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Documenti pubblici, digitali.

CAPITOLO 7. Strumenti e modelli per l’innovazione

La precedente edizione del Piano Triennale (2019-2021) dedicava un capitolo alle amministrazioni che stavano affrontando progettualità innovative, focalizzando l’attenzione sui quei progetti di innovazione delle amministrazioni pubbliche, in cui, in modo più o meno consapevole, il committente pubblico:

  • circoscrive l’esigenza concreta e si concentra sulla specificazione dell’esigenza che vuole affrontare;
  • è alla ricerca di soluzioni nuove o comunque diverse rispetto a quelle consolidate e lascia spazio alla proposizione di soluzioni innovative;
  • coinvolge in modo ampio e aperto il mercato. Il mondo esterno è molto più ampio di quello interno al committente pubblico e quindi in grado di esprimere soluzioni più efficaci, anche divergenti rispetto a soluzioni preesistenti.

Con ciò il committente pubblico-amministrazione non si limita solo a portare marginali miglioramenti in termini di efficienza, ma stimola e sfrutta la diffusione dei modelli organizzativi dell’open innovation, sempre più frequentemente adottati nel mondo privato (business to business).

Uno dei temi riportati in quel contesto e cioè quello degli appalti di innovazione è ripreso nel prossimo capitolo sul governo della trasformazione digitale; in questo capitolo invece si presentano le linee evolutive del modello di smart community proposto nel precedente Piano, anche alla luce della recente formulazione, da parte del Ministro dell’Innovazione e della Digitalizzazione, della Strategia per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione del Paese 2025.

La premessa è che la trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione si basa sull’innovazione dei suoi processi che dovranno essere finalizzati al miglioramento dell’efficienza e della qualità dei servizi a partire dalle aree di interesse pubblico ad alto impatto per il benessere dei cittadini come la salute, la giustizia, la protezione dei consumatori, la mobilità, il monitoraggio ambientale, l’istruzione e la cultura.

La PA può e deve fare da catalizzatore di innovazione per la PA stessa, per il territorio, per il tessuto economico e sociale e in ultima istanza per tutti i cittadini. I bisogni digitali di tutti questi soggetti emergono e possono essere soddisfatti attraverso l’interazione continua tra PA, Comuni, Regioni, AGID, Ministeri, mondo accademico e della ricerca e soggetti privati in grado di fornire soluzioni innovative, grazie anche a progetti specifici di ricerca e sviluppo.

Innovazione e trasformazione digitale sono strettamente interconnessi e sono tre i principali aspetti che la Strategia 2025 e questo Piano e i prossimi Piani triennali si accingono ad affrontare.

Un primo aspetto riguarda le prospettive di evoluzione e di sviluppo economico dei territori attraverso la creazione di smart community, tema, questo, di grande attualità anche nel resto dell’Europa. Il ruolo che i comuni e le città possono svolgere per indirizzare l’innovazione è fondamentale per:

  • migliorare la qualità della vita dei cittadini,
  • innovare il contesto imprenditoriale del territorio nazionale,
  • generare un impatto rilevante sull’efficienza della Pubblica Amministrazione, secondo criteri generali di accessibilità, innovazione e scalabilità.

Un esempio concreto è rappresentato dal programma Smarter Italy, avviato dal Ministero dello Sviluppo Economico, in collaborazione con AGID, MID e MUR, che intende sperimentare nuove soluzioni tecnologiche, accanto a meccanismi di open innovazione e appalto innovativo (smart procurement) per i territori. Smarter Italy opererà inizialmente su tre direttrici: la mobilità intelligente (Smart mobility), il patrimonio culturale (Cultural heritage) ed il benessere e la salute dei cittadini (Wellbeing), per estendere progressivamente i processi di digitalizzazione all’ambiente, alle infrastrutture e alla formazione.

Un secondo aspetto riguarda l’impegno che le PA dovranno spendere nello sviluppo di un know how diffuso sulle tecnologie alla base dell’intelligenza artificiale, della sicurezza informatica, del 5G e della robotica: la costruzione di una Rete dei poli di innovazione può essere lo strumento operativo. La Rete necessita di una forte collaborazione tra tutti gli attori a livello interministeriale, con le Università e i Centri di ricerca, con analoghe reti a livello europeo, ed è costituita da tutte le progettualità che mirano allo sviluppo e al continuo miglioramento di competenze tecnologiche sia nelle PA, sia nel tessuto industriale delle PMI. L’obiettivo è quello di aggregare e promuovere le diverse tecnologie e competenze in modo multidisciplinare secondo il paradigma dell’open innovation. Il know-how non è posseduto in modo verticale da pochi player, ma è costruito per aggregazione di contributi provenienti da diverse aziende, startup innovative, università e centri di ricerca, PA e cittadini stessi, in un’ottica di sinergia e specializzazione. Le eccellenze dei territori, a propria volta, permetteranno di creare Competence Center (come definiti dal MISE in Industria 4.0) e futuri hub tecnologici cross industries - sviluppati attraverso partnership pubblico-privato e in coordinamento con i Ministeri competenti (MID, MUR e MISE): test e sperimentazioni (test before invest), formazione e sviluppo di competenze digitali avanzate, sostegno all’accesso ai meccanismi di finanziamento, sviluppo di reti ed ecosistemi di innovazione, sostegno alla digitalizzazione dell’organizzazione della pubblica amministrazione e dei servizi pubblici con soluzioni di interoperabilità, costituiranno le progettualità che serviranno ad incubare servizi e soluzioni per accrescere la competitività del settore pubblico e del tessuto produttivo e industriale. Non meno importante sarà l’avvio di un’adeguata campagna di comunicazione che renda consapevoli e informate le aziende e la PA della disponibilità e delle modalità di accesso a queste competenze.

Un ultimo aspetto si riferisce al principio di innovazione come e per il bene comune, il quale si basa sul presupposto della condivisione degli asset tecnologici innovativi presenti nel Paese (ad esempio gallerie del vento, acceleratori di particelle, microscopi di precisione, ecc.): occorre investire per aumentare la consapevolezza delle potenzialità di tali risorse e per definire strumenti e modalità che le rendano accessibili ad altre amministrazioni centrali e locali, a centri di ricerca e università, ad aziende medio-piccole, a start-up. La fondamentale sinergia con il mondo della ricerca e con le azioni del prossimo Programma Nazionale per la Ricerca 2021-2027 illustra bene il doppio ruolo giocato dalla Pubblica Amministrazione: quello di primo facilitatore dell’accesso a risorse tecnologiche innovative e quello di utilizzatore, che ha la finalità di esplorare nuove modalità di erogazione di beni e servizi della PA stessa, massimizzando i benefici collettivi.

L’innovazione per il bene comune, inoltre, conferisce priorità allo sviluppo di quei processi di innovazione e di digitalizzazione della PA che agevolano l’integrazione delle fasce più deboli della popolazione. La campagna “Solidarietà Digitale” avviata dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale e da AGID nel periodo dell’emergenza Covid ne costituisce un esempio: ha permesso l’adozione di strumenti per la collaborazione da remoto per gli studenti, fin dalle classi elementari, i quali hanno avuto modo di seguire lezioni a distanza e proseguire il proprio percorso didattico; ha permesso agli anziani, durante il lockdown, di far uso di sistemi di videoconferenza per rimanere in contatto con le proprie famiglie. Le ricadute di queste azioni portano, tra gli altri benefici, ad un generale aumento dell’alfabetizzazione informatica della popolazione.

Compito della PA, quindi, è quello dare impulso a questi processi, valorizzando gli asset pubblici e mettendoli a disposizione di altre amministrazioni e di privati. Uno strumento operativo di supporto per i potenziali beneficiari sarà costituito da una piattaforma (in fase di realizzazione) di catalogazione e di facilitazione dell’accesso agli asset tecnologici stessi.

Riassumendo:

  • gli strumenti e i modelli di innovazione dei processi della PA agevolano i programmi di ricerca e sviluppo pubblici e privati e questi, a propria volta, incidono sulla competitività del tessuto produttivo del Paese. L’Open Innovation procurement applicato alle Smart Cities ed in futuro ad altri applicazioni verticali ne è un chiaro esempio e costituisce uno strumento efficace di innovazione sociale e per la riduzione delle diseguaglianze e delle diversità;
  • la rete di poli di innovazione rende facilmente accessibili le competenze specialistiche per il miglioramento dei processi produttivi, dei prodotti e dei servizi sia alle aziende del territorio sia alle PA centrali e locali, andando a realizzare un circolo virtuoso nel quale l’innovazione aumenta la domanda di servizi digitali dei cittadini generando ulteriore innovazione;
  • l’innovazione come bene pubblico comporta l’estensione di tale circolo virtuoso, con azioni positive nei confronti dei soggetti più deboli della società.