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Documenti pubblici, digitali.

4.1. Definizioni di Open Access

Il riuso del patrimonio informativo pubblico trova il suo fondamento nel principio dell’accesso aperto alla cultura. Per Open Access o “accesso aperto” si intende l’accesso libero e senza barriere al sapere scientifico, come dichiara nel 2002 la Budapest Open Access Initiative, i cui principi sono stati in seguito riaffermati dalla Berlin Declaration on open access to knowledge in the Sciences and Humanities [37]. Accanto alle istanze di “accesso aperto” ai prodotti della ricerca, si sviluppa progressivamente negli anni il principio di “dato aperto” con l’obiettivo di massimizzare il valore dei contenuti culturali prodotti in ambito pubblico. Una definizione di dato o contenuto «aperto» è fornita inoltre dalla Open Knowledge Foundation [38]: «Un dato o contenuto è aperto se qualcuno è libero di usarlo, riutilizzarlo e ridistribuirlo - soggetto solo, al massimo, al requisito di attribuire e/o condividere allo stesso modo”.

Analoghi principi si possono rintracciare anche nella citata direttiva europea 2019/1024 (PSI), che dalla sua prima formulazione del 2003 sino alla più recente versione del 2019, ha con costanza affermato che la possibilità di riutilizzare i documenti detenuti da un ente pubblico, anche per fini commerciali, crea un valore aggiunto non solo per gli utenti finali - e la società in generale - ma in molti casi anche per lo stesso ente pubblico grazie alla promozione della trasparenza e al ritorno di informazione fornito da chi riutilizza dati e contenuti, permettendo agli enti pubblici di migliorare la qualità del loro patrimonio di conoscenza (cfr. par. La direttiva 2019/1024 (PSI) e il d.lgs. 200/2021 di recepimento 7).

È inoltre lo stesso Codice dell’Amministrazione Digitale [39] a enunciare il principio dell’open by default, in base al quale, in mancanza di ulteriori specifiche di utilizzo, i dati pubblicati in rete dalla pubblica amministrazione sono da considerarsi “aperti” by default (art. 52, comma 2), vale a dire “disponibili con una licenza o una previsione normativa che ne permetta l’utilizzo da parte di chiunque, anche per finalità commerciali, in formato disaggregato” (art. 1) [40].

I principi cardine che inoltre devono essere adottati affinché si possa effettivamente parlare di Open Access sono i seguenti:

  • Disponibilità e accesso: le riproduzioni, e i metadati connessi, devono essere disponibili online nel loro complesso, in un formato aperto e modificabile, accessibili anche dalle macchine;
  • Riutilizzo e ridistribuzione: le riproduzioni e i metadati connessi devono essere forniti a condizioni tali da permetterne il riutilizzo e la ridistribuzione, dando la possibilità di combinarli con altre basi di dati;
  • Partecipazione universale: tutti devono essere in grado di usare, riutilizzare e ridistribuire i dati. Non devono essere poste discriminazioni di ambiti di iniziativa in riferimento a soggetti o gruppi.

La medesima impostazione si ritrova nella ormai nota definizione dei cosiddetti “principi FAIR”, secondo cui i contenuti della ricerca debbono essere rintracciabili (Findable), accessibili (Accessible), interoperabili (Interoperable) e riutilizzabili (Re-usable) [41], come peraltro è stato espressamente richiesto dalla citata raccomandazione (UE) 2021/1970 della Commissione Europea [42].

Per le finalità dell’Open Access risulta infatti indispensabile garantire l‘accesso a risorse digitali di qualità, facilmente accessibili e pubblicate in formato aperto, e quindi modificabile, accompagnate da licenze e termini d’uso chiari e trasparenti. Questo facilita lo svilupparsi di forme di co-creazione e di crowdsourcing (inteso come sviluppo collettivo di un progetto) a partire dai contenuti resi disponibili online, e in generale di tutte quelle attività (come laboratori, concorsi di idee, forme di co-curatela, ecc.) che possono facilitare l’interazione tra il luogo della cultura e il suo pubblico.

Infine è opportuno sottolineare come, di per sé, l’adozione di una licenza d’uso aperta rappresenti solo uno dei tasselli che compongono il processo di apertura dei dati: affinché una risorsa digitale possa essere considerata effettivamente riutilizzabile per gli usi consentiti dalla legge, deve infatti essere anche associata a metadati pubblicati in formato aperto e liberamente leggibili anche dalle macchine; diversamente, le possibilità di riuso rimarranno fortemente limitate e i contenuti culturali, se fatti circolare senza il corredo informativo essenziale, saranno inevitabilmente esposti a rischi di impoverimento informativo e decontestualizzazione.

[37]“Ciascun contributo ad accesso aperto deve soddisfare due requisiti: L’autore(i) ed il detentore(i) dei diritti relativi a tale contributo garantiscono a tutti gli utilizzatori il diritto d’accesso gratuito, irrevocabile ed universale e l’autorizzazione a riprodurlo, utilizzarlo, distribuirlo, trasmetterlo e mostrarlo pubblicamente e a produrre e distribuire lavori da esso derivati in ogni formato digitale per ogni scopo responsabile, soggetto all’attribuzione autentica della paternità intellettuale (le pratiche della comunità scientifica manterranno i meccanismi in uso per imporre una corretta attribuzione ed un uso responsabile dei contributi resi pubblici come avviene attualmente), nonché il diritto di riprodurne una quantità limitata di copie stampate per il proprio uso personale. 2. Una versione completa del contributo e di tutti i materiali che lo corredano, inclusa una copia della autorizzazione come sopra indicato, in un formato elettronico secondo uno standard appropriato, è depositata (e dunque pubblicata) in almeno un archivio in linea che impieghi standard tecnici adeguati (come le definizioni degli Open Archives) e che sia supportato e mantenuto da un’istituzione accademica, una società scientifica, un’agenzia governativa o ogni altra organizzazione riconosciuta che persegua gli obiettivi dell’accesso aperto, della distribuzione illimitata, dell’interoperabilità e dell’archiviazione a lungo termine” (https://openaccess.mpg.de/67682/BerlinDeclaration_it.pdf).
[38]La Open Knowledge Foundation (https://okfn.org/) è una rete globale senza scopo di lucro che promuove e condivide gratuitamente informazioni, inclusi contenuti e dati. È stata fondata da Rufus Pollock il 20 maggio 2004 e lanciata il 24 maggio 2004 a Cambridge, nel Regno Unito. È costituita in Inghilterra e Galles come società a responsabilità limitata.
[39]Decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 - Codice dell’amministrazione digitale.
[40]Per una specifica trattazione sul tema generale dei dati aperti si rimanda alle Linee guida per la redazione del piano di gestione dei dati, che contiene una Allegato di FAQ per la pubblicazione dei dati aperti.
[41]Principi FAIR: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4792175/.
[42]”18. Gli Stati membri dovrebbero garantire che, grazie ai loro interventi, i dati derivanti da progetti di digitalizzazione finanziati con fondi pubblici diventino e restino reperibili, accessibili, interoperabili e riutilizzabili («principi FAIR») attraverso infrastrutture digitali (compreso lo spazio di dati) per accelerare la condivisione dei dati”.