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Documenti pubblici, digitali.

3.1 Modalità di acquisizione delle riproduzioni

Nel presente paragrafo sono descritti undici canali principali di acquisizione delle mere riproduzioni di beni culturali pubblici in pubblico dominio (A1-A11), a loro volta distinti in quattro macrocategorie: “riproduzioni eseguite da privati in autonomia”, “riproduzioni richieste all’amministrazione”, “riproduzioni acquisite online” e “altre forme di acquisizione”.

Gli undici canali di acquisizione si trovano infine rappresentati graficamente nel quadro sinottico e nel diagramma di flusso riportato in fondo al presente paragrafo.

Riproduzioni eseguite da privati in autonomia

A1. Riproduzioni eseguite da privati con mezzo proprio senza flash e/o treppiedi e/o dispositivo a contatto

Ai sensi dell’art. 108, comma 3 del Codice dei beni culturali è libera la riproduzione di un bene culturale effettuata direttamente dall’utente, nel rispetto del diritto d’autore e delle norme sulla riservatezza, a condizione che non si faccia uso di strumenti che comportino un contatto diretto con il supporto da riprodurre (come ad esempio scanner) o di flash, treppiedi o stativi che potrebbero mettere a rischio l’integrità fisica del bene culturale oggetto di riproduzione. L’utilizzo di tali dispositivi tecnici quindi non è libero, dovendo essere autorizzato preventivamente dall’ente che ha in consegna il bene il quale, in caso di assenso, detterà le relative prescrizioni a tutela del bene da riprodurre (cfr. A2).

Esempio: l’utente si serve della propria fotocamera o smartphone senza ricorrere a flash, treppiedi o stativi per riprodurre un monumento, un’opera museale, un documento d’archivio o un’opera conservata in biblioteca. In questi casi può farlo gratuitamente e senza dover richiedere alcuna autorizzazione.

A2. Riproduzioni eseguite da privati con mezzo proprio con l’ausilio di flash e/o treppiedi e/o dispositivo a contatto o mediante drone

Le riprese professionali che implicano l’impiego di flash, treppiedi o qualsiasi strumento che possa comportare un contatto diretto con il bene culturale sono soggette ad autorizzazione da parte dell’ente pubblico che ha in consegna il bene oggetto di riproduzione. Qualora l’uso di tale strumentazione comporti un’occupazione significativa degli spazi interni al luogo della cultura, tale da condizionarne la fruizione da parte del pubblico, può essere richiesto un canone di concessione legato all’uso temporaneo degli spazi (cfr. A3). Per quanto riguarda le riproduzioni effettuate attraverso drone, si rimanda alla specifica normativa di settore [23].

Esempio: l’utente ha necessità di servirsi di dispositivi e attrezzature specifiche, quali flash e treppiedi per garantire un’ottima qualità alla riproduzione che desidera effettuare all’interno di un luogo della cultura (museo, biblioteca, archivio, parco o area archeologica). In questi casi egli dovrà richiedere un’autorizzazione specifica all’istituto che ha in consegna il bene da riprodurre.

A3. Riproduzioni eseguite da privati previa concessione d’uso degli spazi

Le riproduzioni professionali che implicano l’occupazione temporanea di spazi all’interno di luoghi della cultura per riprese video o fotografiche sono soggette a specifica richiesta di concessione d’uso individuale degli spazi, regolata dagli artt. 106 e 108 del Codice dei beni culturali, a cui si sommano eventuali altri costi, quali rimborsi spese per aperture prolungate o assicurazioni. L’uso esclusivo di uno spazio all’interno di istituti e luoghi della cultura pubblici va autorizzato preventivamente per garantire adeguati livelli di tutela ai beni culturali nel rispetto delle esigenze minime di fruizione pubblica dei medesimi spazi; viceversa il canone di concessione si giustifica qui come forma di risarcimento economico alla collettività per una forma di utilizzo del bene tipicamente “rivale” ed escludente (cfr. cap. 4).

Esempio: Un fotografo/regista ha necessità di occupare temporaneamente con proprie attrezzature che saranno installate dalla sua troupe nella sala espositiva di un istituto culturale per poter effettuare una campagna di riprese fotografiche/cinematografiche. A questo scopo egli dovrà inviare all’istituto di riferimento una richiesta di concessione d’uso degli spazi da occupare per le riprese.

Riproduzioni richieste all’amministrazione

A4. Riproduzioni richieste da privati e prodotte ex novo dall’amministrazione

Qualora un utente privato avesse necessità di acquisire una riproduzione di un bene non già disponibile nella banca dati dell’istituto che ha in consegna il bene, è tenuto a richiedere la riproduzione, che sarà appositamente realizzata dal servizio di riproduzione interno all’istituto o da eventuali ditte concessionarie del servizio. In questi casi la riproduzione, che risponde a una specifica esigenza del singolo utente, comporta un costo per l’amministrazione di cui può essere chiesto il rimborso, ai sensi dell’art. 108, comma 3 del Codice dei beni culturali, indipendentemente dall’uso successivo della riproduzione. Il rimborso spese non dovrà essere parametrato sulla risoluzione della riproduzione, ma sulla complessità della procedura tecnica di riproduzione. A tal riguardo si sottolinea come sia poco opportuno consegnare all’utente immagini a bassa risoluzione, in quanto le immagini cosiddette “degradate” (a bassa risoluzione) non sono certo funzionali alla “protezione” del bene culturale, al contrario, riproduzioni di scarsa qualità contribuiscono al proliferare in rete di immagini “spazzatura” che non liberano alcun valore culturale mentre, al contrario, ostacolano la corretta conoscenza del bene culturale stesso (cfr. par. 5.4).

Esempio: l’utente chiede all’istituto di ottenere una riproduzione del bene culturale che non è altrimenti riuscito ad acquisire. La riproduzione del bene non è infatti presente nelle banche dati interne all’istituto, non è scaricabile dal sito web dell’istituto, oppure quella individuata non lo soddisfa. L’utente è quindi intenzionato a chiedere all’istituto di eseguire una riproduzione ex novo del bene medesimo. In questo caso egli dovrà corrispondere all’istituto (o alla società/professionista che gestisce il servizio di riproduzione) un corrispettivo per l’esecuzione e la fornitura della riproduzione.

A5. Riproduzioni richieste da soggetti pubblici da produrre ex novo

L’amministrazione titolare del bene può valutare la possibilità di effettuare gratuitamente riproduzioni ex novo di beni culturali richieste da soggetti pubblici in un’ottica di collaborazione istituzionale.

Esempio: un’amministrazione comunale chiede a un archivio di Stato di effettuare gratuitamente copie digitali di alcuni fascicoli necessarie per realizzare un video destinato a promuovere lo studio delle fonti archivistiche nelle scuole del comune. L’archivio di Stato, riconosciuto l’interesse culturale dell’evento e valutata l’entità dell’impegno in termini di tempo, mezzi e personale, accetta di eseguire le riproduzioni gratuitamente e ne cura l’invio all’ente richiedente. L’archivio valuta altresì l’opportunità di procedere alla stipula di una convenzione o di un protocollo d’intesa ad hoc.

A6. Riproduzioni richieste da privati già presenti in banche dati locali ma non pubblicate online

Qualora la riproduzione di un bene sia già presente nella banca dati dell’ente che ha in consegna il bene stesso, ma non ancora disponibile online, essa potrà essere consegnata al richiedente dietro pagamento di un rimborso spese per l’attività di ricerca e messa a disposizione dell’immagine stessa. Anche in questo caso (cfr. A4) il rimborso spese non dovrà essere parametrato sulla risoluzione della riproduzione effettuata ma andrà definito in ragione dei costi amministrativi e gestionali sostenuti dall’ente per soddisfare la richiesta. Qualora la richiesta pervenga da un ente privato, l’istituto può valutare la cessione gratuita delle immagini al richiedente nell’ambito di un accordo di valorizzazione.

Esempio: le immagini d’interesse per l’utente sono presenti solo nelle banche dati interne all’istituto, in attesa di essere pubblicate in rete. L’utente chiede di poterle acquisire comunicando gli estremi identificativi del bene culturale. L’istituto provvede a individuare il file digitale nelle proprie banche dati e si occupa dell’invio del file digitale all’utente, il quale corrisponderà all’istituto una tariffa a titolo di rimborso spese per l’amministrazione.

A7. Riproduzioni richieste da soggetti pubblici già presenti in banche dati locali ma non pubblicate online

Qualora la riproduzione di un bene già presente nella banca dati dell’ente conservatore sia richiesta da un soggetto pubblico, la riproduzione potrà eventualmente essere fornita a titolo gratuito in un’ottica di collaborazione istituzionale.

Esempio: un dipartimento universitario ha intenzione di realizzare un database epigrafico da pubblicare online nel sito web dell’ateneo. L’università e il museo elaborano insieme un protocollo d’intesa nel quale si pattuisce la messa a disposizione gratuita delle riproduzioni digitali della collezione epigrafica del museo già presenti nel database offline dell’istituto insieme al relativo corredo di metadati descrittivi previa citazione della provenienza.

Riproduzioni acquisite online

A8. Riproduzioni acquisite da soggetti pubblici o privati dai siti web istituzionali del MiC mediante download

Qualora la riproduzione sia già stata effettuata dall’istituto nel corso di una campagna di digitalizzazione e sia stata resa pubblicamente accessibile online, l’utente potrà acquisire autonomamente l’immagine senza la mediazione diretta dell’istituto, e quindi senza costi vivi da rimborsare. Nel caso in cui l’accesso alla riproduzione sia accompagnato da servizi specifici ad alto valore aggiunto (visite virtuali online, video-presentazioni di opere, download massivo, accesso a contenuti extra, interrogazioni di banche dati correlate, altissima definizione) può essere richiesta all’utente una compartecipazione alle spese sostenute dall’ente per la raccolta e l’organizzazione avanzata dei contenuti digitali, in armonia con le previsioni della direttiva europea PSI (cfr. par. 2.2). La scelta dell’istituto di rendere l’immagine non solo disponibile in rete, ma anche scaricabile (con o senza preventiva registrazione al sito) va dunque incoraggiata purché siano chiaramente esplicitati i termini d’uso delle riproduzioni.

Coerentemente con quanto già rilevato in precedenza (cfr. A4), il download di immagini a bassa risoluzione va evitato, in quanto rischia di ostacolare forme di fruizione, godibilità e riutilizzabilità dell’immagine, anche soltanto per i fini non lucrativi ammessi dalla normativa vigente. Per le stesse ragioni va scoraggiata la sovraimpressione di filigrane sulle immagini, in coerenza con le raccomandazioni già espresse dalla Commissione Europea in data 27 ottobre 2011 [24]. Non può quindi che essere salutata con favore la scelta di alcuni musei di rendere liberamente scaricabili immagini delle proprie opere a medio-alta definizione e prive di qualsiasi filigrana [25].

Esempio: l’immagine è stata pubblicata nella collezione online dell’istituto. L’utente può scaricarla dal sito gratuitamente e ne può fare ogni uso consentitogli dalla legge.

Alternativa 1: l’utente ha la possibilità di accedere direttamente alle immagini in rete ma senza possibilità di eseguirne il download. Registrandosi nella piattaforma web dell’istituto egli attiva la possibilità di effettuare un download diretto delle immagini presenti nel sito a titolo gratuito oppure dietro pagamento di una tariffa per ciascuna immagine acquisita.

Alternativa 2: l’utente provvede all’acquisto di un abbonamento circoscritto nel tempo che gli consentirà di scaricare un numero predeterminato di immagini potendo godere eventualmente di altri servizi aggiuntivi messi a disposizione dall’istituto.

Cfr. Linee guida per la classificazione di prodotti e servizi digitali, processi e modelli di gestione.

A9. Riproduzioni acquisite da soggetti pubblici o privati dai siti web di terze parti mediante download

Il download di riproduzioni di beni culturali pubblicati in siti web di terze parti non è sotto il controllo dell’ente pubblico che ha in consegna i beni (ad es. le immagini di beni culturali scaricabili da Wikimedia Commons, realizzate “liberamente” dai contributori con mezzi propri per fini di libera manifestazione del pensiero e attività creativa, e quindi nella piena legittimità del Codice dei beni culturali). Rimane nelle competenze dell’istituto culturale l’applicazione di corrispettivi per i successivi usi commerciali delle riproduzioni pubblicate da terze parti.

Diverso è invece il caso in cui il soggetto terzo richieda corrispettivi per l’acquisizione della riproduzione da parte degli utenti: in questo caso la pubblicazione in rete si configura a tutti gli effetti un’attività di sfruttamento economico dell’immagine del bene stesso, la quale prevede il rilascio di un’autorizzazione da parte dell’ente proprietario del bene e la corresponsione del relativo corrispettivo d’uso ai sensi dell’art. 108, comma 3-bis del Codice dei beni culturali (cfr. U5).

Esempio: i membri di una Pro Loco hanno scattato alcune fotografie riproducenti l’area archeologica aperta di recente nel quartiere. Decidono inoltre di pubblicare tali fotografie sui social network e sul loro sito web al fine di renderle liberamente scaricabili e di favorirne al massimo la condivisione e la libera circolazione nel web. Gli utenti si trovano quindi a scaricare liberamente le immagini dei beni archeologici dai social e dal sito web della Pro Loco rimanendo responsabili di tutti i successivi utilizzi che potranno farne.

Altre forme di acquisizione

A10. Acquisizione di riproduzioni massive di intere serie o di parti sostanziali di collezioni

L’acquisizione massiva di serie integrali, o di parti sostanziali della collezione di un istituto, da chiunque richiesta e in qualunque modo essa venga attuata, deve essere oggetto di autorizzazione preventiva da parte dell’istituto che ha in consegna i beni. Si tratta di una misura desunta dal regolamento delle biblioteche statali (DPR 5 luglio 1995, n. 417, art. 49) e ribadita nella circolare n. 39/2017 della Direzione generale Archivi, ma che può essere utilmente estesa alle altre tipologie di beni culturali. L’istituto che ha in consegna il bene deve infatti essere messo nelle condizioni di assicurare la tutela del patrimonio oggetto di riproduzioni, ma anche di essere informato su progetti di digitalizzazione che, per la loro estensione, possono determinare di fatto forme alternative di fruizione del patrimonio culturale. Va detto che, in ogni caso, agli istituti di tutela rimane riservato il monopolio dell’alta risoluzione nelle riprese professionali, dal momento che per l’uso di treppiedi, flash e strumenti di scansione a contatto sarà sempre necessaria un’autorizzazione (A2), eventualmente da affiancare a una richiesta di concessione d’uso degli spazi (A3).

Esempio: un’associazione culturale ha intenzione di avviare un’attività di riproduzione sistematica della collezione statuaria conservata in un museo statale al fine di renderla liberamente accessibile al pubblico sul proprio sito web. Trattandosi dell’attività di acquisizione digitale di un’intera collezione, benché eseguita senza mezzi professionali e senza occupazione temporanea di spazi, prima di procedere alle riprese, la fondazione è tenuta a inoltrare una richiesta formale al direttore del museo, specificandone le ragioni.

A11. Riproduzioni ad altissima definizione di beni culturali

Nel caso un soggetto pubblico o privato volesse realizzare copie ad altissima definizione di beni culturali pubblici da destinare al mercato degli NFT (Non-Fungible Token) sarà necessario fare ricorso a strumenti di riproduzione professionali (A3) che possono richiedere forme di occupazione degli spazi interni all’istituto (A4), ma anche sottoscrivere uno specifico contratto d’uso con l’istituto che ha in consegna il bene (U5). Questa specifica fattispecie, solo recentemente diventata d’attualità anche per il patrimonio culturale, sarà oggetto di specifica prossima regolamentazione da parte del MiC.

Esempio: un’azienda specializzata nella riproduzione ad altissima definizione di beni culturali chiede l’autorizzazione a una biblioteca statale di poter eseguire, con idonee attrezzature, le riproduzioni di un noto codice miniato al fine di poterle commercializzare sia su supporti analogici (copie 3D) che digitali (ad esempio mediante NFT), secondo modalità da concordare con il MiC.

Quadro sinottico (A-Modalità di acquisizione delle riproduzioni)

Di seguito viene riportata una tabella riepilogativa delle diverse procedure di acquisizione di una riproduzione fedele (digitalizzazione) di bene culturale pubblico in pubblico dominio:

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Flusso procedurale

Le diverse procedure per l’acquisizione di una riproduzione di un bene culturale possono essere inoltre graficizzate nel seguente workflow procedurale:

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[23]Per la disciplina d’uso dei droni attualmente vigente (Regolamento ENAC UAS-IT del 04.01.2021), nessun drone, indipendentemente dal peso, può effettuare voli senza autorizzazione all’interno di aree archeologiche delimitate, che sono considerate tra le «aree riservate». Al di sotto dei 250 gr di peso dell’apparecchio è sufficiente l’autorizzazione della Soprintendenza, mentre per apparecchi di peso superiore l’autorizzazione della Soprintendenza deve essere associata a autorizzazione ENAC. Specifiche restrizioni dettate dalla stessa normativa ENAC sono ovviamente superiori ai provvedimenti MiC e impediscono tout-court voli su determinate aree (ad esempio le zone militari). In aree archeologiche non delimitate (per esempio i resti di una villa romana, di un nuraghe o altro sito archeologico) la disciplina è diversa: il volo è infatti equiparato a riprese foto/video fatte con altri mezzi e quindi libero sul versante delle autorizzazioni ministeriali, e soggetto solo alla più generale disciplina ENAC. In ogni caso tutti gli apparecchi, indipendentemente dal peso, devono essere coperti da assicurazione.
[24]Raccomandazione della Commissione Europea del 27 ottobre 2011 sulla digitalizzazione e l’accessibilità in rete dei materiali culturali e sulla conservazione digitale: “Si dovrebbe evitare l’uso di filigrane intrusive o di altre misure di protezione visiva su copie di materiale di pubblico dominio come segno di proprietà o provenienza” (https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2011:283:0039:0045:IT:PDF).
[25]Si può citare, a titolo esemplificativo, la Pinacoteca di Brera che ha optato per la messa a disposizione del pubblico di riproduzioni di opere a risoluzione medio-alta pur circoscrivendo il riuso libero dell’immagine al solo scopo non commerciale (https://pinacotecabrera.org/collezioni/opere-on-line/).