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Documenti pubblici, digitali.

1. Introduzione

Nell’ambito dei lavori per la redazione del Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale (PND) è stato costituito un tavolo tecnico volto all’elaborazione del presente documento che traccia le linee guida ministeriali sull’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali pubblici in ambiente digitale; il gruppo di lavoro, che ha avviato la redazione del testo nel mese di giugno 2021, si è posto l’obiettivo di delineare alcuni principi fondamentali in vista dell’emanazione di uno o più regolamenti ministeriali in materia di riproduzioni di beni culturali pubblici non protetti dal diritto d’autore, le quali sono da intendersi nell’accezione più ampia che include le riproduzioni 3D e le videoriprese.

Si rende oggi quanto mai urgente un intervento di riordino e razionalizzazione, nell’ambito della legislazione vigente, dei regolamenti in materia di riproduzioni che si sono susseguiti negli ultimi anni in vari settori del MiC, al fine di aggiornare l’attuale regolamentazione al contesto operativo che vede sempre più espandersi la fruizione digitale del patrimonio culturale. Questo intervento è condotto nella convinzione che termini d’uso più chiari e uniformi possano agevolare l’attività quotidiana di musei, archivi, biblioteche e soprintendenze, ma anche guidare gli utenti, i quali dovrebbero essere posti nelle condizioni di distinguere, senza più possibilità d’equivoco, i limiti e le possibilità di riutilizzo delle immagini rese disponibili in rete dagli istituti di tutela.

La disciplina della riproduzione del bene culturale presenta oggettivi profili di complessità, perché interseca ambiti distinti, talvolta non armonizzati tra loro: da un lato la matrice pubblicistica del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (d’ora in poi Codice dei beni culturali) basato sul concetto di proprietà pubblica del bene culturale, dall’altro la normativa privatistica propria della legge 22 aprile 1941, n. 633 (d’ora in poi LdA), posta a tutela dei diritti di proprietà intellettuale riconosciuti all’autore di qualsiasi opera creativa. A ciò si aggiunga che le medesime norme sono state oggetto, in anni recenti, di modifiche sostanziali che hanno finito per disegnare un assetto regolamentare nel suo insieme non sempre omogeneo e coerente.

Da ultimo si segnala il recente recepimento nell’ordinamento giuridico nazionale di due importanti direttive comunitarie che incidono sulla disciplina della riproduzione del bene culturale pubblico:

  • la direttiva europea 2019/790 sul diritto d’autore nel mercato unico digitale (Copyright), che è stata recepita con l’entrata in vigore, il 12 dicembre 2021, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 177, il quale ha modificato la LdA prevedendo importanti eccezioni volte a favorire le attività ordinarie di tutela e valorizzazione svolte da musei, archivi e biblioteche;
  • la direttiva europea 2019/1024 sul riutilizzo dei dati del settore pubblico (PSI - Public Sector Information) che ha parzialmente riscritto il decreto legislativo 24 gennaio 2006, n. 36, disciplinante le modalità di riutilizzo dei documenti contenenti dati pubblici nella disponibilità delle amministrazioni pubbliche, a seguito dell’entrata in vigore, il 15 dicembre 2021, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 200.

Lungi dall’essere un tema astrattamente giuridico o meramente organizzativo, il riuso dell’immagine tende ad assumere connotazioni fortemente culturali, in quanto riflette il modo di intendere il rapporto tra società, patrimonio culturale e istituti di tutela e, più in generale, il ruolo attuale di istituti pubblici come musei, archivi e biblioteche. Il compito di questi ultimi sembra ormai non esaurirsi più nella, pur fondamentale, garanzia di tutela e fruizione fisica delle collezioni, ma si misura sempre di più con obiettivi di disseminazione delle risorse culturali digitali, a fronte di istanze crescenti di partecipazione, riuso e co-creazione di contenuti che provengono dal basso nello spirito della convenzione di Faro del 2005, la cui ratifica è stata approvata dal parlamento italiano il 23 settembre 2020 [1].

Scopo del documento è fornire un indirizzo operativo che, partendo dal quadro normativo vigente, sia in grado di cogliere il senso dei cambiamenti in atto, restituendo un contesto procedurale chiaro e omogeneo, orientato alle esigenze del fruitore e rispondente alle nuove modalità di utilizzo delle riproduzioni in ambiente digitale, ai modelli di business [2] emergenti e, in generale, ai bisogni più attuali della collettività.

Le presenti Linee guida offrono una trattazione approfondita per quanto riguarda la casistica maggiormente ricorrente rappresentata dalle riproduzioni digitali di opere pubbliche in pubblico dominio, mentre si limita ad accennare i temi connessi alla gestione delle riproduzioni di opere protette dal diritto d’autore, in quanto tematica questa che, per la varietà degli elementi oggettivi e soggettivi in gioco, risulta di difficile tipizzazione.

Inoltre, nella presente trattazione si fa riferimento a regolamenti e prassi operative del Ministero della cultura, non essendo possibile prendere in considerazione il modus operandi di tutti i luoghi della cultura pubblici. Tuttavia si ritiene che le metodologie e i processi analizzati possano essere di ausilio per tutti gli istituti che intendono valorizzare il proprio patrimonio digitale.

[1]La Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, sottoscritta a Faro il 27 ottobre 2005, riconosce il diritto, individuale e collettivo a “trarre beneficio dal patrimonio culturale e a contribuire al suo arricchimento” (art. 4) sottolineando la funzione dell’eredità culturale nell’arricchimento dei processi di sviluppo economico, politico, sociale e culturale (art. 8). La Convezione di Faro riconosce alla collettività un “diritto al patrimonio culturale” che invita, di fatto, a ridisegnare in senso più inclusivo e partecipativo le politiche di musei, archivi e biblioteche, ivi comprese quelle inerenti la digitalizzazione del patrimonio.
[2]Per modello di business qui si intende la logica con cui un’organizzazione, anche pubblica, opera per creare valore per i suoi stakeholder.