della CEDU, che copre il diritto di accesso generalizzato in esame (Linee guida A.N.AC.). Di conseguenza, ciascuna amministrazione può disciplinare con regolamento, circolare o altro atto interno esclusivamente i profili procedurali e organizzativi di carattere interno. Al contrario, i profili di rilevanza esterna, che incidono sull’estensione del diritto (si pensi alla disciplina dei limiti o delle eccezioni al principio dell’accessibilità), sono coperti dalla suddetta riserva di legge. In particolare, diversamente da quanto previsto dall’art. 24, c. 6, l. n. 241/1990 in tema di accesso procedimentale, non è possibile individuare (con regolamento, circolare o altro atto interno) le categorie di atti sottratti all’accesso generalizzato. Ciascuna amministrazione è chiamata ad applicare le previsioni legislative rilevanti (art. 5-bis, d.lgs. n. 33/2013), tenendo nella dovuta considerazione le richiamate Linee guida dell’A.N.AC., oggetto di periodico aggiornamento in base all’evoluzione della prassi ...
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8. Il dialogo con i richiedenti
Per accrescere la fruibilità delle informazioni di interesse generale e l’efficienza nella gestione delle domande, si raccomanda alle amministrazioni di valorizzare la possibilità di pubblicare informazioni anche diverse da quelle oggetto di pubblicazione obbligatoria, fermo restando il rispetto delle esclusioni e dei limiti previsti dall’art. 5-bis, c. 1-3, del d.lgs. n. 33/2013. In particolare, la pubblicazione proattiva sui siti istituzionali delle amministrazioni è fortemente auspicabile quando si tratti di informazioni di interesse generale o che siano oggetto di richieste ricorrenti: ad esempio, quando si tratti di dati o documenti richiesti, nell’arco di un anno, più di tre volte da soggetti diversi. Per gli stessi motivi, le pubbliche amministrazioni sono invitate a valorizzare il dialogo con le comunità di utenti dei social media (Facebook, Twitter, ecc.). I richiedenti spesso rendono pubbliche su questi mezzi di comunicazione le domande di accesso generalizzato da essi presentate. In questi casi, e comunque quando si tratti di informazioni di interesse generale, è opportuno che anche le amministrazioni utilizzino i medesimi canali a fini di comunicazione ...
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1. Premessa
Il decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 , di modifica del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ha introdotto l’istituto dell’accesso civico «generalizzato», che attribuisce a «chiunque» il «diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione (…), nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis» (art. 5, c. 2, d.lgs. n. 33/2013). Dal 23 dicembre 2016, chiunque può far valere questo diritto nei confronti delle pubbliche amministrazioni e degli altri soggetti indicati all’art. 2-bis del d.lgs. n. 33/2013. Con delibera n. 1309 del 28 dicembre 2016 , l’Autorità nazionale anticorruzione (A.N.AC.) ha adottato, ai sensi dell’art. 5, c. 2, del d.lgs. n. 33/2013, le «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico». Questo documento fornisce una prima serie di indicazioni, riguardanti prevalentemente le esclusioni e i limiti all’accesso civico generalizzato disciplinati dall’art. 5-bis, c. 1-3, del d.lgs. n. 33/2013. Tuttavia, la successiva pratica applicativa ha evidenziato la necessità di fornire alle amministrazioni ulteriori chiarimenti operativi, riguardanti il rapporto con i cittadini e la dimensione organizzativa e procedurale interna. Pertanto, al fine di promuovere una coerente e uniforme attuazione della disciplina sull’accesso civico generalizzato, il Dipartimento della funzione pubblica, in raccordo con l’Autorità nazionale anticorruzione (A.N.AC.) e nell’esercizio della sua funzione generale di «coordinamento delle iniziative di riordino della pubblica amministrazione e di organizzazione dei relativi servizi» (art. 27, n. 3, legge n. 93 del 1983), ha adottato la presente circolare. Le raccomandazioni operative qui contenute riguardano i seguenti profili:. gli uffici competenti;. i tempi di decisione;. i controinteressati;. i rifiuti non consentiti;. il dialogo con i richiedenti;. il Registro degli accessi. Prima di esaminare i profili indicati, è utile fornire alcune precisazioni terminologiche e segnalare alcune implicazioni di carattere generale che derivano dall’introduzione del diritto di accesso civico generalizzato ...
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ALLEGATO 1: PRESENTAZIONE DELLA RICHIESTA DI ACCESSO
È opportuno che l’Amministrazione fornisca le informazioni per la corretta presentazione della richiesta con la modulistica resa disponibile nella pagina del sito istituzionale dedicata all’”Accesso generalizzato”. Tra le informazioni, è sufficiente indicare le seguenti: indicazione degli Uffici competenti al ricevimento delle richieste, rispettivi indirizzi fisici e di posta elettronica (certificata e non certificata), recapiti telefonici, orari di accesso e ufficio competente per la presentazione diretta della domanda. 2. Dati da includere nella modulistica per la presentazione della richiesta. Dati anagrafici del richiedente. Nome. Cognome. Luogo di nascita. Data di nascita. Residenza del richiedente. Indirizzo. CAP. Comune. Provincia o Stato estero. Informazioni di contatto (recapiti del richiedente). Indirizzo di posta elettronica (certificata o non certificata). Domicilio (se diverso da residenza). Queste informazioni possono essere utili sia per instaurare un dialogo con il richiedente, sia per trasmettere i dati e i documenti richiesti. Con il consenso del richiedente, è opportuno privilegiare la comunicazione in forma elettronica. Oggetto della richiesta. Per una migliore identificazione dei dati o documenti ai quali si chiede di accedere, si potrebbe segnalare al richiedente l’opportunità di indicare, oltre all’oggetto del dato o documento richiesto, anche, se noti, gli estremi del documento o la fonte del dato, una descrizione del loro contenuto e l’ufficio competente. Potrebbe, inoltre, essere utile classificare e rendere disponibili – nella modulistica o nella pagina web dedicata all’accesso generalizzato – i principali settori o ambiti di competenza di ciascuna amministrazione e delle sue articolazioni, in modo che il richiedente possa specificare il settore o ambito che ritiene rilevante ai fini della trattazione della domanda. Sarebbe, così, favorito il corretto instradamento della richiesta, anche a beneficio dell’amministrazione, che sarebbe facilitata nella corretta assegnazione della domanda all’ufficio interno competente. Modalità di risposta e trasmissione dei dati o documenti. Ferma restando l’opportunità di privilegiare la via telematica per tutte le comunicazioni, è opportuno acquisire il consenso del richiedente sulle modalità di trasmissione:. o all’indirizzo di posta elettronica fornito nelle informazioni di contatto (opzione preferibile); o con servizio postale all’indirizzo fornito nelle informazioni di contatto; o personalmente presso gli uffici presso gli uffici (avendo cura di fornire al richiedente indirizzo e orari di apertura). L’amministrazione tiene conto della preferenza espressa dal richiedente, nel caso in cui questa sia diversa dalla trasmissione della documentazione in forma digitale per via telematica, sempre che questa preferenza non comporti un onere eccessivo per l’amministrazione o rischi di pregiudicarne il buon andamento. Finalità della richiesta (informazione facoltativa). Fermo restando che il richiedente non è tenuto a indicare i motivi della domanda (art. 5, c. 3, d.lgs. n. 33/2013), l’amministrazione potrebbe chiedere al richiedente di precisare le finalità della domanda, chiarendo che questa informazione è facoltativa e potrebbe essere utilizzata a fini statistici, e/o per precisare ulteriormente l’oggetto della richiesta e/o per adottare una decisione che tenga conto della natura dell’interesse conoscitivo del richiedente. Nel precisare che l’indicazione delle finalità della richiesta non è obbligatoria, la modulistica potrebbe prevedere, ad esempio, le seguenti opzioni:. A titolo personale. Per attività di ricerca o studio. Per finalità giornalistiche. Per conto di un’organizzazione non governativa. Per conto di un’associazione di categoria. Per finalità commerciali ...
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ALLEGATO 3: MODALITÀ DI REALIZZAZIONE DEL REGISTRO DEGLI ACCESSI
Il Registro degli accessi, da pubblicare con cadenza trimestrale, dovrebbe comprendere i dati utili a gestire in modo efficiente le richieste di accesso ricevute, ad agevolare l’esercizio del diritto di accesso generalizzato da parte dei cittadini e a monitorare l’attuazione della disciplina in materia. Segue un elenco esemplificativo dei dati rilevanti:. Domanda di accesso. Data di presentazione o Oggetto della richiesta o Presenza di controinteressati o Esito: Accoglimento (accesso consentito); Rifiuto parziale; Rifiuto totale o Data del provvedimento. Sintesi della motivazione (ragioni del rifiuto totale o parziale). Domanda di riesame o Data di presentazione o Esito: Accoglimento (accesso consentito); Rifiuto parziale; Rifiuto totale o Data del provvedimento o Sintesi della motivazione. Ricorso al giudice amministrativo o Data di comunicazione del provvedimento all’amministrazione o Esito: Accoglimento (accesso consentito); Rifiuto parziale; Rifiuto totale. [1]. Per fascicolo procedimentale si intende una unità archivistica atta ad aggregare documenti e metadati specifici raccolti o generati durante la trattazione di un’istanza di qualunque procedimento amministrativo ...