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Documenti pubblici, digitali.

La Trasformazione Digitale della Pubblica Amministrazione

La sfida per la Trasformazione Digitale della Pubblica Amministrazione non è principalmente tecnologica (nonostante la tecnologia sia fondamentale e necessaria); è in gran parte una sfida politica che deve essere guidata dall’alto e deve affrontare il problema di una mancanza generale di competenze e leadership nella PA, indispensabili per gestire con successo la trasformazione. Non a caso, le amministrazioni locali e centrali maggiormente digitalizzate sono quelle guidate da leader determinati e competenti che hanno creato team di direttori, assessori, dirigenti e funzionari che comprendono che il pensiero “digitale” deve influenzare il miglioramento dei servizi pubblici (e l’eliminazione dei processi e delle norme inutili) e non automatizzare i processi esistenti. La trasformazione digitale è la reinvenzione del modo in cui i servizi pubblici sono concepiti, disegnati, implementati e gestiti.

La tecnologia è tipicamente un abilitatore al cambiamento, ma “essere digitali” è solo in parte il prodotto di attività tecnologiche. Tutti i giorni ci imbattiamo in funzionari e dirigenti della PA che confondono l’implementazione della strategia digitale con la semplice applicazione di tecnologie digitali di vecchi processi. Spesso la trasformazione digitale della PA è infatti confusa con la pubblicazione di manuali, moduli, circolari in formato pdf e la produzione di siti, portali e app, che sono spesso pagati troppo, non sono funzionali (e a volte non funzionanti), sono poco utilizzati e che vengono fatti perché “ci sono i fondi da spendere e poi li perdiamo!”.

Non abbiamo dati specifici sullo spreco in investimenti pubblici in tecnologia in Italia. Il problema tuttavia non è solo italiano. Una analisi [1] suggerisce che circa $ 3 trilioni sono stati spesi nei paesi occidentali durante il periodo 2000-2010 in sistemi informativi governativi; si stima tuttavia che il 60%-80% dei progetti di egovernment sono falliti, risultando in un enorme spreco di risorse pubbliche, umane e finanziarie, senza portare alcuno dei benefici promessi e attesi. L’Italia non è esente da questo problema.

I comportamenti, le azioni quotidiane, la cultura, la comunicazione, la leadership della PA devono adattarsi ad un mondo digitale; il cittadino ha il diritto di chiedere più semplicità, velocità e trasparenza nella gestione dei servizi pubblici e lo Stato ha il dovere di fornire servizi con modalità più moderne e inclusive, con un crescente coinvolgimento delle PMI innovative, e con l’adozione di metodologie agili e l’abbandono dei vecchi schemi di procurement tecnologico. Gli investimenti a favore della digitalizzazione dei processi, della creazione di competenze digitali, della migrazione a infrastrutture tecnologiche più moderne, della gestione della cybersecurity, della creazione di framework tecnologici per la gestione dei big data della PA, sempre nel massimo rispetto della tutela della privacy del cittadino, sono - senza ombra di dubbio - tanto strategici quanto gli investimenti in infrastrutture fisiche a supporto dello sviluppo economico del Paese.

Le stesse azioni di politica sociale ed economica rischiano di essere poco efficaci se non sono accompagnate da processi digitalizzati: uno Stato più efficiente, meno burocratico, e i cui processi e servizi siano stati semplificati e digitalizzati, è uno Stato che aiuta il tessuto economico e produttivo a essere più competitivo a livello globale. Lo sviluppo del Paese passa soprattutto dalle città; le maggiori aree metropolitane ne sono l’asse portante e devono essere protagoniste della trasformazione digitale. La competitività delle aziende italiane dipende anche dalla competitività della nostra macchina amministrativa centrale e locale [2]. Inoltre la trasformazione digitale della pubblica amministrazione è in grado di portare ingenti benefici per la PA, tra risparmi diretti di spesa e maggiori entrate, pari a €35 Miliardi, e benefici alle imprese per €25 Miliardi, a seconda delle numerose stime pubblicate [3], liberando risorse che possono essere utilizzate per nuovi investimenti.

Vorremmo infine sottolineare che la trasformazione digitale del Paese deve essere inclusiva e deve passare tramite il coinvolgimento dei piccoli centri urbani e delle aree più periferiche. Una tale trasformazione avverrà anche grazie ad un coordinato numero di interventi che includano l’educazione scolastica e universitaria, la formazione dei dipendenti pubblici e le condizioni che favoriscano il consolidamento di un ecosistema di imprese connesse al mondo dell’innovazione e del digitale e che premino le capacità imprenditoriali dei giovani.

firma

Diego Piacentini

Commissario Straordinario per l’attuazione dell’Agenda Digitale

[1]Digitizing Government: Understanding and Implementing New Digital Business Models. Alan Brown, Jerry Fishenden, Mark Thompson. 28 November 2014
[2]Simili conclusioni sono argomentate in OECD Italy Economic Survey 2017, p. 45: Public administration efficiency raises firm’s performance .
[3]Tra le stime pubblicate vi è quella del rapporto settembre 2013 sull’egovernment condotto da Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano School of Management . L’analisi afferisce allo stato di avanzamento dei progetti pubblici di trasformazione digitale italiani nell’anno 2013 e passati. Lo studio sull’eGovernment del Politecnico di Milano, seppur del 2013, indica un significativo quadro tuttora qualitativamente valido sui potenziali impatti che la trasformazione digitale può avere sulla pubblica amministrazione e sulle imprese.