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Documenti pubblici, digitali.

5.3. Opportunità

I valori alla base della trasformazione digitale del patrimonio culturale si concretizzano in obiettivi e azioni che offrono opportunità di cambiamento. Il consolidamento dell’ecosistema digitale consente infatti ai diversi pubblici di partecipare al processo creativo del patrimonio digitale, grazie al valore delle relazioni generate dalle interdipendenze. Tale modalità operativa permette la progettazione di servizi basati sulle esigenze degli utenti, abilitati a partecipare al processo di sviluppo in qualità di co-creatori di contenuti, servizi e valori secondo i principi dello universal design (progettazione universale). In tale scenario è naturale ipotizzare l’evoluzione dell’attuale paradigma organizzativo verso nuovi modelli gestionali.

Inoltre, l’adozione di sistemi di conoscenza basati su dati digitali condivisi, interoperabili, collegati a sistemi gestionali flessibili, è oggi indispensabile per il monitoraggio dei dati, la conservazione programmata, le attività di controllo periodico delle collezioni e delle condizioni degli ambienti in cui sono collocate; così come, su un altro versante, l’analisi dei dati è essenziale per una più efficace attività di valorizzazione, consentendo di accompagnare le esposizioni o le iniziative temporanee con una preparazione degli eventi sui social media (pre-visita), proponendo contenuti arricchiti e mettendo poi in campo sistemi raffinati di valutazione d’impatto (post-visita). Senza contare, infine, le opportunità di crowdfunding culturale, semplificate e rese più agevoli dalla strutturazione di canali digitali permanenti di dialogo con i propri pubblici.

5.3.1. Estensione del patrimonio culturale per nuovi pubblici

Il patrimonio culturale digitale è una risorsa che incorpora storia e memoria (cfr. par. Patrimonio culturale digitale), e che per questo è in grado di originare informazioni sulle interazioni che gli utenti sviluppano con esso. Se adeguatamente promosso all’interno di piattaforme digitali progettate sulle necessità dei fruitori, può testimoniare e storicizzare l’evoluzione della società nell’era digitale, ridefinendo il valore culturale nello spazio virtuale. La rete permette fruizioni plurime, gratuite e simultanee delle risorse digitali ed è una sorgente inesauribile di storie che possono essere lette, interpretate e rielaborate da coloro che vi accedono, anche al di fuori dei confini e dei saperi disciplinari. Un patrimonio aperto e l’ampliamento delle forme di accesso alla cultura rafforzeranno il concetto di “nuovi pubblici”: ciò che ci si attende quindi oggi dalle applicazioni digitali di accesso al patrimonio culturale è l’opportunità per qualsiasi utente di partecipare, sperimentare, interagire, diffondere e riutilizzare il patrimonio culturale pubblico; in questa direzione è pensata anche la piattaforma di accesso prevista nell’ambito dell’investimento del PNRR (cfr. par. Disseminazione culturale e condivisione sociale ), che metterà a disposizione contenuti culturali resi accessibili ad un bacino di utenti molto ampio, siano essi consumatori finali, imprese interessate alla creazione di prodotti o servizi oppure qualsiasi altro utilizzatore della piattaforma. Il fenomeno dell’auto-pubblicazione, ad esempio, favorisce la produzione di user-generated stories (storie generate da utenti), in cui gli utenti figurano come autorio co-curatori dell’opera. Man mano che la storia prende forma, è possibile chiedere al lettore/osservatore un giudizio attivo, così da modificarne la traiettoria in corso d’opera in un processo di co-creazione che rende concreta la prospettiva della trasformazione digitale.

Le nuove logiche di produzione contenutistica investono anche le attività di crowdsourcing*, quali forme di collaborazione generativa di comunità d’interesse (cfr. par. Co-creazione e crowdsourcing). Esse si caratterizzano non solo per la partecipazione proattiva del pubblico, ma anche perché esplicitano il processo attraverso cui si realizzano. Le piattaforme aggregano, raccontano e razionalizzano in categorie definite le informazioni, stimolando la comunità a compiere azioni simili; esse hanno un ruolo determinante nella diffusione e visibilità dei contenuti, poiché permettono di collegare utenti animati da diversi interessi.

Si concretizza dunque l’opportunità di sperimentare nuovi processi basati su un certo livello di disintermediazione nelle catene di produzione e distribuzione dei contenuti, consentendo così agli utenti di produrre, modificare e proporre non solo nuove classificazioni dei contenuti, ma anche rinnovate forme di documentazione della cultura materiale e immateriale attraverso linguaggi nuovi o interventi creativi. In questo modo è possibile andare incontro al segmento meno noto (segmento “aperto”) dei fruitori del patrimonio culturale digitale (cfr. par. Il capitale semantico delle relazioni ), consolidando nuovi pubblici e con essi il potere di generare visioni ulteriori del patrimonio culturale.

5.3.2. Processi per il design di nuovi servizi

La gestione di una crescente quantità di dati riguardanti i beni culturali rappresenta una sfida per gli operatori del patrimonio. L’obiettivo perseguito sino ad oggi è stato rendere visibile e accessibile l’imponente messe di informazioni prodotte negli anni dalle istituzioni culturali relativamente ai patrimoni conservati; un approccio basato evidentemente sui dati intesi come prodotto offerto (data as a service*). La trasformazione digitale dei luoghi della cultura offre l’opportunità di invertire la prospettiva basata sulla quantità delle risorse pubblicate online, per concentrarsi invece sulla qualità degli oggetti culturali digitali e sulle possibili modalità di accesso e di fruizione. La rapida evoluzione del web - che ha ridefinito i modelli dell’interazione sociale - e il contesto democratico e inclusivo di internet, hanno determinato nuovi bisogni degli utenti, ancora non del tutto indagati in modo sistematico, ma percepiti come riflessi di altri ambiti. All’interno dell’ecosistema digitale, è fondamentale progettare servizi capaci di offrire agli individui processi di conoscenza intesi come un’autentica esperienza di crescita culturale (knowledge as a service*).

Un design esperienziale, dunque, deve soddisfare il desiderio degli utenti di sentirsi protagonisti attivi e non spettatori passivi, secondo criteri di inclusività, efficacia (raggiungendo con velocità, accuratezza e completezza ciò che stanno cercando) ed efficienza (con il minor dispendio di risorse possibili).

Progettare servizi basati su questi criteri significa sviluppare processi generativi capaci non solo di accogliere e indicizzare i contenuti, ma di valorizzarne le relazioni, che rappresentano la vera ricchezza del patrimonio informativo del sistema dei beni culturali. Tali servizi dovranno essere progettati per un’utenza ampliata, rispettando i criteri di accessibilità [20] e usabilità [21], utilizzando una pluralità di modalità comunicative che facciano ricorso alla multi-sensorialità, all’interattività, ad ausili e/o supporti tecnologici assistivi o con configurazioni particolari.

In un’ottica di universal design (progettazione universale), co-design (co-progettazione) e partecipazione attiva, gli utenti dovranno avere la possibilità di personalizzare e condividere le proprie esperienze di fruizione secondo un approccio inclusivo.

In questo contesto, l’erogazione di servizi progettati secondo le evidenze delle tecniche di studio dei percorsi che l’utente fa nell’esperire un servizio (user journey*) e fruibili indifferentemente su diversi dispositivi rispettando i criteri di accessibilità, offre ai singoli istituti potenzialità infinite per rinnovare le modalità di relazione con i propri pubblici.

L’interazione di questi parametri permetterà di individuare, costruire, monitorare e migliorare i servizi sviluppati e le tipologie di utenza, con l’obiettivo di offrire un’esperienza fluida e soddisfacente; un approccio, dunque, non solo tecnologico, ma ispirato alla qualità dei servizi, verificata sull’intero percorso di fruizione dell’utente - prima, durante e dopo l’esperienza d’uso -, sulla base di processi pensati end-to-end (dal gestore al fruitore e viceversa). Per un approfondimento della relazione tra servizi, processi e modelli di gestione si rimanda alle indicazioni contenute nelle Linee guida per la classificazione di prodotti e servizi digitali, processi e modelli di gestione (cfr. par. Linee guida per la classificazione di prodotti e servizi digitali, processi e modelli di gestione) nella sezione Linee guida per i processi di digitalizzazione del presente documento.

L’opportunità offerta da questo approccio consiste nel coinvolgimento nella catena di produzione del valore di soggetti esterni agli istituti culturali: le imprese culturali e creative e quelle della filiera turistica, gli enti del terzo settore, gli istituti di ricerca potranno operare in sinergia con le istituzioni culturali al fine di aumentare la quantità e la qualità dei servizi messi a disposizione della collettività. Affinché tale processo sia duraturo e sostenibile, è necessario che le risorse digitali siano prodotte in una filiera certificata e mantenute nel tempo, rimanendo stabilmente accessibili nel lungo periodo (cfr. par. Digitalizzazione e ciclo di vita della risorsa digitale). In particolare, come evidenziato nelle stesse Linee guida sopracitate, le risorse digitali potranno essere impiegate da utenti e imprese per la creazione e la produzione, sia offline che online, di prodotti e servizi a valore aggiunto di forme molto diverse (testi, video, visite virtuali, documentari, film, installazioni, mostre multimediali, audioguide, quiz, trivial, workshop, corsi di formazione online, soluzioni di gamification, edizioni digitali in serie limitata, app, podcast, audiolibri, chatbot, modelli tridimensionali, ecc.).

5.3.3. Modelli di conoscenza per nuove organizzazioni

La traiettoria che muove dagli oggetti alle relazioni ha l’obiettivo di abilitare un ecosistema interdipendente capace di valorizzare il capitale semantico, la vera ricchezza del patrimonio informativo pubblico. Questo cambiamento offre la possibilità di creare nuovi modelli di conoscenza, collocati nel cuore dell’organizzazione degli istituti della cultura. Portare il patrimonio culturale al centro delle politiche per i cittadini, ponendo al cuore dell’ecosistema digitale non più le risorse, ma gli utenti e le relazioni che essi instaurano con gli oggetti digitali, è un processo che riscrive la catena del valore culturale e ridefinisce i modelli organizzativi delle istituzioni, affermando il primato della conoscenza e della rilevanza sociale della diffusione dei saperi.

Non si tratta di una questione esclusivamente tecnologica: le entità dell’ecosistema del patrimonio culturale che popolano l’ambiente digitale sono molteplici, e solo in parte delimitate e delimitabili nell’acronimo MAB (Musei, Archivi, Biblioteche) o GLAM (Galleries, Libraries, Archives, Museum). All’interno di questo universo possiamo infatti individuare in modo schematico:

  • un segmento “consolidato”, rappresentato dagli istituti che detengono il patrimonio culturale e producono dati e informazioni su di esso;
  • un segmento “operativo”, costituito dagli studiosi e dai diversi operatori che a vario titolo agiscono attorno al patrimonio culturale;
  • un segmento “aperto”, cioè un universo dinamico e mutevole di utenti generalisti, studenti, associazioni, turisti e imprese culturali e creative operanti nella filiera produttiva.

Per creare catene di valore in un ecosistema così strutturato, occorre trovare linguaggi, forme comunicative e soluzioni tecnologiche capaci di rappresentare la stratificazione semantica degli oggetti digitali, limitando il potere dispersivo della rete. Il principale rischio connesso alla veicolazione di informazioni complesse e di dati collegati reciprocamente, è quello di disorientare gli utenti e disperdere i nessi logici fra le risorse nell’oceano informativo del web. Arginare tale pericolo è il compito di un sistema organizzativo costruito attorno a nuove figure professionali che possiedano le competenze necessarie per guidare le traiettorie di cambiamento dell’innovazione digitale.

Il presidio delle fasi dei progetti di digitalizzazione palesa la necessità di definire una struttura organizzativa interna composta di diverse unità operative [22], che possono anche non essere permanentemente internalizzate o compresenti, ma che devono comunque essere attivate all’avvio dei progetti di innovazione. Di fronte a un quadro tecnologico in costante e rapido mutamento, i nuovi modelli organizzativi devono necessariamente rispondere dinamicamente alle sollecitazioni dell’ambiente; ciò rappresenta la più grande sfida, ma anche una straordinaria opportunità per gli istituti culturali.

[20]Si rimanda alla parola “accessibilità» definita all‘interno del paragrafo ”Parole chiave” posta in coda al documento, dove è presente anche la relativa rispondenza normativa.
[21]Per la progettazione di servizi web si rimanda alle Linee Guida di design per i servizi web delle PA redatte dall’Agenzia per l’Italia digitale: https://docs.italia.it/italia/designers-italia/design-linee-guida-docs/it/stabile/index.html (Ultima consultazione: 24/06/2022).
[22]In riferimento agli enti coinvolti e al team di progetto connessi alle attività di digitalizzazione, si veda l’Allegato tecnico “Linee guida per la Digitalizzazione del patrimonio culturale”, sezione C e l’allegato tecnico “Linee guida per la redazione del Piano di gestione dei dati”, sezione Data Governance interna.