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2.1. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio

Il Codice dei beni culturali è stato oggetto, nel 2014 e nel 2017, di importanti modifiche al testo dell’art. 108 disciplinante le riproduzioni di beni culturali pubblici. Il decreto legge 31 maggio 2014, n. 83 convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, con l’innesto del comma 3- bis sull’art. 108, ha reso libera (cioè gratuita ed esente da autorizzazione) non solo l’esecuzione di riproduzioni di beni culturali, ma anche la divulgazione - e quindi il riuso - delle medesime riproduzioni per finalità diverse dal lucro [3]. Tre anni più tardi la legge 4 agosto 2017, n. 124 è nuovamente intervenuta sul Codice dei beni culturali in un duplice senso: da un lato ha esteso il regime di liberalizzazione ai beni archivistici e librari, in precedenza esclusi, nel rispetto delle norme a tutela della riservatezza, del diritto d’autore e dell’integrità del bene stesso, dall’altro ha rimosso il limite del ‘lucro indiretto’ alla libera divulgazione di immagini di beni culturali pubblici nel dispositivo dell’art. 108, comma 3- bis [4].

La riforma del 2017 è stata recepita dalle circolari n. 33 e n. 39 della Direzione generale Archivi e dalla circolare n. 14 della Direzione generale Biblioteche e Istituti Culturali, le quali hanno introdotto la gratuità e la procedura di comunicazione in luogo della richiesta di autorizzazione per la pubblicazione di immagini in periodici e monografie scientifiche di tiratura inferiore alle 2000 copie e con un prezzo di copertina inferiore a 70 o 77 euro [5]. Questa importante misura di semplificazione ha interessato, tuttavia, esclusivamente la realtà di archivi e biblioteche, in assenza di analoga regolamentazione in ambito museale; circostanza, quest’ultima, che ha determinato una situazione di forte disomogeneità nell’ambito degli istituti ministeriali.

Consideriamo inoltre che le modifiche più recenti appena richiamate, si sono andate a sovrapporre a decreti ministeriali che in parte derivano dalla semi-abrogata legge 14 gennaio 1993, n. 4 (cd. legge Ronchey): ci si riferisce in particolare al decreto ministeriale 8 aprile 1994, il quale, nonostante sia stato pensato in origine per regolamentare procedure evidentemente “analogiche”, è più volte richiamato nei regolamenti di riproduzione degli istituti, condizionando ancora, a distanza di quasi trent’anni dalla sua emanazione, le prassi quotidiane di musei, archivi e biblioteche: la citata soglia dei 70 euro e delle 2000 copie deriva infatti direttamente da questo tariffario, ne è anzi l’esatta traduzione dalle lire in euro [6]. Più in generale, a fronte di un Codice dei beni culturali che negli ultimi anni ha comunque provato ad aggiornarsi, il quadro normativo e, soprattutto, regolamentare sembra a tratti manifestare notevoli anacronismi: basti pensare al riferimento ai “calchi” in un mondo che ormai fa esperienza quotidiana di modelli 3D e dei cosiddetti “gemelli digitali”, oppure al noleggio o alla vendita di fotografie o diapositive presente nel decreto ministeriale 8 aprile 1994 oggi sostituite da una fruizione completamente digitale.

Tutto ciò è utile a comprendere quanto sia opportuno un intervento che non si limiti ad aggiornare i tariffari, ma che si prefigga piuttosto l’obiettivo di riorganizzare organicamente la regolamentazione relativa alle modalità di acquisizione e riuso delle immagini in ambiente digitale per far fronte ai nuovi bisogni della società che la tecnologia ha fatto emergere.

[3]Cfr. art. 12 comma 3 del decreto legge 83/2014: “b) all’articolo 108, dopo il comma 3, è aggiunto il seguente: 3-bis: Sono in ogni caso libere le seguenti attività, svolte senza scopo di lucro, per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale: 1) la riproduzione di beni culturali diversi dai beni bibliografici e archivistici attuata con modalità che non comportino alcun contatto fisico con il bene, né l’esposizione dello stesso a sorgenti luminose, né, all’interno degli istituti della cultura, l’uso di stativi o treppiedi; 2) la divulgazione con qualsiasi mezzo delle immagini di beni culturali, legittimamente acquisite, in modo da non poter essere ulteriormente riprodotte a scopo di lucro, neanche indiretto”. Inoltre, il testo dell’art. 108, comma 3- bis prevedeva in origine, prima delle modifiche operate dalla L. 124/2017, l’esclusione dei beni archivistici e librari dal regime di liberalizzazione e ulteriori restrizioni che limitavano la diffusione delle riproduzioni di beni culturali anche per finalità di “lucro indiretto”.
[4]L’art. 108, comma 3- bis oggi vigente, che rappresenta l’esito delle modifiche introdotte dalla L. 124/2017 sul testo precedente (cfr. nota precedente), recita infatti: “Sono in ogni caso libere le seguenti attività, svolte senza scopo di lucro, per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale: 1) la riproduzione di beni culturali diversi dai beni archivistici sottoposti a restrizioni di consultabilità ai sensi del capo III del presente titolo, attuata nel rispetto delle disposizioni che tutelano il diritto di autore e con modalità che non comportino alcun contatto fisico con il bene, né l’esposizione dello stesso a sorgenti luminose, né, all’interno degli istituti della cultura, l’uso di stativi o treppiedi; 2) la divulgazione con qualsiasi mezzo delle immagini di beni culturali, legittimamente acquisite, in modo da non poter essere ulteriormente riprodotte a scopo di lucro”.
[5]Le soglie di 70 e 77 euro sono riportate, rispettivamente, nella circolare n. 33/2017 della Direzione generale Archivi e nella circolare 14/2017 della Direzione generale Biblioteche. Ciò determina un parziale disallineamento tra la regolamentazione degli archivi e delle biblioteche.
[6]La gratuità stabilità dal decreto ministeriale 8 aprile 1994 era infatti prevista per libri con tiratura inferiore alle 2.000 copie e aventi un prezzo di copertina inferiore a 150.000 lire e per i periodici di natura scientifica.