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Cap. 2 | La dimensione immateriale, il quadro conoscitivo normativo e l’Agenda Digitale

ABSTRACT | Il capitolo introduce alcuni dei concetti che sono alla base del passaggio dalla dimensione materiale a quella immateriale della società digitale. La tecnologia sta rivoluzionando il paradigma dominante, che nella dimensione materiale prevedeva come tutto avesse un costo, dalla produzione degli oggetti all’archiviazione dei documenti. Con l’avvento della società immateriale, viceversa, ciò che è virtuale (codici a barre, token bancari, app) continua ad avere il proprio valore, pur perdendo la propria forma fisica. È una rivoluzione che trasformerà profondamente anche i rapporti tra la pubblica amministrazione e i cittadini, come ha già profondamente cambiato il mercato e i comportamenti dei consumatori. Di conseguenza, appare necessario che le Istituzioni e la politica cerchino di governare ed accompagnare l’evoluzione sociale, rendendo le trasformazioni meno traumatiche possibili e massimizzando al contempo il potenziale offerto dalle tecnologie.

Per dare un quadro giuridico di riferimento al lavoro della Commissione, il capitolo prosegue, quindi, con un’analisi del contesto normativo europeo sulla materia delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni, con particolare attenzione agli obiettivi dell’Agenda Digitale di Europa 2020. Allo stesso modo, è stato descritto il contesto normativo nazionale e gli obiettivi dell’Agenda Digitale Italiana e dell’Agenzia per l’Italia Digitale, di cui la Commissione ha ricostruito la genesi e le tappe salienti dei progetti di digitalizzazione della pubblica amministrazione. Il capitolo si conclude fotografando il posizionamento non positivo dell’Italia nella classifica digitale, stilata dalla relazione sui progressi del settore digitale in Europa, nel quale si prendono in esame alcune delle più significative statistiche del nostro Paese sulla penetrazione di Internet e sull’uso dei servizi ad esso connessi.

2.1 La società post moderna, dalla dimensione materiale a quella immateriale

Dalla vulgata comune, Internet viene spesso definito come un luogo di relazioni virtuali, una nuvola fuori dalla realtà, nella quale ci si incontra e scontra quotidianamente, senza necessariamente condividere lo stesso spazio fisico e talvolta nemmeno lo stesso tempo. In realtà, Internet è uno strumento molto reale, rappresenta la “sede della dimensione immateriale del mondo che, nel XXI secolo, è la maggiore base delle relazioni sociali ed economiche delle persone e delle aziende”. [1] I nostri stili di vita, il nostro modo di lavorare, tessere relazioni, programmare il tempo libero, passano sempre di più attraverso Internet e mediante dispositivi e software programmati per aiutarci a gestire al meglio le nostre attività quotidiane. [2] Il futuro che la tecnologia ci propone non è, tuttavia, uguale per tutti e la società tende a dividersi tra chi vive un presente molto simile al passato e chi invece abita già in un futuro molto più simile agli orizzonti intravisti dalla fantascienza. [3] È un divario che aumenta con velocità crescente, provocando una disparità di conoscenze fra le diverse generazioni, che hanno conseguenze non soltanto sulla capacità di utilizzo delle nuove tecnologie, ma anche sull’economia e le opportunità per il futuro. Le tecnologie digitali, a differenza delle tecnologie che hanno dominato i secoli passati, evolvono a velocità crescente, producendo nuove disuguaglianze culturali ed economiche. Per molti secoli, infatti, le società si sono basate su un’economia solo materiale, che si misurava in termini di produzione, costi e lavoro. Le tecnologie digitali, invece, hanno prodotto uno sviluppo crescente dell’economia immateriale, che stima per il 2030 un numero di 500 miliardi di dispositivi connessi alla rete, [4] in grado di produrre di conseguenza profondi mutamenti sociali. E’ dunque necessario che la politica si sforzi di comprendere profondamente i radicali mutamenti imposti dall’evoluzione tecnologica, per cercare di governare ed accompagnare l’evoluzione della società, in modo da rendere le trasformazioni meno traumatiche possibili, massimizzando al contempo il potenziale offerto dalle tecnologie. [5]


NOTE paragafo 2.1

[1]ec.europa.eu/newsroom/document.cfm?doc_id=43021
[2]La quarta rivoluzione, Luciano Floridi, Codice, 2017
[3]Future Perfect. The Case for Progress in a Networked Age, Steven Johnson, Riverhead Books, 2012
[4]Costruire il domani, cit., p. 18.
[5]La spinta gentile, Richard H. Thaler, Cass R. Sustein, Feltrinelli, 2009, p. 21; La cittadinanza digitale, Gianluigi Cogo, Edizioni della sera, 2010, p.121; L’arte del governo nel terzo millennio, Cass R. Sustein, Feltrinelli, 2014, p. 28; Rapporto 2016, Italiadecide, Il Mulino, 2016, p.19; Costruire il domani, cit., p. 19.

2.1.1 La dimensione materiale, tutto ha un costo

Conosciamo bene il mondo nella sua dimensione materiale e nei secoli ne abbiamo osservato e studiato le relative dinamiche, arrivando persino a prevedere le conseguenze sociali di determinate azioni politiche ed economiche. L’avvento del mondo immateriale nelle nostre società, di contro, rappresenta una rottura traumatica, capace di mettere in crisi le sedimentate certezze del passato. [6] Nella dimensione materiale tutto ha un costo. Produrre qualsiasi oggetto, sia un frutto sia un elettrodomestico, ha un costo in termini di materie prima, energia, lavoro e capitali. Anche riprodurre ha sempre un costo, seppur commisurato all’economia di scala che adottiamo, ma è sempre certo che produrre un oggetto materiale da vendere ha sempre un costo. Nella dimensione materiale, poi, hanno un costo anche azioni quotidiani quale archiviare, immagazzinare, trasferire e trasportare, così come non si può prescindere dal valore della manodopera. Nella dimensione materiale, i beni prodotti possono essere “rivali”, poiché il godimento di un bene da parte di qualcuno, lo sottrae al godimento di qualcun altro e persino “escludibili”, [7] quando la possibilità di godere di un bene da parte di un individuo può essere impedita da parte di un altro. Infine nella dimensione materiale i beni purtroppo deperiscono, poiché sono soggetti a logoramento e usura e sono disconnessi tra loro, perché non comunicano il proprio stato l’uno all’altro e di conseguenza non possono modificare il proprio comportamento sulla base di quello altrui. [8]


NOTE paragafo 2.1.1

[6]Costruire il domani, cit., p. 21.
[7]Ibidem, p. 24
[8]Ibidem, p. 25

2.1.2 La dimensione immateriale, ciò che virtuale è molto reale

Quando si parla di “virtuale” per intendere qualcosa che non sia materiale, si rischia di commettere un errore poiché, se è senz’altro vero che la definizione del termine significhi “ciò che è solo potenziale”, nella realtà quando concretamente affidiamo i nostri risparmi ad una banca, gestendoli online sul nostro conto corrente, i nostri euro non sono più davvero materiali, ma diventano immateriali, pur mantenendo il proprio valore reale. [9] La tecnologia ha imposto una svolta paradigmatica epocale e come sostenuto dal filosofo Luciano Floridi, molto probabilmente oggi ci troviamo dinanzi alla “quarta rivoluzione”, [10] analoga a quelle alimentate dal pensiero di Copernico, Darwin e Freud. Basti pensare a come è cambiato il nostro modo di viaggiare. Prima quello che faceva fede per prendere un treno era il documento di viaggio, il biglietto cartaceo esibito al controllore e l’informazione scritta sul pezzo di carta. Ora, invece, non serve più quel documento, poiché l’informazione è codificata in una base di dati online che attestano un’avvenuto pagamento e quando il controllore interroga il sistema con il suo pod, non cerca il documento nell’archivio, poiché la funzione del documento non esiste già più. Per fare un’analogia con i servizi della pubblica amministrazione, è come se il certificato anagrafico richiesto in Comune e presentato ad un’amministrazione non facesse più fede, ma contasse il dato presente in un’anagrafe centralizzata e consultato dalla stessa amministrazione. [11] Non è ancora così, ma lo dovrebbe essere e molto probabilmente lo sarà nel prossimo futuro. Quello che già accade per le nostre passioni: ascoltare musica senza avere più un disco fra le mani o leggere libri e giornali su tablet e smartphone, succederà anche per la gestione dei servizi e dei rapporti con le pubbliche amministrazioni. Quello che una volta era un oggetto o un documento fisico materiale, oggi sta diventando un “archivio in un dispositivo”, [12] così che ciò che si acquisisce non è più una proprietà, ma un insieme di diritti, facoltà e privilegi, stabiliti contrattualmente fra un venditore ed un acquirente. Alla base di questa nuova rivoluzione tecnologica che modifica mercati e comportamenti, ci sono le regole di base dell’immateriale che sono profondamente diverse dal materiale. Come visto per la dimensione materiale, anche in quella immateriale la produzione costa, ma generalmente molto meno dell’analogo fisico. Un gioco di società del passato aveva un costo di produzione, mentre la sua versione immateriale online richiede soltanto la codifica di un codice da parte di un programmatore, che usando la propria mente diventa il gestore dei mezzi di produzione. [13] La riproduzione, poi, ha un costo marginale per ogni unità incrementale prodotta e tende ad azzerarsi. Nella dimensione immateriale, di conseguenza, archiviare o immagazzinare non costa, così come trasferire che avviene in modo istantaneo, cancellando le distanze fisiche e i costi di trasporto. Tutto il mondo si trasforma in un “grande qui e adesso”, [14] grazie alle opportunità di Internet. [15] Nella dimensione immateriale, inoltre, si trasforma anche il lavoro, che grazie all’uso delle tecnologie digitali mette in collegamento persone da una parte all’altra del globo a qualsiasi ora. [16] Nella dimensione immateriale, infine, i beni non sono “rivali”, poiché la possibilità di conoscenza posseduta da un soggetto, non viene limitata dal trasferimento di quella conoscenza ad un altro. Di conseguenza i beni non sono “escludibili”, poiché prestare o vendere il codice di un programma, consente l’utilizzo dello stesso a più persone, al contrario di quanto avviene per gli oggetti fisici, il cui possesso limita il godimento di qualcun altro. Inoltre nella dimensione immateriale, i beni non deperiscono e tutto è interconnesso, favorendo l’interazione costante tra sistemi diversi e consentendoci, ad esempio, di avere navigatori satellitare in grado di prevedere gli itinerari migliori in base al traffico. L’accesso ad Internet è la modalità principale con la quale si ottiene l’ingresso nella dimensione immateriale dell’esistenza ed è per questa ragione che le legislazioni transnazionali e nazionali stanno sempre più favorendo l’accesso della popolazione ad una rete sempre disponibile e sempre più veloce, tanto che ormai ci stiamo abituando a tenere accesi i nostri computer, per non dover perdere tempo nel riaccenderli. Anche i dispositivi con i quali accediamo ad Internet sono in continua evoluzione e rappresentano le nostre chiavi d’accesso alla dimensione immateriale, che sempre di più sta entrando nelle nostre azioni quotidiane e che di conseguenza sta diventando anche il terreno sul quale la pubblica amministrazione sta lentamente modificando i propri rapporti con i cittadini. [17]


NOTE paragafo 2.1.2

[9]Il nostro futuro nei mondi virtuali, Peter Ludlow, Edizioni 40K, 2010
[10]La rivoluzione dell’informazione, Luciano Floridi, Codice, 2010; La quarta rivoluzione, cit.
[11]Costruire il domani, cit., p. 37.
[12]Ibidem, p. 39.
[13]Ibidem, p. 42.
[14]Ibidem, p. 43.
[15]Cluetrain Manifesto, Fazi Editore, 2001, p. 27-40; Too Big to Know, David Weinberger, Basic Books 2011, p. xiii
[16]Here Comes Everybody, Clay Shirky, The Penguin Press, 2008, p. 157
[17]Managerialità e digitalizzazione nella P.A., Domenico Crocco, in La digitalizzazione della società moderna, Jovene editore, 2016, p. 33- 76; Pubblica Amministrazione digitale, William D. Eggers, Hoepli, 2017, p.4

2.2 Il contesto normativo europeo

Un contributo per l’aumento della produttività e per la crescita economica all’interno dell’Unione europea è offerto, a partire dalla metà degli anni Novanta, dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT). [18] Ne fanno parte la tecnologia dell’informazione, le telecomunicazioni, i mezzi radiotelevisivi, le varie modalità di elaborazione e trasmissione audio e video, assieme alle funzioni di controllo e monitoraggio basate sulle reti. Negli ultimi tre decenni, l’interdipendenza tecnologica ha superato i confini tra telecomunicazioni, radiodiffusione e tecnologia dell’informazione. Le reti mobili sono notevolmente cresciute, soprattutto per effetto del sistema ‘on demand’, che sta rapidamente sostituendo la trasmissione lineare delle informazioni e dei contenuti digitali. Per questa ragione si assiste ad una crescita esponenziale della connettività internet 4G e del wi-fi, che di conseguenza sta contribuendo ad un incremento dell’economia digitale sette volte più rapido rispetto al resto dell’economia. Tuttavia il quadro strategico europeo appare disomogeneo con una ‘distorsione’ del suo potenziale, che pone l’Europa in ritardo rispetto ad altri paesi quando si tratta di disporre di reti digitali rapide, affidabili e connesse per sostenere l’economia, le imprese e le attività della nostra vita privata. In questo senso connettività irregolare e tariffe variabili rappresentano i principali ostacoli, producendo effetti negativi per cittadini e imprese. Per questa ragione nel maggio del 2010, la Commissione europea ha istituito l’Agenda Digitale per l’Europa, una della sette iniziative faro della strategia Europa 2020 per il rilancio dell’economia dell’UE, che mira ai possibili vantaggi economici e sociali sostenibili offerti dal mercato digitale unico. Nella nuova epoca digitale sarà importante colmare il ‘digital divide’ e cogliere le opportunità di nuovi posti di lavoro, per accedere ai quali sarà necessario possedere le competenze necessarie nel campo delle ICT.

Mentre i trattati non contengono disposizioni speciali per lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, l’Unione europea ha intrapreso azioni specifiche nel quadro delle politiche settoriali in molte materie, dalla politica industriale [19] a quella commerciale, [20] dalle politiche della concorrenza [21] a quelle relative alla libera circolazione delle merci, [22] delle persone, dei servizi e dei capitali. [23] Particolare rilevanza per lo sviluppo delle TIC le hanno anche le azioni verso settori strategici quali la ricerca e lo sviluppo tecnologico, [24] le reti trans-europee [25] e le politiche per l’istruzione e la formazione professionale. [26]

La rassegna di direttive dell’UE che seguirà rappresenta le fondamenta sulle quali si è mossa la legislazione europea. Dalla direttiva relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, [27] a quella sulla libera circolazione di tali dati [28] e sulla tutela giuridica delle banche dati. [29] Dalla direttiva del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, [#]__ a quella del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, [#]__ fino al regolamento n. 1211/2009 che ha istituito l’organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC). [30] Fin dal giugno 2010, in conseguenza delle azioni previste dall’agenda digitale europea, varata nel maggio dello stesso anno, il Parlamento europeo e la Commissione hanno approvato risoluzioni, emanato direttive e comunicazioni riguardanti il tema delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. A cominciare dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivo, [31] fino alle risoluzioni sull’Internet degli oggetti [32] e sulla governance di Internet [33] del 15 giugno 2010 e sul completamento del mercato interno per il commercio elettronico [34] del 21 settembre dello stesso anno.

Nel 2011 è stata emanata la direttiva sui diritti dei consumatori, [35] per modificare le precedenti direttive del Consiglio [36] e del Parlamento Europeo [37] e per abrogare la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. [38] Nel 2012 sono state approvate le risoluzioni sull’e-government come elemento trainante di un mercato unico digitale competitivo [39] e le risoluzioni sulla protezione delle infrastrutture critiche informatizzate [40] e sul completamento del mercato unico digitale. [41]

Nel 2013 il Parlamento europeo ha deliberato anche sulla nuova agenda per la politica europea dei consumatori, [42] sull’Agenda Digitale, [43] sulle pratiche di pubblicità ingannevole, [44] sul quadro normativo per le comunicazioni elettroniche [45] e sullo sfruttamento del potenziale del cloud computing in Europa. [46] Sempre nello stesso anno il Parlamento europeo e il Consiglio hanno emanato la direttiva 2013/37/UE, che ha modificato la precedente direttiva [47] relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico [48] (direttiva ISP) e licenziato il regolamento n. 524 del 21 maggio, relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori [49] (regolamento sull’ODR per i consumatori).

Nel 2014 ha visto la luce il regolamento n. 910 del Parlamento europeo e del Consiglio per l’identificazione elettronica e i servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno, [50] che ha abrogato la precedente direttiva [51] in materia e che consente la prova del momento della ricezione della comunicazione. Sempre nello stesso anno è stato emanato il regolamento n. 283 sugli orientamenti per le reti transeuropee nel settore dell’infrastruttura di telecomunicazioni. [#]__ Sono state, inoltre, approvate le risoluzioni riguardanti il mercato integrato della consegna dei pacchi per la crescita del commercio elettronico nell’Unione Europea, [52] sui prelievi per copie private [53] e sul sostegno ai diritti dei consumatori nel mercato unico digitale. [54]

Nel 2015 Cina ed Unione europea hanno sottoscritto un accordo di partenariato sullo sviluppo del 5G, mentre il Parlamento ha approvato le risoluzioni sulla relazione annuale sulla politica di concorrenza dell’UE [55] e sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione. [56]

Oltre alle direttive, ai regolamenti e alle risoluzioni, la Commissione ha prodotto numerose comunicazioni. Fin dal 2012 la Commissione ha inviato comunicazioni sull’accessibilità dei siti web degli enti pubblici [57] e sui contenuti del mercato unico digitale, [58] mentre il 2 luglio del 2014 ha indirizzato agli Stati membri la comunicazione dal titolo “Verso una florida economia basata sui dati”. Nel 2015 la Commissione ha trasmesso la comunicazione dal titolo «Strategia per il mercato unico digitale in Europa» [59] e il documento di lavoro dei servizi della Commissione che la accompagna. Sempre nello stesso anno il Parlamento europeo ha assunto la decisione 2240 che istituisce un programma sulle soluzioni di interoperabilità e di quadri comuni per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini europei (programma ISA2), [60] come strumento per modernizzare il settore pubblico. Infine, il 19 gennaio 2016 il Parlamento Europeo ha approvato la risoluzione sul mercato unico digitale che prevede, tra le altre cose, la sospensione del geo-blocking e dell’interdizione all’accesso online dei consumatori ai servizi, fatto sulla base dei loro indirizzi IP, degli indirizzi postali e del Paese che ha rilasciato la carta di credito. Le proposte contenute nella risoluzione del Parlamento Europeo sono volte a migliorare l’accesso dei consumatori ai beni e servizi di Internet.


NOTE paragafo 2.2

[18]http://ec.europa.eu/digital-agenda/en/scoreboard
[19]Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), 2008, art. 173
[20]TFUE, 2008, artt. 206-207.
[21]TFUE, 2008, artt. 101-109.
[22]TFUE, 2008, artt. 28 e 30; artt. 34-35.
[23]TFUE, 2008, artt. 45-66.
[24]TFUE, 2008, artt. 179-190.
[25]TFUE, 2008, artt. 170-172.
[26]TFUE, 2008, artt. 165-166.
[27]Direttiva 95/46/CE.
[28]GU L 281 del 23.11.1995, p. 31.
[29]GU L 77 del 27.3.1996, p. 20.
[30]GU L 201 del 31.7.2002, p. 37.
[31]GU L 376 del 27.12.2006, p. 36.
[32]GU L 337 del 18.12.2009, p. 1.
[33]GU L 95 del 15.4.2010, p. 1.
[34]GU C 236 E del 12.8.2011, pag. 24.
[35]GU C 236 E del 12.8.2011, pag. 33.
[36]GU C 50 E del 21.2.2012, pag. 1.
[37]Direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011.
[38]Direttiva 93/13/CEE del Consiglio.
[39]Direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.
[40]GU L 304 del 22.11.2011, p. 64.
[41]GU C 258 E del 7.9.2013, p. 64.
[42]GU C 332 E del 15.11.2013, p. 22.
[43]GU C 434 del 23.12.2015, p. 2. Testi approvati,P7_TA(2013)0327.
[44]Testi approvati, P7_TA(2013)0239.
[45]Testi approvati, P7_TA(2013)0377.
[46]Testi approvati, P7_TA(2013)0436.
[47]Testi approvati, P7_TA(2013)0454.
[48]Testi approvati, P7_TA(2013)0535.
[49]Direttiva 2003/98/CE.
[50]GU L 175 del 27.6.2013, p. 1.
[51]GU L 165 del 18.6.2013, p. 1.
[52]GU L 257 del 28.8.2014, p. 73.
[53]Direttiva 1999/93/CE.
[54]GU L 86 del 21.3.2014, p. 14.
[55]Testi approvati, P7_TA(2014)0032.
[56]Testi approvati, P7_TA(2014)0179.
[57]Testi approvati, P8_TA(2014)0071.
[58]Testi approvati, P8_TA(2015)0051.
[59]Testi approvati, P8_TA(2015)0273.
[60](COM(2012)0721).
[61](COM(2012)0789).
[62](COM(2015)0192).
[63]GU L 318 del 4.12.2015, p. 1.

2.3 L’Agenda Digitale europea, gli obiettivi di Europa 2020

Dando seguito alle strategie di Lisbona, nel maggio del 2010 la Commissione europea ha avviato l’Agenda Digitale per l’Europa (DAE), una delle sette iniziative faro della strategia Europa 2020, che fissa gli obiettivi per la crescita nell’Unione da raggiungere entro il 2020. L’Agenda Digitale propone di sfruttare al meglio il potenziale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) per favorire l’innovazione, la crescita economica e il progresso. Contiene 101 azioni, raggruppate intorno a sette aree prioritarie:

  • promuovere un quadro giuridico e normativo nuovo e più stabile, tale da incentivare gli investimenti in un’infrastruttura aperta e competitiva per la banda larga ad alta velocità;
  • realizzare nuove infrastrutture per i servizi pubblici digitali per collegare l’Europa;
  • avviare processi di istruzione e formazione, in grado di fornire le competenze digitali adeguate per la nuova occupazione generata da questo settore;
  • migliorare il tasso di fiducia e sicurezza in Internet, promuovendo una strategia per la sicurezza dell’UE, che sia in grado di fornire risposte coordinate agli attacchi cibernetici e norme più rigorose in merito alla protezione dei dati personali;
  • aggiornare il framework normativo dell’UE sul copyright e i diritti d’autore;
  • accelerare il cloud computing attraverso il potere d’acquisto del settore pubblico;
  • lanciare una nuova strategia industriale sull’elettronica.

L’obiettivo dell’Agenda Digitale è principalmente quello di accompagnare le persone a orientarsi nel mondo digitale. Nel complesso le TIC rappresentano circa il 5% dell’economia dell’UE e il 25% della spesa totale delle imprese, mentre gli investimenti in questo settore sono responsabili del 50% dell’aumento della produttività in tutta l’Unione. Il punto centrale della strategia Europa 2020 è rappresentato dalla diffusione della banda larga, quale strumento per rilanciare l’economia e la competitività dei Paesi dell’Unione Europea, per migliorare gli standard di trasparenza nei rapporti fra i privati, le istituzioni e le pubbliche amministrazioni ed, infine, come mezzo per ampliare l’uso delle tecnologie per incrementare i livelli di comunicabilità ed inclusione sociale. Per raggiungere questi scopi, l’Agenda Digitale Europea ha fissato degli obiettivi quantitativi in materia di banda larga, al fine di riuscire a raggiungere tutti i cittadini dell’Unione con una copertura di base ed arrivare, entro il 2020, ad una copertura veloce per tutti pari o superiore ai 30 Mbps e una banda larga ultraveloce fino a 100 Mbps, per almeno il 50 per cento dei cittadini dell’UE. Su queste premesse, nel settembre del 2016 la Commissione Europea ha rivisto al rialzo questi obiettivi, inviando una comunicazione che ha quale obiettivo per il 2025, quello di raggiungere una connettività Gigabit per le scuole, i principali prestatori di servizi pubblici e le imprese ad alta intensità digitale, in grado di trasformare la rete in un vero e proprio strumento di comunicazione globale, capace di mantenere in connessione costante fra loro cittadini, Istituzioni ed imprese. [61]

In questi anni le politiche comunitarie sul tema hanno raggiunto alcuni risultati che hanno prodotto alcuni vantaggi per i cittadini. In modo particolare l’UE ha elaborato un sistema di diritti e tutele degli utenti, soprattutto attraverso la razionalizzazione delle reti di pronto intervento, promuovendo il numero unico d’emergenza europeo (112), [62] quelli destinati ai familiari dei bambini scomparsi (116000) e per l’assistenza ai minori (116111), oltre ad una linea telefonica per il sostegno emotivo (116123). Sono stati raggiunti alcuni risultati favorevoli per quanto riguarda i diritti sulla telefonia mobile e le comunicazioni elettroniche, quale il diritto alla portabilità del proprio numero di telefono [63], entro un giorno lavorativo, l’eliminazione delle onerose tariffe di roaming [64] internazionale e la possibilità di possedere un nome di dominio di primo livello dell’UE [65]. Si è inoltre cercato di migliorare la coerenza delle procedure di regolamentazione nazionale, promuovendo approcci e prassi comuni, in grado di favorire lo sviluppo di una normativa coerente e soprattutto garante della concorrenza nel mercato unico delle telecomunicazioni. Dal 1999 ad oggi si sono susseguiti numerosi programmi pluriennali che avevano come obiettivo principale l’utilizzo sicuro della rete e che hanno portato, nel 2014, all’istituzione dell’ENISA [66], l’agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione, la cui azione è stata ulteriormente potenziata con l’adozione della risoluzione del Parlamento europeo del 16 aprile 2013 [67]. Nel luglio del 2016 è stata inoltre emanata una direttiva sulle misure volte a garantire un comune livello di elevata sicurezza delle reti e dell’informazione nell’Unione. [68]

Secondo le stime della Commissione Europea, [69] la piena attuazione dell’Agenda Digitale aumenterebbe il prodotto interno lordo europeo del 5 per cento, l’equivalente di 1.500 euro pro capite, nel corso dei prossimi otto anni. Conseguenza diretta di questo effetto positivo sull’economia, nel lungo periodo, sarebbe l’aumento di 3,8 milioni di nuovi posti di lavoro in tutti i settori dell’economia. Tuttavia vi sono numerosi ostacoli che minano gli obiettivi previsti dall’Agenda Digitale. Non è ancora sufficiente l’impegno nella ricerca e nell’innovazione, così come è ancora estesa la mancanza di alfabetizzazione digitale e di competenze informatiche, soprattutto nei settori dell’amministrazione pubblica. Per questa ragione, nel prossimo futuro, sono previste alcune azioni da intraprendere nell’ambito dell’Agenda Digitale per migliorare l’accesso dei cittadini al digitale. La Commissione si sta impegnando ad aprire l’accesso ai contenuti on line legali, semplificando le procedure di liberatoria e gestione dei diritti d’autore e di rilascio di licenze transfrontaliere. Per agevolare le fatturazioni e i pagamenti elettronici, la Commissione completerà l’area di pagamento unica in euro (SEPA), provvedendo alla revisione della direttiva sulla firma elettronica, al fine di offrire sistemi di autenticazione elettronica più sicuri. Un altro punto di intervento riguarda le azioni che saranno messe in campo per migliorare la fiducia degli utenti sulla sicurezza dei pagamenti e la protezione della riservatezza. La Commissione intende rivedere il quadro normativo dell’UE in materia di protezione dei dati, pubblicando un codice on line che riassuma in modo chiaro e accessibile i diritti degli utenti digitali. Tale codice verterà anche sulla legislazione in materia di contratti e sulla risoluzione delle controversie on line a livello europeo. A tutela dei consumatori, sarà inoltre creato un marchio di fiducia UE on line. Obiettivo dell’UE sarà anche quello di aumentare l’interoperabilità di dispositivi, applicazioni, banche dati, servizi e reti. Capitolo a parte merita il rafforzamento della politica europea nel contrasto alla criminalità informatica , la pedopornografia on line e il non rispetto della riservatezza e dei dati personali.


NOTE paragafo 2.3

[64]http://www.europarl.europa.eu/atyourservice/it/displayFtu.html?ftuld=FTU_5.9.3.html
[65]Direttiva 2009/136/CE
[66]Ibidem
[67]Regolamento (UE) n.531/2012, GU L 172 deò 30.06.2012, p.10
[68]Regolamento (UE) n.733/2002
[69]Regolamento (UE) n.460/2004
[70]P7_TA(2013) 0103
[71]Direttiva (UE) 2016/1148 del 6 luglio 2016, GU L 194 del 19.07.2016, p.1
[72]https://ec.europa.eu/digital-single-market/digital-agenda-europe

2.4 Il contesto normativo nazionale

Il primo riferimento organico per l’informatica nella pubblica amministrazione è stato il D.lgs. n. 39/1993 [70], il cui obiettivo era disciplinare la progettazione, lo sviluppo e la gestione dei sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni statali. Il decreto focalizzava sulla stessa amministrazione la responsabilità dei progetti di informatizzazione, evitando il più possibile il ricorso a fornitori esterni, i quali nel decennio 1983-1992, approfittando delle scarse conoscenze informatiche dei dirigenti della pubblica amministrazione, spesso proponevano soluzioni non sempre pienamente in linea con le esigenze della stessa, offrendo prestazioni e servizi a prezzi non proprio allineati ai valori di mercato, tali da produrre la più alta incidenza sul bilancio statale delle spese per le tecnologie dell’informazione [71]. Con la successiva legge n. 59/1997 [72] il legislatore si era prefisso di ridurre la burocrazia e semplificare i rapporti tra la pubblica amministrazione e il cittadino, sostituendo il documento di carta con il documento elettronico, arrivando ad introdurre con la successiva legge 127/1997, la Carta d’Identità Elettronica (CIE). Per quanto attiene alla questione della firma, con il D.P.R. 513/1997 è stata introdotta la firma digitale, mentre il protocollo informatico e di conseguenza la gestione dei flussi documentali sono stati normati con il D.P.R. 428/1998. Per procedere ad un riordino organico dell’intero settore si è dovuto attendere il D.P.R. 445/2000 [73], che ha provveduto a raccogliere in un testo unico tutte le disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, sia informatica che cartacea tradizionale, introducendo la de-certificazione dei medesimi e introducendo il divieto per tutte le pubbliche amministrazioni di richiedere la presentazione di certificati, ogni qualvolta sia possibile l’acquisizione d’ufficio delle relative informazioni.

Per la prima volta nel 2005 le disposizioni in materia di attività digitale delle pubbliche amministrazioni vengono raccolte e riordinate in un unico testo normativo, il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD). Il Codice viene inserito nel quadro normativo attraverso il D.lgs. n. 82/2005 e segna una svolta decisiva nella vita delle amministrazioni pubbliche e nei rapporti che queste intrattengono con i cittadini e le imprese. La legge prevedeva, per la prima volta nel nostro Paese, la possibilità per i cittadini di relazionarsi ufficialmente con le amministrazioni pubbliche attraverso le tecnologie telematiche. Di conseguenza le amministrazioni pubbliche si trovavano nell’obbligo di doversi attrezzare per rendere effettivamente esigibili i nuovi diritti. Il Codice affronta in maniera organica l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle attività delle pubbliche amministrazioni, nei suoi aspetti organizzativi e procedimentali e con particolare riguardo ai rapporti con i cittadini e le imprese.

All’inizio della XVI legislatura grazie al D.L. n. 112/2008 [74], le amministrazioni vengono obbligate a provvedere alla riduzione del 50 per cento, rispetto all’anno precedente, delle spese relative alla stampa delle relazioni e di ogni altro tipo di pubblicazione prevista da leggi e regolamenti. Con la finalità di ridurre i consumi di carta e diffondere prassi e comportamenti virtuosi, con il D.L. n. 208/2008 viene affidato al Ministro dell’ambiente il compito di organizzare iniziative e strumenti di monitoraggio e verifica, anche promuovendo progetti e campagne di comunicazione e sensibilizzazione. Per questa ragione e per velocizzare i rapporti con l’esterno, grazie al D.L. n. 185/2008 [75] viene esteso per tutte le pubbliche amministrazioni l’obbligo di istituire una casella di posta elettronica certificata per le comunicazioni ufficiali con i cittadini, i quali possono a loro volta richiederne l’attribuzione gratuita. La definizione delle modalità di rilascio e di uso della casella di PEC assegnata ai cittadini sono state individuate con il D.P.C.M. del 6 maggio 2009, mentre l’implementazione delle sue funzioni è stata perseguita con il D.P.C.M. del 22 luglio 2011, il D.L. n. 5/2012 e il D.L. n. 179/2012.

La legge n. 69/2009 sulle “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile» ha previsto alcune norme tese ad accelerare il processo di realizzazione dell’e-government tra le quali, in particolare, la delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di modifica del CAD. La delega ha inoltre previsto, la riorganizzazione del Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (CNIPA), trasformato in DigitPA [76], un ente pubblico non economico, che opera seguendo le direttive della Presidenza del Consiglio o di un ministro delegato. Nella delega sono state inserite anche forme sanzionatorie per le amministrazioni che non ottemperino alle previsioni contenute nel Codice; la modifica della normativa in materia di firma digitale, con l’obiettivo di intensificarne l’uso nella pubblica amministrazione ed infine norme finalizzate all’eliminazione dei costi derivanti dal mantenimento delle pubblicazioni in formato cartaceo, con la conseguente creazione dell’albo on line [77].

In conformità alla delega è stato quindi approvato il D.lgs. n. 235/2010 il quale, riformando il CAD, doveva rappresentare il secondo pilastro su cui si basa il processo di rinnovamento della pubblica amministrazione, avviato con l’approvazione del D.lgs. n. 150/2009, che aveva introdotto nella pubblica amministrazione i principi di meritocrazia, premialità, trasparenza e responsabilizzazione dei dirigenti. Il nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale costituisce un insieme organico di norme che hanno l’obiettivo di creare le condizioni giuridiche e organizzative utili ad agevolare il passaggio dall’amministrazione basata sulla carta e il riconoscimento de visu dei cittadini, ad una «amministrazione digitale», ispirata a modelli e strumenti di comunicazione capaci di sfruttare al meglio tutti i vantaggi e le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie. Le novità legislative introdotte producono nuovi diritti per i cittadini e le imprese, garantendo loro l’uso delle tecnologie informatiche per tutti i rapporti con qualsiasi amministrazione pubblica. Ne consegue il dovere da parte delle pubbliche amministrazioni di rendere sempre e dovunque disponibile un canale digitale sicuro, certificato e con piena validità giuridica, in grado di far dialogare i cittadini con la pubblica amministrazione, senza l’obbligo di doversi presentare agli sportelli della stessa per consegnare documenti cartacei o firmare moduli e istanze. A questo diritto se ne aggiungono altri come quello di reperire on line la modulistica in corso di validità, la facoltà di utilizzare quale canale di comunicazione la posta certificata ed infine la possibilità di effettuare qualsiasi pagamento con modalità informatiche.

Durante la XVI legislatura, il CAD ha subito ulteriori modifiche e innovazioni, fuori da un quadro di riforma organico, ad opera del D.L. n. 201/2011 [78], del D.L. n. 5/2012 [79] e del D.L. n. 179/2012 [80]. Nell’ultimo anno della XVI legislatura il D.L. n. 83/2012 [81] ha istituito un organismo unico denominato Agenzia per l’Italia digitale (AgID), con l’obiettivo di razionalizzare il complesso delle funzioni in materia di innovazione tecnologica e di digitalizzazione della pubblica amministrazione. Alla nuova Agenzia vengono attribuite le funzioni precedentemente in capo agli enti conseguentemente soppressi di DigitPA e dell’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione. La riorganizzazione è funzionale alla realizzazione dell’Agenda digitale italiana, di diretta derivazione europea. Sullo sviluppo e il potenziamento dell’Agenda digitale italiana sono stati approvati il D.L. n. 179/2012, convertito dalla Legge n. 221/2012 e il D.L. n. 69/2013, convertito dalla Legge n. 98/2013, con il quale si è incentivato l’utilizzo delle mail e si è fatto divieto dell’uso del fax nelle pubbliche amministrazioni. Il nuovo quadro normativo ha introdotto regole tecniche per le firme elettroniche [82] , per il protocollo informatico [83] e per il sistema di conservazione dei documenti informatici [84]. Il D.L. n. 90/2014 ha definito e stabilito un piano di informatizzazione delle procedure per la presentazione di istanze, dichiarazioni e segnalazioni, garantendone la compilazione on line mediante procedure guidate, accessibili tramite autenticazione con il Sistema Pubblico, per la gestione dell’Identità Digitale di cittadini e imprese. Queste procedure devono consentire il corretto completamento della richiesta, il tracciamento dell’istanza con individuazione del responsabile del procedimento e, ove possibile, l’indicazione dei termini entro i quali il richiedente ha diritto ad ottenere una risposta.

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 214 del 13 settembre 2016 è stato pubblicato il D.Lgs. n. 179 del 26 agosto 2016, recante modifiche ed integrazioni al CAD. È una delle più complesse riforme che hanno interessato il CAD, poiché non si limita a modificare ed integrare alcune norme, ma ne abroga diverse anche attraverso accorpamenti e semplificazioni. La riforma approvata nel corso dell’attuale legislatura vuole promuovere e rendere effettivi i diritti di cittadinanza digitale dei cittadini e delle imprese, garantendo, allo stesso tempo, il diritto di accesso ai dati, ai documenti e ai servizi di loro interesse in modalità digitale, semplificando le modalità di accesso ai servizi alla persona. La digitalizzazione dei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione si fonda sul domicilio digitale [85] , definito come l’indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio di recapito certificato qualificato secondo le norme eIdas, che consente la prova al momento della ricezione. Il nuovo CAD, quindi, riconosce ai cittadini il diritto di indicare al Comune di residenza un domicilio digitale [86] , quale canale esclusivo di comunicazione con l’amministrazione. Grazie alla “carta della cittadinanza digitale” e all’implementazione del Sistema Pubblico d’Identità Digitale (SPID) e all’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), i cittadini potranno accedere ai servizi pubblici e di quei privati che aderiranno al sistema, utilizzando un unico nome utente e un’unica password. La riforma ha previsto un ruolo centrale per il sistema SPID, che consentirà a soggetti pubblici e privati, previo accreditamento dell’AgID, di identificare le credenziali di cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni per consentire loro l’accesso ai servizi in rete. La riforma del CAD si è resa necessaria anche dall’obbligo di adeguare il Codice al Regolamento Comunitario, [87] noto con l’acronimo di e-IDAS [88], entrato in vigore nel settembre del 2014 direttamente in tutti gli Stati membri dell’UE e che stabilisce le condizioni per il riconoscimento reciproco in ambito di identificazione elettronica e le regole comuni per le firme elettroniche, l’autenticazione web ed i relativi servizi fiduciari per le transazioni elettroniche. Nella riforma è stata inoltre istituita la figura del commissario governativo all’agenda digitale, che si potrà avvalere dei soggetti pubblici e sostituirsi alle amministrazioni competenti per adottare i provvedimenti dovuti per l’attuazione degli obiettivi prefissati. All’AgID viene affidato il compito di raggiungere gli obiettivi prefissati dall’Agenda Digitale Italiana, in stretta sinergia con gli indirizzi dettati dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro delegato e con l’Agenda Digitale Europea.


NOTE paragafo 2.4

[73]Decreto legislativo 12 febbraio 1993, n.39, Norme in materia di distemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche, a norma dell’art.2, comma 1, lettera mm), della legge 23 ottobre 1992, n.421
[74]1970-2007: trent’anni di domanda e offerta ICT nella pubblica amministrazione Gregorio Cosentino, Maurizio Bruschi, Giuffrè Editore, 2007
[75]Legge 15 marzo 1997, n.59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa
[76]Legge 15 marzo 1997, n.127, Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo
[77]Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (artt.50-70)
[78]Decreto-legge 25 giugno 2008, nr.112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 208, n.133 (art.27)
[79]D.L. n.208/2008 (art.7-bis)
[80]D.Lgs n.177/2009
[81]Legge n.69/209 (art.32)
[82]D.L. n.201/2011 (art.29-bis)
[83]D.L. n.5/2012 (artt.6-ter, 47-quinquies e 47-sexies)
[84]D.L. n.179/2012 (artt.2, 4, 5, 6, 9, 9-bis e 15)
[85]Decreto-legge 22 giugno 2012, n.83, Misure urgenti per la crescita del Paese, convertito con modificazioni dalla L.7 agosto 2012, n.134 (artt.19, 20, 21 e 22)
[86]D.P.C.M. 22 febbraio 2013
[87]D.P.C.M. 3 dicembre 2013
[88]D.P.C.M. 3 dicembre 2013 e D.P.C.M. 13 novembre 2014
[89]D.L. 90/2014 (artt.24 e ss.)
[90]D.Lgs. n.179/2016 (art.1)
[91]Ibidem (art.3-bis)
[92]Regolamento europeo e-IDAS, normativamente identificato come n.910/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014 D.P.C.M. 3 dicembre 2013 e D.P.C.M. 13 novembre 2014
[93]Electronic Identification Authentication and Signature (eTS electronic Trust Services)

2.5 L’Agenda Digitale Italiana

Sulla scia dell’Unione Europea, che nel 2010 ha inserito l’Agenda Digitale tra le sette iniziative faro della strategia di Europa 2020, definendo quali obiettivi raggiungere a livello comunitario, l’Italia l’ha istituita il 1 marzo 2012 [89] con un decreto del Ministro dello sviluppo economico insieme con quelli della pubblica amministrazione e semplificazione, dell’istruzione e dell’economia. L’Agenda Digitale Italiana è stata realizzata in seguito alla sottoscrizione da parte di tutti gli Stati membri dell’Unione dell’Agenda Digitale Europea. Anche l’Italia, come Paese, ha dettato un insieme di priorità con azioni e risorse dedicate all’innovazione del Paese. Identità digitale del cittadino, open data, e-government, azzeramento del digital divide, pagamenti elettronici, sanità e giustizia digitale, istruzione, ricerca e smart city rappresentano i settori nei quali il pubblico è chiamato ad intervenire direttamente o attraverso la collaborazione con i privati, per realizzare infrastrutture e servizi che siano in grado di migliorare la qualità della vita dei cittadini e rendere più competitivo il Paese. La strategia italiana è stata elaborata in stretta complementarietà tra il livello nazionale e quello regionale, grazie al contributo della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome. L’Agenda Digitale Italiana è determinata, a livello giuridico, da un quadro normativo, di cui il decreto n. 5 del 9 febbraio 2012 ha disegnato gli elementi fondanti: la costituzione di una cabina di regia interministeriale come elemento strutturale di coordinamento e governo; l’Agenda digitale come strumento di raccordo operativo dei tanti progetti in corso e di tutte le iniziative necessarie allo sviluppo della società dell’informazione e della comunicazione; la razionalizzazione degli enti deputati ad intervenire sulle politiche dell’innovazione. Ulteriori interventi normativi si sono avuti con l’approvazione dei D.L. nn. 83 e 95 del 2012 [90] e con il D.L. n. 179/2012 [91] , grazie ai quali, fra le altre cose, è stata istituita l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) con il compito di garantire la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda Digitale Italiana in coerenza con l’Agenda Digitale Europea. L’Agenzia svolge le funzioni ed i compiti che gli sono stati attribuiti dalla legge, al fine di perseguire il massimo livello di innovazione tecnologica nell’organizzazione e nello sviluppo della pubblica amministrazione e al servizio dei cittadini e delle imprese, nel rispetto dei principi di legalità, imparzialità e trasparenza e secondo criteri di efficienza, economicità ed efficacia. La governance dell’Agenda Digitale Italiana è stata ulteriormente potenziata con la Legge n. 98/2013 [92], che ha previsto anche misure per favorire la diffusione del domicilio digitale.

Nel marzo del 2015, nell’ambito dell’Accordo di Partenariato 2014-2020 la Presidenza del Consiglio dei ministri, insieme al Ministero dello sviluppo economico, all’Agenzia per l’Italia Digitale e all’Agenzia per la Coesione ha predisposto i piani nazionali «Piano Nazionale Banda Ultra Larga» e «Crescita Digitale», nei quali sono identificate le linee di azione e gli obiettivi prioritari da realizzare, nell’ambito dell’Agenda Digitale Italiana, entro il 2020.

Tra gli obiettivi figura la realizzazione della banda ultra larga, per garantire all’85 per cento della popolazione, entro il 2020, una connettività di rete con velocità di almeno 100 Mbps, fino allo sviluppo dello SPID, che consentirà a cittadini e imprese l’accesso in rete ai servizi pubblici e privati della pubblica amministrazione con un’unica identità digitale. Tra gli obiettivi dell’Agenda Digitale Italiana rientrano anche il sistema PagoPA, per i pagamenti on line nei confronti delle pubbliche amministrazioni e ANPR, per raccogliere in un’unica banca dati nazionale le informazioni anagrafiche della popolazione residente.

Inoltre l’Agenda Digitale Italiana prevede di incentivare le pubbliche amministrazioni alla pubblicazione di open data standardizzati e accessibili per migliorare il patrimonio informativo pubblico di conoscenze. Per attuare gli obiettivi dell’Agenda Digitale Italiana è necessario il coordinamento delle azioni della pubblica amministrazione, delle imprese e della società civile ed è necessaria una gestione integrata delle diverse fonti di finanziamento nazionali e comunitarie. Proprio per questa ragione l’Agenzia per l’Italia Digitale ha anche il compito di redigere il Piano triennale per l’informatica nella Pubblica amministrazione [93].


NOTE paragafo 2.5

[94]Decreto Legge n.83/2012, convertito nella legge n.134/2012
[95]Rispettivamente convertiti con le leggi nn.134/2012 e 135/2012
[96]Convertito con la legge n.221/2012
[97]Legge n.98/2013 (artt. 13-17)
[98]Statuto AgID, Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 gennaio 2014

2.6 Gli obiettivi dell’Agenzia per l’Italia digitale (AgID)

L’Agenzia per l’Italia Digitale ha il compito di garantire la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda Digitale Italiana in coerenza con l’Agenda Digitale Europea. Per questo motivo, ad AgID sono assegnate da statuto, tra l’altro, le seguenti competenze e funzioni:

  • il coordinamento informatico dell’amministrazione centrale, regionale e locale;
  • l’emanazione di pareri interpretativi, su richiesta delle amministrazioni, sulle disposizioni del CAD e sulle disposizioni in materia di ICT, evidenziando al Ministro eventuali esigenze di modifiche normative per disposizioni che appaiono ostacolare l’attuazione dell’Agenda Digitale Italiana o deviare la corretta evoluzione del Sistema Informativo della Pubblica Amministrazione secondo il modello di riferimento approvato dalla Commissione SPC (Sistema Pubblico di Connettività);
  • l’emanazione di indirizzi, regole tecniche, linee guida e metodologie progettuali in materia di tecnologie informatiche, promuovendo l’omogeneità dei linguaggi, delle procedure e degli standard, anche di tipo aperto, anche sulla base degli studi e delle analisi effettuate a tale scopo dall’Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell’informazione, in modo da assicurare anche la piena interoperabilità e cooperazione applicativa tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione e tra questi e i sistemi dell’Unione europea;
  • l’omogeneità dei sistemi informativi pubblici, mediante il necessario coordinamento tecnico, destinati a erogare servizi ai cittadini e alle imprese, garantendo livelli uniformi di qualità e fruibilità sul territorio nazionale, nonché la piena integrazione a livello europeo;
  • l’attività di progettazione e coordinamento delle iniziative strategiche e di preminente interesse nazionale, anche a carattere intersettoriale, per la più efficace erogazione di servizi in rete della pubblica amministrazione, per i cittadini e per le imprese;
  • la diffusione dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, allo scopo di favorire l’innovazione e la crescita economica, sociale e culturale;
  • la vigilanza sulla qualità dei servizi e sulla ottimizzazione della spesa in materia informatica, anche in collaborazione con Consip S.p.a e Sogei S.p.a.;
  • la promozione e diffusione di iniziative di alfabetizzazione digitale, anche promuovendo il ricorso a tecnologie didattiche innovative;
  • la promozione delle politiche di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico nazionale, ivi compresa la definizione della strategia in materia di open data, lo sviluppo e la gestione del portale nazionale dei dati aperti;
  • il ruolo di autorità di riferimento nazionale nell’ambito dell’Unione Europea ed in ambito internazionale nelle materie attribuite, in accordo con le amministrazioni competenti, e la partecipazione all’attuazione di programmi europei al fine di attrarre, reperire e monitorare le fonti di finanziamento finalizzate allo sviluppo di politiche per l’innovazione;
  • la promozione della definizione e dello sviluppo di grandi progetti strategici di ricerca e innovazione connessi alla realizzazione dell’Agenda Digitale Italiana ed Europea, anche secondo il programma europeo Horizon2020, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo delle comunità intelligenti, la diffusione della rete a banda ultralarga, fissa e mobile, tenendo conto delle singole specificità territoriali e della copertura delle aree a bassa densità abitativa, e i relativi servizi, la valorizzazione digitale dei beni culturali e paesaggistici, la sostenibilità ambientale, i trasporti e la logistica, la difesa e la sicurezza, nonché al fine di mantenere e incrementare la presenza sul territorio nazionale di significative competenze di ricerca e innovazione industriale e imprenditoriale;
  • la direzione e l’organizzazione delle attività del CERT (Computer Emergency Response Team) della Pubblica Amministrazione;
  • la definizione delle strategie e obiettivi delle comunità intelligenti, anche attraverso il Comitato istituito presso l’Agenzia;
  • ogni azione volta a migliorare la diffusione delle tecnologie e servizi digitali per la crescita economica e sociale del paese, secondo i pilastri dell’Agenda Digitale Europea

NOTE paragafo 2.6

[99]http://www.agid..gov.it/agid/competenze-funzioni

2.7 Le tappe salienti della digitalizzazione della pubblica amministrazione

La Commissione ha svolto un ciclo di audizioni finalizzato a ripercorrere le tappe salienti dell’evoluzione della governance nazionale del processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione in Italia.

Per tale motivo sono stati ascoltati, nell’ordine, gli ex vertici di AIPA (Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione, 1993-2003), CNIPA (Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione, 2003-2009), DigitPA (2009-2012), fino ad arrivare ai precedenti e all’attuale direttore generale di AgID e al passato ed attuale Commissario Straordinario per l’attuazione dell’Agenda Digitale. Nella seduta della commissione d’inchiesta del 26 gennaio 2017, l’ex commissario del Governo per l’Agenda digitale Francesco Caio [94] ha spiegato come durante il suo mandato furono individuati “quattro progetti, che sono rimasti le chiavi di priorità attuativa, in particolare il tema dell’identità digitale come elemento cardine di infrastruttura immateriale nell’interazione tra cittadino e pubblica amministrazione; l’anagrafe nazionale dei residenti come base dati centrale, elemento certificante, di fatto, l’identità; il meccanismo della fatturazione elettronica come elemento di alleggerimento del carico di lavoro e aumento della produttività di tutto il sistema economico, anche nella sua interazione con la pubblica amministrazione, ma anche come meccanismo di controllo della spesa e di controllo di gestione dello Stato; il nodo dei pagamenti, che è ovviamente il passo successivo, ma sempre legato al controllo della spesa. Alcuni di questi, direi tutti, sono rimasti gli elementi fondanti del programma di digitalizzazione” [95]. Attraverso le varie audizioni, è emerso come diversi progetti avviati nel corso del tempo non abbiano trovato piena attuazione. Tra questi, a partire dal 1993, la firma digitale, l’impostazione della Carta Identità Elettronica e il collegamento tra le anagrafi [96]; la realizzazione del Sistema Pubblico di Connettività (SPC) e la gara per la Carta Nazionale dei Servizi (CNS). Sono state riscontrare diverse criticità nel processo di digitalizzazione: dalle professionalità di coloro che si occupano di ICT all’interno della PA, all’eccesso di progetti che la pubblica amministrazione non era in grado di recepire, come riferito da Carlo Batini, ex presidente di AIPA; fino alla tendenza sistemica, da parte di chi subentrava nella governance, di rigettare quanto realizzato nel passato. Una ulteriore criticità è stata sollevata da Livio Zoffoli, ex presidente di CNIPA, relativa all’eliminazione del collegio, attraverso il quale CNIPA forniva pareri alle amministrazioni, in conseguenza della trasformazione in DigitPA. L’ex presidente di CNIPA, Carlo Pistella, ha parlato di una “insufficiente interrelazione tra razionalizzazione dei processi amministrativo-gestionali e digitalizzazione” [97], con meccanismi analogici che, per circa un decennio, avrebbero marciato in parallelo e in alcuni casi con situazioni di contraddizione. Citando l’esempio dei ministeri, Pistella ha segnalato l’assenza di una struttura che governasse processi di rinnovamento, riorganizzazione, ristrutturazione del dicastero. Il risultato si è tradotto in una prevalenza della cultura dell’adempimento anziché dei servizi. Pistella ha inoltre sottolineato la difficoltà nell’ottenere decreti applicativi e una conseguente “diffusa ostilità al cambiamento” all’interno delle strutture. Secondo Agostino Ragosa, ex direttore generale di AgID, ascoltato nel corso dell’audizione del 1 febbraio 2017, ministeri ed enti pubblici centrali necessitano il supporto di una struttura tecnica centrale che accompagni gli obiettivi dei governi. A giudizio di Ragosa, infatti, non tutti gli addetti avrebbero consapevolezza sull’importanza dell’ICT all’interno delle strutture. Relativamente al tema della governance, l’ex commissario del Governo per l’attuazione dell’Agenda digitale, Francesco Caio, ascoltato nell’audizione del 26 gennaio 2017, sarebbe necessario un meccanismo di raccordo con la Presidenza del Consiglio, interrogando gli enti competenti sull’effettiva attuazione dei programmi, possibilmente tramite un dicastero dell’innovazione. Sono state rilevate, inoltre, criticità relative ad ANPR da parte di Agostino Ragosa, ex direttore di AgID e di Alessandra Poggiani, che sono state approfondite nel prosieguo della relazione [98].

Nell’audizione della Commissione del 7 febbraio 2017, il Direttore generale di AgID Antonio Samaritani ha illustrato le attività istituzionali e strategiche attualmente in capo all’Agid. Fra quelle istituzionali “emaniamo linee guida tecniche in materia di tecnologie informatiche e in materia di procedure e metodologie per dare attuazione al codice dell’amministrazione digitale. Svolgiamo procedure di accreditamento per i servizi fiduciari, per i conservatori, per la PEC e, ovviamente, adesso per il Sistema Pubblico d’Identità Digitale (SPID). Svolgiamo anche l’attività di vigilanza per gli stessi servizi che accreditiamo. Ci occupiamo di alfabetizzazione digitale, cioè di colmare il gap digitale, o comunque di promuovere iniziative che vanno nel solco di ridurre il digital divide del Paese. Facciamo ricerca e innovazione, principalmente attraverso l’attività di stazione appaltante dei bandi di PCP, pre-commercial procurement. Emaniamo pareri relativi alle gare, o comunque alle procedure di acquisto delle altre amministrazioni che non passano da Consip o da un’altra centrale d’acquisto. Ci occupiamo delle linee guida di sicurezza informatica e della gestione del Computer Emergency Response Team Pubblica Amministrazione (CERT-PA), il centro di risposta in caso di attacco informatico per la parte relativa alla pubblica amministrazione. Le attività strategiche invece sono molto più indirizzate sui progetti e hanno molteplici risvolti fra cui il Piano triennale per l’ICT della pubblica amministrazione. Si tratta di definire gli obiettivi di trasformazione e miglioramento in coerenza con la strategia nazionale per le pubbliche amministrazioni; di seguire, direttamente o indirettamente, alcuni progetti del piano, quelli che abbiamo definito come progetti strategici o progetti abilitanti – SPID, i pagamenti elettronici, la fatturazione elettronica e tanti altri – e di monitorarne il percorso” [99].

Dalla già citata audizione della Commissione è emerso come un capitolo a parte venga rappresentato da open data e open government. AgID svolge inoltre attività di supporto all’Internet governance e sovrintende il Sistema Pubblico di Connettività (SPC), come framework di interoperabilità, che ovviamente comprende anche le gare per la fornitura di servizi di connettività in collaborazione con Consip. Nella medesima seduta della Commissione, Antonio Samaritani ha poi spiegato come sia stato “definito il modello strategico di evoluzione del sistema informativo della pubblica amministrazione che è stato approvato dal comitato di indirizzo di AgID e che rappresenta il modello tecnico operativo unificante dei percorsi definiti da Crescita digitale” [100]. In sostanza “se Crescita digitale stabilisce che dobbiamo fare il turismo digitale, l’agricoltura digitale, la scuola digitale e così via. Per ognuno di questi cantieri del digitale, possiamo immaginare dei percorsi tecnici comuni. Ciascun progetto, infatti, necessita di un’infrastruttura fisica, può necessitare di alcune infrastrutture immateriali da utilizzare (un accesso ai servizi, un sistema di pagamento e via discorrendo), e poi necessità di sviluppare delle attività proprie e specifiche del dominio di competenza in cui si trova” [101]. Il modello dell’ICT ha quindi proprio il compito di definire questi elementi, così da costruire spazi di condivisione, in grado di promuovere efficienza tecnologica e di conseguenza risparmio dei costi. A partire dal modello strategico dell’ICT, AgID elabora il piano triennale, che definisce “degli obiettivi e la programmazione nazionale, finanziando le azioni per il raggiungimento degli obiettivi, in modo da creare un percorso organico, che parte da una strategia e definisce delle azioni abilitanti” [102]. È un modello molto complesso nel quale l’utilizzo e la distribuzione dei fondi e delle attività necessarie a raggiungere gli obiettivi dell’Agenda digitale italiana non rimane nelle responsabilità della sola AgID, ma viene condivisa in funzione dell’organizzazione dello Stato, da tutti i ministeri, gli enti locali e le pubbliche amministrazioni, ciascuna per la propria competenza.


NOTE paragafo 2.7

[100]Ex Commissario per l’Agenda Digitale dal giugno 2013 al febbraio 2014
[101]Resoconto stenografico dell’audizione del 26 gennaio 2017, p.4
[102]Infra, capitolo 4, paragrafo 4.2
[103]Resoconto stenografico dell’audizione del 17 gennaio 2017
[104]Infra, capitolo 4, paragrafo 4.2
[105]Resoconto stenografico dell’audizione del 7 febbraio 2017, p.4
[106]Ibidem, p.5
[107]Ibidem, p.5
[108]https://pianotriennale-ict.italia.it
[109]Resoconto stenografico dell’audizione del 7 febbraio 2017, p.5

2.8 Il posizionamento dell’Italia nella classifica del digitale

La relazione sui progressi del settore digitale in Europa (EDPR) misura i progressi realizzati dagli Stati membri in termini di digitalizzazione, raccogliendo sia i dati quantitativi estrapolati dall’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI - Digital Economy and Society Index) [103], che le informazioni qualitative sulle politiche specifiche di ogni paese. Per farlo misura cinque parametri:

  1. Connettività: banda larga fissa, banda larga mobile, velocità e prezzi della banda larga;
  2. Capitale umano: uso di Internet e competenze digitali di base e avanzate;
  3. Uso di Internet: utilizzo di contenuti, comunicazioni e transazioni online da parte dei cittadini;
  4. Integrazione delle tecnologie digitali: digitalizzazione delle imprese e commercio elettronico (e-commerce);
  5. Servizi pubblici digitali: Governo elettronico (e-government);
Figura 2

Dalle audizioni emerge che: “nel confronto con l’Europa siamo sempre nelle ultime posizioni. Rileverei due aspetti. Anzitutto, effettivamente siamo indietro; in secondo luogo, non ci curiamo mai degli indicatori internazionali. Se non ci si occupa del modo in cui si viene misurati e non si migliorano gli indicatori, o comunque i dati che arrivano a chi li costruisce, non si salirà mai nel ranking. Secondo me, in alcuni casi questo è un mix. Noi siamo indietro, ma sicuramente non ci curiamo di questi rating, se non la stampa per dare un giudizio negativo del Paese” [104]. L’Italia, effettivamente, si trova in venticinquesima posizione nella classifica dei 28 Stati membri dell’Unione Europea, nonostante nell’ultimo anno sia stata protagonista di progressi leggermente più rapidi rispetto al resto della media dell’UE, migliorando il proprio punteggio dallo 0,38 del 2016 allo 0,42 di quest’anno. Questo perché le iniziative politiche intraprese nel corso del 2015-2016 hanno iniziato a produrre i propri frutti. Dalla relazione EDPR [105] si evince come, in conseguenza dell’obbligo di utilizzo della fatturazione elettronica (e-invocing) nei rapporti fra i privati e la pubblica amministrazione, il 30% delle imprese abbia introdotto le fatture elettroniche, ponendoci al quinto posto nella classifica dell’UE. Molto positiva anche la performance per l’adozione del piano per la banda larga ultraveloce, che ha incentivato gli investimenti pubblici e privati nelle reti NGA, portando la copertura al 72% nel 2016, in rialzo rispetto al 41% dell’anno precedente. Tuttavia le prestazioni a rilento del nostro Paese dipendono essenzialmente dagli scarsi livelli di competenze digitali degli utenti, che hanno come conseguenza risultati pessimi per diversi indicatori: dalla partecipazione a numerose attività internet, all’uso del commercio elettronico, fino all’esiguo numero di curriculum nel settore digitale, ossia titoli di studio quali lauree in scienze, tecnologia, ingegneria e matematica (STEM) e specialisti delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Per consentire lo sviluppo di reti a banda larga NGA nelle aree cosiddette bianche, quelle zone in cui nessun operatore vuole investire nelle reti di accesso di prossima generazione, il governo ha adottato nel 2016 un regime nazionale di aiuti di Stato, approvato nel giugno 2016 anche dalla Commissione Europea, per promuovere l’introduzione di una infrastruttura di accesso passivo. L’effettiva attuazione del piano nazionale per la banda ultralarga è essenziale per facilitare i progressi nella copertura NGA in tutto il Paese.

L’Italia registra risultati ben al di sotto della media europea per quanto riguarda lo sviluppo del capitale umano. Nonostante sia in aumento del 4 per cento l’uso regolare di Internet tra la popolazione, è rimasto viceversa invariato il numero dei laureati in STEM e di specialisti delle TIC, fattore che limita e restringe le possibilità del sistema economico italiano di progredire e svilupparsi, convertendosi a modelli commerciali digitali. Per cercare di incrementare questo potenziale inespresso è stato avviato il piano nazionale «Scuola Digitale»[106], che include azioni volte a inserire il pensiero computazionale e il coding nei programmi di studio della scuola primaria. Altre azioni sono volte a promuovere esperienze di imprenditoria digitale nelle scuole e tirocini in imprese del settore per gli studenti della scuola secondaria superiore. Questi interventi spesso risentono di una carenza di risorse strutturali, pur muovendosi tuttavia sui binari del nuovo piano nazionale “Industria 4.0”, grazie al quale sono stati stanziati 220 milioni di euro per lo sviluppo di programmi di studio di istruzione superiore, universitaria e post-laurea [107].

La penetrazione della rete Internet nel nostro Paese è del 63 per cento, pari a circa 38 milioni di persone, una percentuale leggermente inferiore alla media europea. Di questi, 31 milioni sono attivi sui social network [108]. Gli utenti mobile sono 50 milioni, 28 dei quali accedono ai social. Tuttavia le percentuali di crescita sono basse con appena 2 milioni di persone in più in un anno per quanto riguarda gli utenti internet e 3 milioni per i social [109]. La totalità delle regioni del Centro-Nord, spiega l’Istat, ha livelli di uso del web superiori al valore nazionale, nel Mezzogiorno la quota scende invece al 55,8 per cento. Tuttavia, quando si tratta di utilizzare i servizi Internet, l’Italia si attesta al penultimo posto nella classifica dell’UE. Gli utenti italiani di Internet mostrano ancora riluttanza e timidezza nei confronti di servizi avanzati, come il commercio elettronico e i servizi bancari on line (e-banking), nonostante i costi dei servizi bancari e la politica di riduzione del numero di succursali, adottata dagli istituti bancari negli ultimi anni. L’unica attività connessa a Internet che ci pone al di sopra della media europea (79 per cento) è quella relativa al consumo di contenuti digitali: musica, video e giochi on line [110].

Nel 2016, rileva l’Istituto di Statistica, il 92,4 per cento delle imprese italiane con almeno dieci impiegati si connette a Internet tramite la banda larga, a fronte delle percentuali del 98-99 per cento di paesi come la Slovenia e la Danimarca che sono in testa alla classifica europea. A livello regionale le imprese del Nord-Est sono in vantaggio rispetto a quelle di Marche e Calabria, dove si registra il maggior ritardo. Pur rimanendo sotto la media dell’UE, l’Italia ha comunque compiuto progressi nel campo dell’utilizzo delle tecnologie digitali da parte delle imprese. Come già scritto in precedenza, le aziende del nostro Paese sono tra le prime per l’utilizzo delle fatture elettroniche, soprattutto grazie all’obbligo di dovervi ricorrere per i contratti con la pubblica amministrazione. Sono piuttosti diffusi anche i dispositivi per l’identificazione a radiofrequenza (RFID) e l’adozione di software per l’integrazione di differenti aree funzionali dell’impresa (ERP). Anche il ricorso ai social media sta diventando rapidamente un settore strategico per le imprese, che tuttavia non va di pari passo con l’uso del commercio elettronico, mettendo in evidenza una carenza di strategia di vendite integrata. Con il lancio del piano nazionale “Industria 4.0” del valore di 18 miliardi di euro, le cui strategie sono state approvate nella Legge di Bilancio 2017 [111], l’Italia ha avviato un processo di modernizzazione del settore manifatturiero con l’obiettivo di adottare modelli commerciali digitali. Il piano prevede deduzioni dall’imposta societaria per gli investimenti, promossi entro la fine del 2017 e destinati a beni e attrezzature TIC ad alta tecnologia, nonché l’incremento del credito d’imposta per le spese di ricerca e sviluppo. Tra le altre misure di deduzioni fiscali rientrano quelle per partecipazioni in start-up a carattere innovativo e fondi di investimento per la valorizzazione delle proprietà intellettuali. La strategia prevede sia la costituzione di poli di innovazione digitale, organizzati dalle associazioni dei datori di lavoro, per sensibilizzare le aziende sulle possibilità offerte dall’economia digitale e sulle opportunità di finanziamento per investimenti sull’innovazione; che di centri di competenza, in grado di fornire consulenza tecnologica alle aziende sui vantaggi delle nuove tecnologie di produzione. I centri e i poli saranno realizzati grazie alla collaborazione tra le principali università del Paese e i centri di ricerca privati.

Per quanto riguarda la dimensione dei servizi pubblici digitali, l’Italia sconta ancora un ritardo rispetto agli altri Paesi dell’UE. Se da una parte la disponibilità di servizi pubblici on line risulta persino al di sopra della media europea, dall’altra si sconta la mancanza di banche dati dell’amministrazione pubblica interconnesse, che potrebbero garantire agli utenti la possibilità di compilare moduli e richieste, utilizzando automaticamente le proprie informazioni personali. Sul governo elettronico le principali iniziative strategiche del nostro Paese sono contenute nel pacchetto “Agenda Semplificazione 2015-2017”. Il sistema italiano di identità elettronica, conforme al regolamento eIDAS e denominato SPID [112], attualmente può essere utilizzato per accedere ad oltre 4.000 servizi pubblici. È uno strumento particolarmente utile, “un potentissimo fattore di standardizzazione, tuttavia sottoutilizzato”, stando alle parole di Francesco Caio, pronunciate durante l’audizione in commissione del 26 gennaio 2017. Attualmente “abbiamo 3.270 amministrazioni collegate che utilizzano SPID, con 4.276 servizi. Siamo a quasi 1,2 milioni di utenti con una crescita di 20 mila utenze al giorno” ha spiegato Antonio Samaritani, direttore generale di AgID.

Il Governo prevede di iniziare dal 2017 anche la certificazione dei gestori di attributi qualificati, ossia di quelle istituzioni che sono legittimate ad aggiungere determinate qualifiche, quali certificati accademici o iscrizioni a registri professionali, alle identità elettroniche dei cittadini. Grazie al un numero crescente di adesioni [113], si sta diffondendo nelle pubbliche amministrazioni il sistema per i pagamenti on line (PagoPA), grazie al quale è possibile saldare dalla tassa di iscrizione scolastica alle multe stradali. Seppure rimane al di sotto delle aspettative il numero delle transazioni, pari attualmente ad appena 1,3 milioni, dalla relazione EDPR si registrano dei miglioramenti, dovuti all’evidenza che la metà delle transazioni effettuate sono state effettuate negli ultimi mesi. D’altra parte, anche il consolidamento dei registri della popolazione locale (ANPR) è ancora in notevole ritardo, considerato che ad oggi soltanto 15 [114] dei 7.983 comuni sono operativi nella banca dati nazionale, mentre altri 23 sono in fase sperimentale. Considerato il basso livello di competenze digitali della popolazione italiana, risulta quanto mai fondamentale che sistemi quali pagoPA, SPID e ANPR siano di semplice comprensione ed utilizzo per gli utenti e garantiscano qualità ed efficienza dei servizi.


NOTE paragafo 2.8

[110]https://ec.europa.eu/digital-single-market/enscoreboard/italy
[111]Donato Iacovone, Resoconto stenografico dell’audizione del 20 dicembre 2016, p.4
[112]Relazione sui progressi del settore digitale in Europa (EDPR)-Profilo paese 2017 relativo all’Italia
[113]http://www.sviluppoeconomico.gov.it/index.php/it/component/content/article?id=2019963
[114]http://www.istruzione.it/scuola_digitale/index.shtml
[115]http://www.sviluppoeconomico.gov.it/index.php/it/per-i-media/comunicati-stampa/2035187-il-ministro-dello-sviluppo-economico-carlo-calenda-illustra-il-piano-nazionale-industria-4-0
[116]Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo, Istat, 2017
[117]Italiani pazzi di youtube e fb, repubblica, 21 gennaio 2017
[118]https://wearesocial.com/it/
[119]Relazione sui progressi del settore digitale in Europa (EDPR)-Profilo paese 2017 relativo all’Italia
[120]Legge 232/2016
[121]Sistema Pubblico d’Identità Digitale
[122]http://www.agid.gov.it/monitoraggio
[123]https://avanzamentodigitale.italia.it/it/progetto/anpr