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Documenti pubblici, digitali.

A. Perché (scopi e obiettivi della digitalizzazione)

L’individuazione degli scopi e degli obiettivi costituisce la prima azione nella definizione e redazione di un progetto di digitalizzazione. È, infatti, con essi che devono essere messi in relazione le risorse economiche e umane a disposizione e i tempi prefissati, al fine di giungere ad un prodotto rispondente alle aspettative. A tal fine, è necessario progettare un modello di lavoro scalabile e modulare, capace di adeguarsi alle varie esigenze, alle diverse situazioni e ai possibili cambiamenti che si possono presentare in corso d’opera.

Gli obiettivi essenziali di un progetto di digitalizzazione possono essere sintetizzati nei seguenti quattro punti: 1. conservazione degli originali, 2. fruizione e valorizzazione dei beni, 3. studio del patrimonio, 4. recupero di campagne di digitalizzazione pregresse.

A.1. Conservazione degli originali

Nelle attività di conservazione degli originali il desiderio e la necessità di preservare opere spesso fragili e sottoposte alle ingiurie del tempo hanno soventemente condotto alla decisione di limitarne la consultazione diretta.

Oggi la salvaguardia e la fruizione – grazie alle diverse attività di digitalizzazione – non costituiscono più termini contrapposti di una dialettica schiacciata sulla polarizzazione degli estremi, ma concetti che si integrano in un nuovo modello di sintesi in cui l’uno non esclude l’altro, ma anzi ne potenzia e condivide la natura e le funzioni. Infatti, la possibilità di realizzare copie digitali estremamente fedeli agli originali consente da un lato la preservazione materiale e dall’altro la fruizione virtuale.

La “copia digitale” dell’originale, se eseguita correttamente e con finalità di conservazione, assume valenza informativa e conoscitiva paragonabile a quella del bene stesso, rappresentandone caratteristiche materiali e stato della conservazione.

Nella storia della trasmissione della conoscenza umana i processi di migrazione del messaggio culturale da un vettore all’altro – in un avvicendarsi continuo di antigrafo e apografo, al fine di garantirne la continuità e la salvezza attraverso i secoli – hanno prodotto copie su copie, con una attenzione incentrata ora sul contenuto (è il caso della tradizione manoscritta di testi e documenti), ora sulla forma (è il caso dell’arte statuaria antica), ora contestualmente su forma e contenuto (è il caso di riproduzioni che perpetuano un contenuto riproducendone anche le forme).

In questa prospettiva storica di lunga durata si inserisce in qualche modo anche il digitale, che rispetto alle tecniche e alle metodologie del passato utilizzate nell’ambito della replicazione dei messaggi culturali può avere un vantaggio: se le copie digitali vengono eseguite con metodo scientifico – vale a dire con un procedimento documentato, verificabile e ripetibile – risultano agevolmente distinguibili le caratteristiche e gli elementi oggettivi da quelli soggettivi. Questi ultimi, infatti, possono essere appropriatamente descritti nei metadati (ad esempio, la scelta della puntina del giradischi, il color management, la scelta dell’ottica, etc.) e conservati insieme alla copia digitale.

A.2. Fruizione e valorizzazione dei beni

Il digitale aiuta ad attuare in maniera più efficace lo spirito dell’art. 9 della Costituzione italiana, amplificando le modalità di fruizione del patrimonio culturale, promuovendo e garantendo in modo attivo lo sviluppo della cultura, della ricerca scientifica e della tecnica. I beni digitalizzati offrono alle più svariate comunità di utenti l’opportunità di una più ampia accessibilità e di una migliore usabilità del patrimonio culturale.

Infine, è utile mettere in rilievo che la pubblicazione online delle risorse digitali consente la creazione di nuove connessioni e correlazioni tra beni, luoghi, discipline, progetti e infrastrutture a livello italiano, europeo e internazionale.

A.3. Studio e diagnosi del materiale

La riproduzione digitale del bene ha anche una finalità scientifica legata alla conoscenza del bene stesso. Una risorsa digitale consente di indagare caratteristiche materiali, struttura e stato di conservazione del bene. Essa permette di leggerne la superficie e quanto vi è al di sotto. Per esempio, nel caso di supporti palinsesti può consentire la lettura degli strati di scrittura, contribuendo al recupero di testi non altrimenti tramandati.

Attraverso questa attività di studio e di diagnosi è possibile simulare le diverse sollecitazioni a cui il bene può essere sottoposto dal trascorrere del tempo o da eventi improvvisi e studiarne le possibili contromisure da adottare. Le tecnologie digitali possono risultare di aiuto, se costantemente applicate nel tempo, anche nel monitoraggio dello stato di conservazione dei beni.

Infine, è anche possibile operare restauri digitali – uno fra tutti la restituzione della cromia originale del bene – laddove non sia possibile od opportuno procedere con un restauro fisico oppure in combinazione con quest’ultimo.

A.4. Recupero di campagne di digitalizzazione pregresse

A partire dagli Novanta del secolo scorso sono state condotte importanti campagne di digitalizzazione, spesso in assenza di regolamentazione omogenea e coordinata e con esiti qualitativamente problematici. In questo caso occorre valutarne preliminarmente l’opportunità di recuperare le risorse prodotte, rendendole fruibili secondo le presenti linee guida. Sarà quindi necessario procedere con uno studio di fattibilità (cfr. par. E.2).

In definitiva, le motivazioni per la digitalizzazione di un bene o di un luogo culturale sono molteplici e ognuna di esse finisce per soddisfare più esigenze contemporaneamente. Per questo motivo è quanto mai opportuno immaginare il prodotto digitale che si ricaverà dalla campagna di digitalizzazione come “proiettato nel futuro”, affinché non sia oggetto di una veloce obsolescenza e il suo livello qualitativo possa andare oltre l’immediato scopo per cui è stato realizzato.