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Documenti pubblici, digitali.

5.2. Obiettivi

Il percorso di trasformazione digitale del patrimonio e delle istituzioni culturali persegue obiettivi di cambiamento specifici:

  • ampliare le forme di accesso al patrimonio digitale per migliorare l’inclusione culturale;
  • ampliare le pratiche di digitalizzazione includendo oltre ai beni culturali anche i servizi all’utenza in processi end-to-end*, in modo da monitorare l’efficacia e l’efficienza delle singole funzioni o attività, nonché dell’organizzazione nel suo complesso implementando azioni di tempestiva risoluzione di problemi e di miglioramento continuo dei processi stessi;
  • ampliare le forme di cooperazione e di interoperabilità dei dati nell’ecosistema, considerando anche la necessità di interscambio all’interno di infrastrutture digitali di ricerca internazionali che rispondono alle necessità di diverse comunità scientifiche.

Quest’ultime dialogano a propria volta con il patrimonio culturale secondo molteplici approcci e discipline differenti, perseguendo strategie proprie di disseminazione e interazione con diverse categorie di utenti. Il percorso per raggiungere questi obiettivi esige la disponibilità delle istituzioni a migliorare le prassi operative e organizzative impiegate sino ad oggi, in una logica di evoluzione continua.

Le azioni strategiche a livello nazionale sono sviluppate nel capitolo Strategia 2022-2026.

5.2.1. Ampliare le forme di accesso al patrimonio culturale

Richiamando nuovamente le Conclusioni del Consiglio europeo del 2014, il patrimonio culturale svolge un ruolo importante nella crescita degli individui e nella creazione del capitale sociale. La partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, la qualità dell’esistenza e il benessere degli individui e delle loro comunità, il dialogo interculturale, l’inclusione sociale, lo sviluppo della conoscenza e della creatività sono le parole chiave del documento sopra citato, che hanno caratterizzato - e caratterizzano tuttora - le politiche europee riguardanti il patrimonio culturale.

Questi obiettivi possono essere raggiunti garantendo un accesso al patrimonio culturale più ampio e stabile; l’accessibilità*, quindi, non rappresenta solo un diritto dei cittadini ma il dovere di ogni istituto culturale, esprimendosi su un doppio fronte:

  • a livello orizzontale, ampliando la quantità di risorse digitali disponibili online, organizzate in modo da essere facilmente raggiunte, consultate e condivise;
  • a livello verticale, migliorando da un lato la qualità dell’accesso, le modalità di fruizione e di riuso, dall’altro superando le barriere fisiche, culturali, cognitive e psicosensoriali [14], così da rendere il patrimonio culturale una risorsa sempre a disposizione di singoli, gruppi e comunità rappresentative dell‘intera società.

La pandemia da Covid-19 ha dimostrato che l’ambiente digitale non si limita solo a raccogliere, selezionare e conservare le informazioni o a surrogare la mancanza di poter fisicamente fruire i beni materiali, ma permette di ridefinire il rapporto con i pubblici, creando spazi di inclusione, coinvolgendo attivamente gli utenti, rendendoli partecipi, dando loro voce. L’accessibilità sul web diviene un potente motore di coinvolgimento attraverso le diverse forme di trasmissione dell’informazione. Essa non va infatti declinata solo come diritto ad accedere al patrimonio culturale ma come effettiva possibilità di decodificare i contenuti da parte di ogni utente, indipendentemente dalle sue competenze, dalle tecnologie usate, dai contesti d’uso e da eventuali disabilità. La tecnologia può fornire perciò la chiave per abbattere le barriere derivanti dalla lingua, dalla diversità dei background educativi e dalla presenza di disabilità motorie [15], cognitive e/o sensoriali. Per conseguire tale obiettivo sarà dunque necessario:

  • rendere liberamente disponibili online i patrimoni informativi secondo formati standard dei dati, prediligendo formati aperti e sistemi collaborativi;
  • associare alle risorse digitali licenze d’uso* chiare e in grado di garantire il riuso dei contenuti [16];
  • consentire la riproducibilità dei dati per poterli combinare con altri dati, al fine di creare nuovi contenuti;
  • garantire la permanenza nel tempo dei dati resi accessibili;
  • Progettare soluzioni insieme agli utenti, secondo i principi dello universal design (progettazione universale) [17], dello user-centered design* (progettazione centrata sull’utente) e della progettazione partecipativa.

Si tratta di utilizzare metodi e tecnologie concepiti per produrre risorse digitali significanti, interdipendenti, inclusive e accessibili, lavorando anche su lessici e interfacce; ma soprattutto si tratta di cambiare approccio prendendo in considerazione, oltre agli aspetti scientifici di rappresentazione della conoscenza anche il punto di vista delle persone che accedono ai dati o che vorrebbero farlo senza barriere che ne limitano la piena fruibilità.

Per gli aspetti tecnico-operativi correlati a questo obiettivo si rimanda alle indicazioni contenute nelle Linee guida per la redazione del Piano di gestione dei dati (cfr. par. Linee guida per la redazione del Piano di gestione dei dati) e nelle Linee guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale (cfr. par. Linee guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale ) alla sezione Linee guida per i processi di digitalizzazione del presente documento.

5.2.2. Digitalizzare per operare una trasformazione digitale

La Commissione Europea ha riconosciuto la transizione verde e quella digitale quali pilastri dell’evoluzione socio-economica comunitaria [18]. La trasformazione digitale coinvolge i diversi settori del Paese in modo differente; in ciascuno di essi si sta investendo in tecnologie capaci di adeguare in modo significativo il funzionamento degli istituti non limitandosi ad adottare strumenti di lavoro più efficienti, ma elaborando un nuovo “pensiero” capace di generare valore.

In ambito culturale, la trasformazione digitale non riguarda solo le tecnologie utilizzate, le tipologie dei prodotti e dei servizi offerti o le modalità di interazione adottate, ma investe in profondità il modo in cui si concepiscono le persone e le competenze nel contesto delle relazioni, come si è osservato in precedenza. La trasformazione digitale delle istituzioni culturali è quindi un processo complesso, che abbraccia tutte le aree operative del patrimonio culturale (dalla logistica alla gestione delle collezioni, dalla formazione delle risorse umane al marketing e alla comunicazione, dal design dei servizi ai modelli di gestione, ecc.). Essa consiste nel ripensamento delle logiche di lavoro, nell’innovazione delle modalità di interazione con i pubblici, nella creazione di nuovi modelli operativi all’interno dell’ecosistema digitale in cui la tecnologia è lo strumento abilitante del cambiamento. Per avviare questo processo sono necessari:

  • un approccio coerente, valorizzato da idonee competenze digitali;
  • la capacità di valutare l’attuale livello di maturità digitale* e l’adeguatezza delle tecnologie da utilizzare;
  • la riconsiderazione dei rapporti da instaurare con i differenti segmenti di pubblico, in qualità di co-creatori di contenuti culturali;
  • l’adeguamento conseguente dei canali informativi utilizzati.

Nel nostro Paese gli istituti che gestiscono il patrimonio culturale sono molteplici e differiscono in modo significativo per aree di dominio, tipologia di collezioni e grado di apertura all’uso delle tecnologie. Le esperienze di transizione digitale che i singoli enti hanno conosciuto sino ad ora possono così distinguersi tra:

  • l’utilizzo di metodi e processi di produzione di risorse digitali a partire da beni analogici (riproduzione digitale);
  • la creazione di contenuti e risorse culturali nativamente digitali;
  • la digitalizzazione dei processi della pubblica amministrazione, delle Istituzioni culturali e delle imprese fornitrici.

Queste azioni vengono genericamente denominate processi di digitalizzazione, pur essendo concettualmente diverse. Si tratta di un’ambiguità semantica che ha portato le istituzioni ad applicare ciascuna una particolare forma di conoscenza digitale, aumentando il divario tra gli approcci e determinando uno scenario estremamente frammentato. I dati digitali e i loro insiemi, siano essi digital twins (gemelli digitali) o digitali nativi, in tutte le evidenze con cui sono creati, materializzati e fruiti, sono a pieno titolo parte dell’identità sociale e culturale dell’epoca contemporanea [19].

Nel tentativo di strutturare e omogeneizzare i processi di digitalizzazione, l’Unione europea ha ripensato tale impostazione, uniformando il significato espressivo della “trasformazione digitale” contemporanea. Infatti, agli inizi del 2020 la Commissione europea, attraverso i programmi Horizon, ha chiarito che i requisiti alla base della digitalizzazione del patrimonio culturale devono:

  • restituire l’aspetto “visivo” dei singoli oggetti, collezioni o siti culturali;
  • costruire storie, esperienze e contesti culturali;
  • produrre risorse digitali interconnesse, ricercabili con differenti domini o linguaggi.

Gli istituti culturali dovranno essere posti nelle condizioni di assimilare i cambiamenti tecnologici che matureranno nel tempo; il grado di maturità digitale di un istituto culturale sarà pertanto definito dalla dimensione dello scarto registrato tra l’adozione di singole tecnologie con specifiche finalità operative e l’impiego di tecnologie digitali nella trasformazione dei processi interni per il raggiungimento di tali obiettivi. Per questo il concetto di trasformazione digitale è dinamico e va costantemente riesaminato e adattato alle mutevoli istanze del patrimonio culturale, degli istituti e degli utenti, nel duplice ruolo di co-narratori e fruitori.

Per gli aspetti tecnico-operativi connessi a questo obiettivo si rimanda alle indicazioni contenute nelle Linee guida per la digitalizzazione del patrimonio culturale (cfr. par. Linee guida per la digitalizzazione del patrimonio culturale) e nelle Linee guida per la classificazione di prodotti e servizi digitali, processi e modelli di gestione (cfr. par. Linee guida per la classificazione di prodotti e servizi digitali, processi e modelli di gestione) della sezione Linee guida per i processi di digitalizzazione del PND.

5.2.3. Abilitare ecosistemi interdipendenti

Per produrre valore nell’ambiente digitale è necessario superare la soglia minima al di sotto della quale l’operato degli istituti non è rilevante, sia in termini di produzione e qualità dei contenuti che di capacità di esercitare impatti positivi e duraturi nei contesti di riferimento. L’azione pubblica non può ridursi a mera sommatoria di iniziative individuali, ma deve porre le basi di un progetto collettivo; laddove questo è avvenuto, ad esempio in ambito biblioteconomico, i risultati hanno tenuto nel tempo. Ciò non significa interferire con l’autonomia di ciascuna istituzione nella gestione del proprio patrimonio digitale, ma creare le condizioni ideali affinché si affermi un ambiente condiviso, dove ognuno possa mettere a disposizione le proprie risorse specialistiche e il proprio know how.

Per conseguire questo obiettivo occorre abilitare ecosistemi interdipendenti, capaci di abbattere le barriere informative fra i database di settore e indirizzare i sistemi organizzativi al perseguimento di uno scopo comune. Porre in comunicazione gli istituti e i loro dati è un obiettivo significativo, che comporta il superamento di schemi operativi e prassi organizzative consolidatesi nel tempo, muovendo:

  • dai sistemi verticali indipendenti e auto-conclusi - i cosiddetti silos di dati* - a un’infrastruttura comune distribuita, costituita da servizi e sistemi federati*, con l’obiettivo di far evolvere progressivamente i tradizionali sistemi integrati verticali verso nuovi sistemi orizzontali e stratificati, che coinvolgono una pluralità di enti, ben oltre il perimetro statale;
  • dai database chiusi ai sistemi aperti, sviluppando sistemi gestionali relazionabili e interoperabili, a prescindere dalle tipologie culturali dei beni. Questi criteri consentono un duplice risultato: eliminare i lock-in settoriali, dal momento che i dati non sono più legati indissolubilmente all’applicativo che li ha prodotti, e ampliare le potenzialità di ricostruzione dei contesti attraverso l’interconnessione tra più banche dati;
  • dall’autosufficienza alla logica dell’interdipendenza fra gli istituti, abbandonando l’idea dell’indipendenza tecnologica e funzionale dei singoli istituti e riconoscendo l’interdipendenza dell’ecosistema e dei relativi membri come valore fondante, non solo in virtù dell’evidente convenienza economica, organizzativa e gestionale, ma per la superiore capacità di generare valore per le parti: il digitale è una sfida che trascende le capacità progettuali e realizzative dei singoli operatori.

L’ecosistema interdipendente crea una rete che abilita scambi, non solo di risorse, ma anche di tecnologie e saperi, processi e buone pratiche. Questa rete, che collega utenti, produttori di dati, erogatori di servizi e fornitori di infrastrutture, deve avere al centro le risorse digitali. Un simile cambio di paradigma comporta un rilevante efficientamento delle procedure gestionali: l’autosufficienza è molto onerosa in termini di investimenti e impieghi di risorse, mentre l’interdipendenza è più sostenibile, perché riduce o elimina sprechi e ridondanze e accorcia i tempi di intervento.

[14]Si vedano le Linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi di interesse culturale, https://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1311244354128_plugin-LINEE_GUIDA_PER_IL_SUPERAMENTO_DELLE_BARRIERE_ARCHITETTONICHE.pdf, pubblicate nel 2008.
[15]Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e le Linee guida per la redazione del Piano di eliminazione delle barriere architettoniche (P.E.B.A) nei musei, complessi museali, aree e parchi archeologici: http://musei.beniculturali.it/wp-content/uploads/2015/11/Linee-guida-per-la-redazione-del-Piano-di-eliminazione-delle-barriere-architettoniche-P.E.B.A-nei-musei-complessi-monumentali-aree-e-parchi-archeologici.pdf
[16]Cfr. Linee guida per la redazione del Piano di gestione dei dati (par. Linee guida per la redazione del Piano di gestione dei dati) e Linee guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale (par. Linee guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale).
[17]Per universal design o progettazione universale si intende la progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate. La progettazione universale non esclude dispositivi di sostegno per particolari gruppi di persone con disabilità ove siano necessari (Convenzione ONU, art. 2, anno 2006).
[18]A European Green Deal, 2021: https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal_en (consultato il 11/01/2022); si veda anche, per gli obiettivi che legano il patrimonio culturale allo sviluppo ecosostenibile, il Cultural Heritage Green Paper (2021),https://www.europanostra.org/our-work/policy/european-cultural-heritage-green-paper/
[19]«Il patrimonio culturale è costituto dalle risorse ereditate dal passato, in tutte le forme e gli aspetti — materiali, immateriali e digitali (prodotti originariamente in formato digitale e digitalizzati), ivi inclusi i monumenti, i siti, i paesaggi, le competenze, le prassi, le conoscenze e le espressioni della creatività umana, nonché le collezioni conservate e gestite da organismi pubblici e privati quali musei, biblioteche e archivi». Conclusioni del Consiglio del 21 maggio 2014 relative al patrimonio culturale come risorsa strategica per un’Europa sostenibile (2014/C 183/08). https://culture.ec.europa.eu/it/cultural-heritage/eu-policy-for-cultural-heritage