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Ricerche qualitative

La User Research (ricerca sugli utenti) ha come fine ultimo quello di studiare gli utenti per progettare servizi quanto più rispondenti alle loro effettive esigenze. Questo obiettivo si raggiunge attraverso approcci di ricerca di tipo qualitativo e/o quantitativo, che si differenziano per le caratteristiche del dato che si può ricavare e per l’analisi che se ne può fare. La ricerca qualitativa, in genere, ha come obiettivo cercare di comprendere le motivazioni sottese ad attitudini, comportamenti e atteggiamenti dell’utente, studiandone le attività, i contesti d’uso, le necessità ma anche gli errori e le frustrazioni. A differenza della ricerca quantitativa, non si basa solamente su quello che le persone dicono, ma cerca di guardare più in profondità, mappando quello che le persone dicono, fanno e pensano. La ricerca qualitativa:

  • si fonda su campioni non numerosi;
  • genera dati qualitativi e non validi a fini statistici;
  • non analizza i dati in modo statistico/matematico, ma interpreta informazioni e ispirazioni raccolte rispetto agli obiettivi di progetto e alla sensibilità del ricercatore.

Nella progettazione di servizi digitali la ricerca qualitativa può essere utilizzata in diverse fasi del progetto: dalla fase di osservazione e ideazione a quella di progettazione e validazione. Gli strumenti e le tecniche sono molte e differenti fra loro per il tipo di dato che permettono di raccogliere: per ogni progetto, quindi, è necessaria una valutazione ad hoc per definire gli strumenti e le tecniche più adeguate e le fasi in cui si utilizzeranno.

Introduzione ai metodi

Possiamo distinguere tre tipi di ricerca qualitativa, a cui si associano diversi tipi di strumenti e tecniche:

  • la ricerca esplorativa (o fondativa) si svolge in genere all’inizio di un progetto e permette di analizzare un tema o un problema che non si conosce a fondo. Prevede l’utilizzo di interviste individuali e osservazioni in contesto, orientate alla comprensione delle motivazioni, necessità ed esperienze attuali degli utenti di un servizio.
  • la ricerca generativa si usa in genere per coinvolgere gli utenti in sessioni di discussione e generazione di idee, in una fase del progetto in cui si hanno già sufficienti informazioni sul contesto per poter focalizzare l’attenzione sull’individuazione delle soluzioni. Utilizza tecniche come il focus group e sessioni di co-design, orientate al lavoro collaborativo.
  • la ricerca valutativa infine si svolge quando sono già disponibili i primi prototipi della soluzione progettata e si vuole raccogliere il feedback degli utenti nello sperimentare l’interazione con il servizio digitale in questione. Prevede strumenti come il test di usabilità o il cognitive walkthrough.

Le interviste individuali

La ricerca esplorativa si ispira ai metodi dell’etnografia applicata, per la necessità di entrare in contatto con le persone nel loro contesto abituale di vita, e di capire i loro comportamenti in profondità. La tecnica principale è quella dell’intervista individuale: il ricercatore incontra ciascun partecipante di persona e raccoglie una serie di spunti ponendo domande, costruendo un dialogo, e ascoltando con attenzione ciò che il partecipante racconta. Ecco alcuni consigli per organizzare al meglio le sessioni di intervista individuale.

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Costruire un piano di ricerca

Il primo passo per impostare le interviste è pianificare l’attività nel dettaglio, riflettendo sull’obiettivo della ricerca e su chi ha senso incontrare (e dove) per raggiungere quell’obiettivo. Il piano di ricerca include:

  • la dichiarazione di un tema di investigazione chiaro e analizzabile tramite una ricerca qualitativa (es. “l’obiettivo della ricerca è capire a quali servizi i cittadini vorrebbero poter accedere tramite il sito del proprio Comune”).
  • la definizione delle specificità del metodo di intervista, ovvero la sua durata (può variare da 1 a 2 ore a seconda della complessità dell’argomento di discussione), il numero di ricercatori coinvolti (minimo 2, massimo 3 persone), il contesto in cui avranno luogo le sessioni (si tenderà a privilegiare l’ambiente domestico, ma possono anche essere svolte nello spazio di lavoro o in altri luoghi neutrali).
  • la definizione di un campione di ricerca che tiene conto delle diverse tipologie di utenti coinvolti nell’utilizzo del servizio (quali variabili, e quali quantità). Un buon campione per una ricerca qualitativa prevede il coinvolgimento di un numero di circa 6-8 persone della stessa tipologia.
  • la definizione delle aree geografiche in cui la ricerca avrà luogo, considerando le diversità tra Nord, Centro e Sud Italia, ma anche tra centri urbani di grande, media e piccola dimensione. Talvolta è utile anche riflettere sulle differenze all’interno di una specifica area urbana, tra zone di periferia e centro città.
  • la definizione di una scaletta temporale delle varie attività, che includa eventuali spostamenti da una città all’altra e tenga conto dei tragitti necessari per raggiungere le diverse case (o luoghi di riferimento) dove incontrare i partecipanti. La buona pratica è di svolgere 2 (massimo 3) sessioni nell’arco di una giornata, per avere tempo di metabolizzare le informazioni raccolte di volta in volta, e mantenere il livello di energia necessario per condurre questo tipo di attività.

Preparare la guida alla discussione

La guida alla discussione è un documento che raccoglie una serie di spunti relativi alle domande da svolgere durante l’intervista. La guida viene costruita individuando in primo luogo le aree tematiche da affrontare durante l’intervista, come se fossero dei capitoli della conversazione. Ciascun capitolo contiene una serie di domande, che il ricercatore prepara in anticipo in modo da raccogliere tutti i punti che sarà necessario trattare e prepararsi agli incontri. Durante l’intervista il ricercatore porta con sé la guida alla discussione per assicurarsi di non dimenticare nessun punto: anche se la conversazione può prendere varie direzioni e non seguire il flusso logico ipotizzato all’inizio, l’importante è coprire tutti i temi, in modo da avere una base dati completa al termine delle interviste.

La guida alla discussione può essere accompagnata da una serie di materiali visivi che possono essere un utile stimolo per trattare alcuni punti della discussione, rendendo la conversazione più interattiva e in alcuni casi più immediata. Questi materiali possono essere ad esempio delle card che mostrano diverse funzionalità di un servizio e aiutano a prioritizzare insieme i vari elementi, e vengono progettati di volta in volta a seconda del contenuto dell’intervista.

Stampare la modulistica

Il coinvolgimento degli utenti richiede sempre estrema attenzione nel modo in cui si gestiscono i dati personali. Per ogni attività di ricerca è necessario preparare e stampare delle liberatorie per il consenso al trattamento dei dati che vengono sottoposte all’attenzione di ciascun partecipante al termine dell’intervista, dando loro la possibilità di scegliere se acconsentire alla conservazione del materiale audio-video e/o fotografico raccolto durante la sessione oppure no. In caso positivo, il materiale potrà essere condiviso con il proprio team di lavoro e utilizzato per costruire dei report dell’attività. In caso negativo, il materiale relativo a quel partecipante dovrà essere cancellato, e verranno prese in considerazione per l’analisi solo le informazioni raccolte verbalmente.

Condurre le interviste

Le interviste sono un momento molto delicato, da gestire con estrema cautela per assicurarsi di raccogliere tutte le informazioni necessarie, creando una situazione che metta a proprio agio il partecipante e documentando attentamente tutte le osservazioni emerse. Ecco alcuni aspetti da considerare per preparare al meglio il momento dell’intervista:

  • definire dei ruoli chiari all’interno del gruppo che gestirà la ricerca sul campo è fondamentale per non incutere timore ai partecipanti, presentandosi come gruppi troppo numeroso o facendo piovere domande da ogni direzione. Il numero di ricercatori ideale per ogni sessione di intervista è due, di cui una persona intenta a moderare l’intervista e una persona dedita alla raccolta di note e alla documentazione fotografica. In caso di tre persone questi ultimi due compiti possono essere suddivisi, distinguendo il ruolo del trascrittore di note da quello del fotografo.
  • definire la strategia di documentazione dell’attività richiede di riflettere su come verranno raccolte e gestite le note e su quali strumenti verranno utilizzati per la documentazione audio-video e fotografica della sessione. Solitamente le note vengono raccolte in formato digitale, in spreadsheet che possono essere facilmente condivisi con gli altri partecipanti alla ricerca e raccogliere tutte le trascrizioni delle interviste in varie tab. Per la documentazione audio-video e fotografica si raccomandano strumenti di piccole dimensioni, non intrusivi, in modo da preservare per quanto possibile la naturalezza della conversazione.
  • è necessario infine ricordare l’importanza di alcune soft skills: la capacità di ascoltare in modo aperto, mettendo da parte le proprie idee, pregiudizi e assunzioni fatte in precedenza; la gestione della propria espressione e postura durante il dialogo in modo da mostrare interesse e partecipazione; la capacità di gestire la conversazione e stabilire una relazione empatica con il partecipante, adattando le domande e il protocollo dell’intervista alla tipologia di risposte ricevute.
  • durante l’intervista, chiedere ‘perché’ più e più volte è indispensabile per approfondire ciascuna risposta e raggiungere quel livello di profondità che si desidera raggiungere con l’intervista individuale.

Sintetizzare i risultati

Al termine di ciascuna intervista, i ricercatori discutono tra di loro i risultati emersi, annotando a caldo i temi rilevanti, le cose che non sapevano o che li hanno sorpresi, quello che vogliono essere sicuri di ricordarsi. Questo primo momento di debriefing è fondamentale per iniziare a processare le informazioni raccolte e fissare alcuni elementi per un secondo momento di analisi più strutturata. Al termine delle attività di ricerca, i ricercatori analizzano le note raccolte, individuando i pattern di comportamento emersi, ovvero i temi chiave condivisi da tutti o buona parte dei partecipanti. In questa fase possono essere utilizzati alcuni strumenti di service design come i personas e le user journey per raccogliere le informazioni raccolte in profili utente e mappature dell’esperienza.

I focus group

La ricerca di tipo generativo prevede l’utilizzo di una tecnica chiamata focus group, ovvero un’intervista di gruppo (anziché individuale) in cui un ricercatore (o moderatore) propone una serie di esercizi e temi di discussione a un panel selezionato di partecipanti. L’organizzazione di un focus group segue un processo molto simile a quello descritto per la pianificazione di interviste individuali. Una delle principali caratteristiche distintive del focus group è quella di far leva sulle dinamiche di gruppo per stimolare la discussione, raccogliere diverse opinioni, e giungere a un consenso (o dissenso) collettivo rispetto a una specifica soluzione proposta. Ecco una lista di attività necessarie per la preparazione di un focus group, e consigli pratici per la moderazione.

Costruire un panel di partecipanti

Il punto di partenza per l’organizzazione del focus group è la definizione del tipo di partecipanti da coinvolgere. A seconda del contesto e dell’obiettivo delle sessioni di ascolto di gruppo si possono coinvolgere gruppi omogenei, ovvero persone che condividono caratteristiche simili (per età, estrazione sociale, conoscenza della tecnologia o conoscenza del servizio) oppure gruppi misti, ovvero persone che rappresentano diverse tipologie di utenti collegati al servizio in questione. I gruppi omogenei aiutano ad avere una comprensione completa del punto di vista di una stessa categoria di utenti, facendo leva sul fatto che tutti i partecipanti condividono le stesse competenze, problemi e necessità. Nel caso di gruppi misti si cerca invece di creare una situazione di scambio, in cui il confronto tra punti di vista e necessità differenti può facilitare la comprensione di tutti i fattori in gioco e l’individuazione di soluzioni che soddisfano molteplici bisogni. Al di là della omogeneità o disomogeneità del gruppo, il primo passo è sempre quello di definire nel dettaglio tutti i criteri che il campione dei partecipanti deve soddisfare e costruire un questionario di screening che permetta di formare un panel soddisfacente. Il questionario di screening è un insieme di domande orientato a raccogliere dati su ciascun rispondente in modo da capire se è qualificato o meno per partecipare al focus group. Questo questionario può essere distribuito in formato digitale o cartaceo, cercando di raggiungere il più ampio numero di persone possibile (per esempio, tutti gli abitanti di un Comune, o tutti gli insegnanti di una scuola) in modo da raccogliere un alto numero di risposte e mettere il ricercatore nella condizione di selezionare i partecipanti più adatti per la sessione, analizzando le risposte e bilanciando tra le diverse variabili desiderate. Un focus group può prevedere un minimo di 5 fino a un massimo di 10 partecipanti in un’unica sessione, supportati da un moderatore nello svolgimento degli esercizi o dello scambio di idee e opinioni e da una persona incaricata di prendere appunti per documentare le informazioni e osservazioni emergenti. È buona pratica svolgere almeno 3 sessioni di simile tipologia (es. 3 focus group con lo stesso insieme di partecipanti) per avere un quantitativo di dati sufficiente per l’analisi.

Progettare un focus group

Per organizzare un focus group è necessario definire una durata temporale (variabile tra 1 e 3 ore a seconda della quantità di temi da coprire) e un luogo neutrale per lo svolgimento delle sessioni. Il ricercatore progetta quindi le attività da svolgere durante il focus group sulla base degli obiettivi da raggiungere. In un momento iniziale di esplorazione e generazione di idee, il focus group può essere impostato come una conversazione di gruppo, in cui il moderatore solleva degli spunti di discussione e agevola lo scambio di opinioni tra i vari partecipanti. In questa fase può essere utile avere una lista di storie, funzionalità o servizi da prioritizzare insieme, in modo da passare da uno scambio iniziale libero a una discussione focalizzata, in cui i partecipanti traducono le loro necessità in richieste maggiormente tangibili. In un momento più avanzato di esplorazione e generazione di idee, il focus group può essere utilizzato per sottoporre ai partecipanti diverse soluzioni e discutere insieme vantaggi e svantaggi di ciascuna proposta, in modo da capire quali aspetti validare e quali invece migliorare rispetto alle loro specifiche esigenze. Sulla base del tipo di attività da svolgere, il moderatore prepara in anticipo una scaletta dei vari punti di discussione o esercizi e l’insieme dei materiali necessari per facilitare la sessione. I materiali possono includere card stampate contenenti descrizioni testuali di storie, funzionalità o servizi, oppure storyboard che raccontano nuovi scenari, oppure ancora prototipi (digitali o analogici) di nuovi servizi.

Moderare il focus group

Il compito del moderatore (o facilitatore) è quello di guidare la discussione, sulla base dei temi e delle attività definite nella scaletta della sessione. Durante la sessione, il moderatore pone domande specifiche, volte ad avviare la discussione, e cerca di alimentarla chiedendo dettagli, motivazioni e aneddoti sulla base delle risposte raccolte. Se la discussione prosegue in modo naturale e produttivo, il moderatore lascia i partecipanti liberi di confrontarsi e di condividere i diversi punti di vista. Quando invece la conversazione rallenta, oppure si blocca attorno a opinioni contrastanti, il moderatore riprende il controllo della discussione passando a un altro argomento o interpellando una persona specifica all’interno del gruppo. Rivolgersi ai partecipanti chiamandoli con il loro nome proprio è fondamentale per esprimere sempre con chiarezza a chi è indirizzata la domanda (in caso sia necessario) e mettere i partecipanti a proprio agio. Uno dei rischi dei focus group è quello di avere persone con opinioni molto forti o per natura più estroverse di altre che diventano figure guida nella discussione, allineando le opinioni altrui alle proprie o rispondendo sempre a tutte le domande per primi. Il moderatore deve individuare questi soggetti e trovare il modo di arginare la loro influenza sul gruppo, dando la possibilità a tutti di esprimere la propria opinione, e – se necessario – invitando esplicitamente questi partecipanti a dare spazio anche agli altri nella conversazione.

Documentare i risultati

Ciascun focus group viene documentato tramite la raccolta di note relative alle informazioni e osservazioni che emergono durante lo scambio: per questo è bene prevedere una persona dedicata alla raccolta di appunti, in aggiunta al moderatore. Le sessioni possono inoltre essere documentate tramite la registrazione video (in questo caso è necessario chiedere ai partecipanti di firmare il modulo di liberatoria). I materiali vengono utilizzati per costruire un report dei focus group che va ad informare le successive attività di sviluppo delle soluzioni di